
Convincere Benjamin Netanyahu che un cessate il fuoco a Gaza aiuterebbe l’Occidente a compattarsi, soprattutto per quel che riguarda il sentimento delle opinioni pubbliche, sulla guerra che Israele sta conducendo contro l’Iran.
Condurre i membri del G7 sul sentiero della pressione diplomatica sul governo israeliano affinché sospenda gli attacchi sulla Striscia e concentri il suo impegno militare nello scontro con Teheran, avversario molto più insidioso e temibile della popolazione di Gaza e, soprattutto, avversario non solo di Israele ma, per la minaccia di produrre l’arma atomica, dell’intero Occidente. Del resto, anche per gli Stati Uniti alleggerirsi dal fronte di Gaza, considerato anche che più di quanto si è fatto è difficile immaginare, è un’opzione che consente di concentrare tutti gli sforzi sul dossier Iran. La proposta di Giorgia Meloni è stata sottoposta a tutti i leader del G7 riuniti in Canada, a partire da Donald Trump, e ha riscosso attenzione e consensi. Una road map che la Meloni ha illustrato nel dettaglio nella notte tra ieri e oggi e della quale ha discusso anche con lo stesso Netanyahu, nelle ore successive allo scoppio della guerra con l’Iran, chiedendo al leader israeliano anche di consentire l’immediato accesso a Gaza degli aiuti umanitari destinati alla popolazione civile e condividendo la necessità di evitare che l’Iran riesca a impadronirsi della bomba atomica, augurandosi nello stesso tempo che gli sforzi portati avanti dagli Stati Uniti per trovare un accordo possano ancora avere successo.
Giorgia Meloni lavora per una de-escalation in Medio Oriente, cerca di convincere i partners internazionali che ogni passo verso la pace, in un momento così delicato, ne vale mille, e che Gaza può essere il primo gradino della scala che porta a uno stop ai bombardamenti e al ritorno ai tavoli negoziali. Una «realpolitik» che registra un consenso sostanzialmente unanime da parte degli alleati. Nei giorni scorsi la Meloni ha discusso di questi temi con i capi di Stato e di governo dei Paesi mediorientali vicini a quelli coinvolti nella crisi: il primo ministro dell’Arabia Saudita, Mohamed Bin Salman, re Abdallah II di Giordania, il sultano dell’Oman Tariq Al Said, l’emiratino Bin Zayed Al Nahyan.
La giornata di ieri è stata caratterizzata da un momento di tenerezza: Giorgia Meloni ha postato una foto che la ritrae mentre abbraccia la figlia Ginevra che, come spesso accade, la accompagna nel viaggio. «La mia forza più grande. Ovunque. Sempre», ha scritto la premier, che in quell’abbraccio ha probabilmente cercato nuova energia per affrontare giornate di tensione e stress difficilmente immaginabili, in un G7 che fonti diplomatiche di altissimo livello hanno descritto come «concitato e confuso». Difficile contestare questa descrizione se solo pensiamo al fatto che Donald Trump ha lasciato in anticipo il Canada per far ritorno a Washington e seguire dalla Casa Bianca la crisi in Medio Oriente.
Prima della partenza, Trump ha avuto un bilaterale con la Meloni. Le immagini del colloquio, con entrambi i leader seduti su una panchina di legno, sono emblematiche: Giorgia parla in maniera confidenziale ma decisa, sembra offrire suggerimenti a Trump, che annuisce. Lo convince, forse, a firmare la dichiarazione finale sull’Iran, cosa che all’inizio il tycoon aveva rifiutato di fare? Non si sa: quello che si sa è che la soddisfazione per il breve ma intenso conciliabolo traspare dalla nota di palazzo Chigi: «A margine del vertice G7 di Kananaskis, e alla vigilia della sessione dedicata ai temi di politica estera», si legge, «il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto un incontro bilaterale con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il colloquio ha permesso di discutere dei più recenti sviluppi in Iran, riaffermando l’opportunità di riaprire la strada del negoziato. Il presidente Meloni, nel corso della conversazione, ha anche ribadito la necessità, in questo momento, di lavorare per il raggiungimento di un cessate il fuoco a Gaza. La conversazione», si legge ancora, «ha infine permesso al presidente del Consiglio di confermare l’importanza del conseguimento di un accordo sul negoziato commerciale Ue-Usa e di affrontare il tema delle prospettive del prossimo vertice Nato dell’Aja».
A seguire, altro bilaterale, stavolta con il padrone di casa, il leader canadese Mark Carney. Nella serata di ieri, ora italiana (le 9.30 in Canada), apertura della ultima giornata e girandola di appuntamenti per la Meloni, impegnata prima nella quinta sessione, dedicata alla difesa dell’Ucraina, alla presenza di Volodymyr Zelensky e del segretario generale della Nato, Mark Rutte. In Canada arrivano anche i leader di Australia, Brasile, India, Corea del Sud, Messico, Sudafrica, Onu e Banca mondiale. Una giornata che trascorre tenendo d’occhio le mosse di Trump, mentre arrivano notizie di nuovi bombardamenti tra Iran e Israele.
Giorgia Meloni conclude anche questa missione, questo G7 complicatissimo, tenendo l’Italia in saldo equilibrio tra il lavoro sulla pace e la fermezza nelle alleanze. Potete stare certi che una volta tornata a Roma le beghe della politica politicante interna le appariranno ancora più inutili di prima.






