2023-02-07
Il Pd rinnegò la Cartabia per parlare col terrorista
Marta Cartabia (Imagoeconomica)
La delegazione guidata da Andrea Orlando prima si fece imporre l’«inchino» ai mafiosi, poi si prodigò a rabbonire Alfredo Cospito, arrabbiato con l’ex ministro che l’ha messo al 41 bis. I medici stoppano l’allarme: «Non sta morendo».La Repubblica nella visita dei parlamentari dem all’anarco-insurrezionalista Alfredo Cospito dentro al carcere di Sassari non ci sarebbe stato alcun «inchino». E noi, un po’ a malincuore, dobbiamo ammetterlo: hanno ragione. Infatti non c’è stato un solo inchino, ma ben due, con accenno di carpiato. La notizia si evince dalla nota di due pagine inviata ai suoi superiori dal locale coordinatore del Reparto operativo mobile della Polizia penitenziaria Valentino Bolognesi e inoltrata dal comandante del Gruppo operativo mobile, il generale Mauro D’Amico, da una settimana in pensione, al capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Russo. La relazione, datata 12 gennaio, è piuttosto imbarazzante per i deputati del Pd che il 12 gennaio sono accorsi al capezzale del terrorista «a dieta» (ipse dixit). Nel documento si legge infatti che il prigioniero li avrebbe respinti con queste parole: «Io non ho niente da dire se prima non parlate con gli altri detenuti, solo dopo avrò qualcosa da dire». Una frase che per i poliziotti «denota una forte personalità, nonché un carisma non comune». E che cosa avrebbero fatto a questo punto i quattro parlamentari? Lo avranno mandato a stendere direte voi. Niente affatto, l’esatto contrario. Leggiamo: «A tale frase, la delegazione si affacciava alla camera di pernottamento numero 23 ove è allocato il detenuto 41 bis Francesco Di Maio (boss della camorra, ndr) che salutava la delegazione e riconosceva l’onorevole Orlando quale ex ministro della Giustizia, esclamando “ora siamo inguaiati”». Per l’estensore della nota «probabilmente intendendo dire che prima (periodo in cui l'onorevole Orlando era ministro della Giustizia) si stavo meglio, mentre ora si sta peggio». E Di Maio con i parlamentari si sarebbe molto lamentato. Per lui «il regime 41bis equivale alla condanna a morte» e anche se «non è uno stinco di santo […] faceva parte di un’associazione vent’anni fa, mentre ora non c’è più nulla». Sarebbe stato interessante vedere la faccia dell’ex Guardasigilli di fronte a questo tipo di affermazioni. Anche il compagno di sezione Pino Cammerata avrebbe protestato per la sua condizione, mentre Pietro Rampulla, ristretto da trent’anni, non avrebbe dato corda al quartetto. Che, dopo aver eseguito gli ordini di Cospito e aver scambiato qualche chiacchiera con gli altri detenuti malavitosi, si sarebbe ripresentato dall’insurrezionalista. Con scarso successo. Annota Bolognesi: «Cospito esordisce dicendo che non è molto predisposto a parlare in quanto ritiene che il suo decreto 41 bis sia stato firmato da un appartenente allo (loro, ndr) stesso partito politico». Vale a dire Marta Cartabia. A questo punto, direte voi, i parlamentari avranno finalmente girato i tacchi per andarsene? Tutt’altro. I nostri avrebbero buttato a mare la giurista che il Pd aveva considerato buona per ogni incarico, dalla presidenza della Repubblica al premierato. Infatti la delegazione avrebbe spiegato che «la ministra della Giustizia che ha firmato il decreto è la giurista ex presidente della Corte costituzionale e che non appartiene ad alcun partito politico in quanto al governo come “tecnico”». A questo punto «il detenuto prende atto e ammette di aver “toppato” e quindi inizia a parlare con la delegazione». Un one-man-show così commentato da Bolognesi: «Preme evidenziare che il detenuto Alfredo Cospito per lunghi tratti del “monologo” ha utilizzato il “noi” come soggetto, come nell’indentificarsi nel movimento anarchico in prima persona. Ha ribadito che la lotta contro il 41bis continuerà, a prescindere dalla sua fine o di dove lo porteranno».Con i dem Cospito si è lamentato della mancanza anche di un filo d’erba nel penitenziario, del sequestro delle foto dei genitori morti, del rischio di poter rimanere solo per interi mesi, della difficoltà di acquistare libri e dell’impossibilità di ricevere riviste. «Anarchiche» a giudizio del poliziotto, «infatti alla domanda di come mai non può acquistarne» Cospito avrebbe specificato «che può avere solo quelle di una lista, come ad esempio Focus». Il terrorista avrebbe continuato il suo pistolotto, sostenendo di essere finito lì «per la sua ideologia e non per i fatti commessi», un «orientamento» che considera «molto pericoloso», ma non per questo si è definito «un non violento, avendo comunque preso un’arma per commettere un reato». Il comiziante si sarebbe molto accalorato: «Noi anarchici non siamo un’associazione mafiosa, siamo soggetti che seguono ideali […] noi anarchici che ora conosciamo anche questo mondo (il 41 bis) non smetteremo di lottare sino a quando non sarò abolito». E se non è stato fatto prima è solo perché non avevano sperimentato quel regime. Poi ha informato i deputati di essere a conoscenza «di tutte le manifestazioni che si stanno svolgendo in tante piazze», ma ha ribadito che «il sostegno deve essere dato all’ideologia della protesta e non al suo stato di salute». Infine ha sottolineato di «stare bene» e di non aver «nulla da perdere» e di essere «deciso ad andare sino alla fine». Quindi ha rammentato «alla delegazione che la sua protesta non è perché gli hanno applicato il 41 bis, ma perché “noi anarchici” siamo contro lo Stato». «Contro il sistema e contro lo Stato». Ha anche mostrato di rimpiangere il periodo in cui era recluso a Terni, in una sezione di alta sicurezza. Dove era finito sotto l’ala protettrice di sette detenuti «storici» della sezione, tutti condannati all’ergastolo per terrorismo interno. Infatti dopo essere stato messo in cella con Karlito Brigande, foreign fighters macedone, «a seguito di accordi tra gli stessi detenuti, è stato allocato in stanza insieme al detenuto Franco Grilli», uno degli assassini del senatore Roberto Ruffilli. In Umbria, confortato da quell’allegra brigata, «poteva scrivere libri ed esprimere le sue ideologie e il suo pensiero». E qui l’insurrezionalista si è lasciato scappare una considerazione un po’ inquietante: a Terni, comunque, «scriveva libri che prima non si leggeva nessuno, mentre ora con la risonanza mediatica, li stanno leggendo in tanti». Un’attenzione che gli permette di affermare che «dopo di lui tanti 41 bis intraprenderanno la stessa protesta». Il monologo è terminato alle 11:55, circa mezz’ora dopo l’arrivo del blasonato pubblico, e a quel punto i parlamentari si sono diretti premurosi dal medico del carcere per avere notizie sulle condizioni di salute di Cospito. Ieri abbiamo chiesto a Orlando, senza ricevere risposta, se riscriverebbe il tweet a favore del terrorista che ha pubblicato qualche giorno dopo l’uscita dal carcere. Precisamente questo: «È urgente trasferire Cospito e revocare il 41bis. Non si possono usare gli atti intimidatori come un alibi. Legare il 41 bis a una sorta di ritorsione significa fare il gioco di chi nega alla radice l’esistenza dello Stato di diritto e per questo giustifica l’uso della violenza». Non è chiaro chi abbia messo in atto la ritorsione, visto che il ricorso al 41bis è stato deciso dalla Cartabia durante il governo dei Migliori a guida Pd. Forse converrebbe ricordare all’ex ministro il parere inviato il 2 febbraio dal procuratore generale di Torino Francesco Enrico Saluzzo al ministero della Giustizia sulla necessità di regime separato per Cospito. Il magistrato nella sua relazione ha rimarcato l’attivismo da aspirante stregone del detenuto Cospito, autore di numerosi scritti e interviste incendiari: «Le sue "chiamate" alle armi non solo non vengono ignorate, ma si trasformano in un'onda d'urto che si dipana non solo sul territorio nazionale ma anche in Paesi esteri. Caratterizzati da un crescendo di intensità e di gravità». Per il Pg c’è tutto «un "mondo" che si muove su "input" di Cospito e a suo sostegno» e «quel sostegno si esplica attraverso azioni violente e di grave intimidazione, che è proprio ciò che Cospito propugna e indica (come la strada da seguire) e che viene immediatamente raccolta e tradotta in pratica ed in atti concreti».Saluzzo ha elencato più di una dozzina di attacchi compiuti e firmati in nome di Cospito dal momento della sua collocazione al 41bis, a partire dall’incendio di oltre una trentina di veicoli di banche e aziende partecipate e da un proiettile inviato alla redazione del Tirreno con questo messaggio: «Se Alfredo Cospito muore i giudici sono tutti obiettivi […] fuoco alle galere». Saluzzo ha ricordato anche quanto accaduto il 5 dicembre scorso, in occasione dell'udienza innanzi la Corte d'Assise d'Appello di Torino nel processo a carico di Cospito (l’accusa ha chiesto l’ergastolo) e della sua ex convivente Anna Beniamino. Il pubblico, composto da una ventina di anarchici, avrebbe iniziato a intonare slogan come «chi va col nucleare impari a zoppicare» per il Pg «chiaro riferimento alla gambizzazione dell'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, avvenuta a Genova il 7 maggio 2012)». I manifestanti avrebbero intonato anche questa canzoncina: «[…] lunedì 7 maggio, Genova era in fiore nei quartieri dei ricchi cantano le pistole c'era Adinolfi, accasciato là, il nucleare non passerà Con Adinolfi non finisce qua, e l'anarchia trionferà». Una strofa è stata dedicata anche all’ex Guardasigilli: «Cartabia è andata male, la lotta non si ferma, per ogni prigioniero a fuoco una caserma, e la risposta ve la diamo noi, chi si fa male stavolta siete voi e la risposta ve la diamo noi, chi si fa male sta volta siete voi».Tra gli slogan pure questo: «Susi Schlein impara a parcheggiare». Un evidente richiamo al recente attentato incendiario avvenuto ad Atene ai danni della prima consigliera d'ambasciata Susanna Schlein, la sorella di Elly, la candidata alle primarie del Pd sostenuta proprio da Orlando. Anche in questo caso abbiamo provato a chiedere all’ex Guardasigilli se non trovi contradditorio sostenere la lotta di chi è stato la miccia per quel rogo. Ma la risposta, anche in questo caso, non è arrivata.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.