2019-09-29
Il Pd ingoia il taglio dei parlamentari per il sì pentastellato allo ius culturae
Trovato lo stratagemma per convincere i grillini a votare la riforma. Di cui, numeri alla mano, non c'è alcun bisogno.Si ricomincia. Tra quattro giorni, giovedì 3, riparte la macchina della cittadinanza più facile, oggetto di uno scambio tra Pd e M5s. Il fatto politico sta proprio qui: il Pd ha dato via libera al taglio dei parlamentari chiesto dai 5 stelle, e in cambio i grillini hanno subito aperto sul terreno preferito dalla sinistra. Grande giubilo del grillino Giuseppe Brescia, che presiede la commissione Affari costituzionali di Montecitorio e si è assunto pure la funzione di relatore. Endorsement della Cei bergogliana, attraverso il suo presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti («Le premesse sono buone ma voglio vedere un po' a che conclusioni si arriva: il cambio di passo si vede, però non firmo cambiali in bianco»). Mobilitato Matteo Orfini, del Pd, che su Facebook ha suonato la carica («Si può fare. E si può fare subito»). Contrarissimo Matteo Salvini: «La Lega si batterà contro lo ius soli comunque lo chiamino, contro la cittadinanza facile. Se questa è la priorità del governo, povera Italia...». Il senatore Roberto Calderoli, dal canto suo, definisce la proposta «il cavallo di Troia per estendere poi la cittadinanza a genitori, fratelli e sorelle che non hanno completato nessun percorso scolastico e avere così milioni di nuovi italiani, facendo diventare italiani milioni di immigrati che di restare qui (come dimostrano le loro rimesse verso i Paesi di origine) non ci pensano minimamente e sono qui di transito solo per qualche anno. Uno mossa che ha riveste una semplice finalità sotto gli occhi di tutti, avere milioni di nuovi elettori per il Pd, che alle urne non può più sperare nel voto degli italiani».Cosa c'è di diverso rispetto al passato? Per il momento, molto poco: giusto il nome che usano. Finora la sinistra aveva parlato di ius soli, adesso preferisce attenuare lessicalmente la formula, puntando sulla definizione di ius culturae. Se ci si limitasse allo ius culturae, l'obiettivo dei promotori sarebbe quello di far ottenere la cittadinanza al minore straniero, nato in Italia o arrivatovi entro il dodicesimo anno di età, purché abbia frequentato per cinque anni almeno un ciclo di studio. Ma com'è noto, i proponenti vorrebbero di più: puntano a quello che chiamano uno ius soli «temperato», di fatto rivedendo tutti i criteri di acquisizione della cittadinanza. C'è già una proposta di legge a prima firma di Laura Boldrini (neo esponente del Pd), testo che non a caso va ben oltre lo ius culturae, ed è largamento centrato proprio sullo ius soli. Si annunciano anche altri testi convergenti, in primo luogo (ma non solo) da parte grillina. I mainstream media hanno ricominciato a suonare la grancassa, senza però riuscire a modificare la realtà dei numeri, che fanno dell'Italia il Paese record nella concessione di cittadinanze. Badate bene: con le regole esistenti, senza ius culturae né ius soli. In base alle leggi vigenti, si diventa cittadini italiani in molti modi diversi: se si nasce da almeno un genitore italiano; se si viene adottati da un italiano; dopo il matrimonio con un italiano; se si nasce in Italia da genitori non italiani (in questo caso, però, si può diventare cittadini dal diciottesimo anno di età); se si è stranieri regolari, dopo un certo numero di anni di residenza (10 per gli extracomunitari, meno in altri casi). Bene, sulla base di queste regole, l'Italia batte ogni anno nuovi record di concessione della cittadinanza: 224.000 cittadinanze concesse nel 2017, 202.000 nel 2016, 178.000 nel 2015, 130.000 nel 2014, 101.000 nel 2013, 65.000 nel 2012. Come si vede, numeri elevatissimi e un trend in crescita fortissima e costante, secondo i dati della Fondazione Ismu a loro volta basati su numeri Istat. Di più: sempre a regole vigenti, l'Italia è per distacco il Paese europeo che concede il maggior numero di cittadinanze. Se accorpiamo gli ultimi due anni su cui ci sono dati comparabili (il 2015 e il 2016 messi insieme), le 380.000 nuove cittadinanze italiane sono più del Regno Unito (268.000), più della Francia (233.000), più della Spagna (265.000), più della Germania (223.000), più di chiunque altro. E allora dov'è questa urgenza? Dov'è l'emergenza? Tra l'altro, una ragionevolissima attesa della cittadinanza (non a caso fatta coincidere con il compimento della maggiore età) non priva l'adolescente figlio di cittadini stranieri proprio di nulla: né sul piano scolastico e educativo, né su quello sociale, né in ogni altro aspetto riguardante i diritti e le libertà di un giovane. Provate a fare a un sostenitore dell'allargamento una domanda semplicissima: quale sarebbe il danno - per l'adolescente figlio di cittadini non italiani - di dover attendere il diciottesimo compleanno per diventare italiani? Risposta semplice: nessun danno, nessuna possibilità in meno. Non c'è alcuna discriminazione. Anche per gli irregolari (ovviamente) sono e restano garantiti i diritti fondamentali della persona umana. Quanto ai regolari, in linea di massima hanno gli stessi diritti dei cittadini italiani. In particolare, i lavoratori e le loro famiglie hanno piena parità di trattamento e uguaglianza giuridica rispetto ai lavoratori italiani. Certo, ai fini dell'accesso ad alcuni servizi o benefici, la legge può mettere dei paletti (è accaduto di recente anche per il reddito di cittadinanza, ancorato alla condizione dei dieci anni di residenza), ma deve appunto trattarsi di criteri oggettivi, generali ed astratti: non certo legati a razza, lingua o religione. E' perfino superfluo sottolineare che queste ultime ipotesi siano tassativamente escluse, e addirittura inimmaginabili per il nostro ordinamento. Morale. Il nostro adolescente figlio di non italiani e in attesa di cittadinanza può studiare? Sì, anzi deve. Può curarsi, se ha un problema di salute? Certamente. Può comportarsi in tutto e per tutto come i suoi compagni? Assolutamente sì. Ovviamente avrà solo documenti diversi, che gli serviranno per viaggiare e spostarsi. Tutto qui.
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