Elly Schlein annuncia mobilitazioni in difesa della sanità. Eppure, in un decennio in cui sono stati sempre al governo, i dem han fatto strage di strutture, posti letto e personale.
Elly Schlein annuncia mobilitazioni in difesa della sanità. Eppure, in un decennio in cui sono stati sempre al governo, i dem han fatto strage di strutture, posti letto e personale.Il segretario del Pd, Elly Schlein, ha la memoria corta, o pensa che ce l’abbiano i suoi iscritti e simpatizzanti. Così, rispolvera il tema della sanità, con la speranza di fare presa e di riuscire a mobilitare la piazza per il prossimo sciopero. Sarebbe, come si usa dire, un gioco facile, in vista della prossima legge di Bilancio, o se ci fosse uno straccio di bozza più o meno informale del ministero dell’Economia, con la prospettiva di qualche taglio ai fondi della sanità. Ma non solo non c’è niente di tutto questo e nessuno nel governo ha fatto cenno di voler in qualche modo ridimensionare i servizi di assistenza sanitaria; la stessa manovra economica ancora non ha preso forma. Però è evidente che, con l’autunno alle porte e in assenza di un tema forte sul quale chiamare a raccolta i militanti - e dovendo comunque dare un segnale di esistenza - Schlein abbia giocato di fantasia. E pensato che la sanità fa sempre effetto. Una mossa di questo tipo non solo è azzardata, perché poggia sul nulla, ma rischia addirittura di rivelarsi un boomerang. Il Pd chiede al popolo della sinistra di scendere in piazza contro una fantomatica ipotesi di tagli che invece esso, quando negli ultimi dieci anni era al governo, ha effettuato in modo sistematico. Insomma, chiede di manifestare contro sé stesso. Siamo al paradosso. Non si tratta di fantasticherie ma di dati reali. Se confrontiamo ciò che è scritto nell’Annuario statistico del Servizio sanitario nazionale (Ssn) relativo al 2021, con il medesimo rapporto risalente al 2011, troviamo la fotografia della dieta forzata cui i vari governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni hanno sottoposto la sanità. In un decennio sono stati chiusi 125 ospedali, ben l’11%. Nel 2011, tra pubblici e privati, erano 1.120, mentre nel 2021 sono scesi a 995, con un taglio più marcato per quelli pubblici (84 in meno in 10 anni). Le strutture per l’assistenza specialistica ambulatoriale erano 9.481 nel 2011 e sono scese a 8.778 dieci anni dopo. In crescita, ma solo grazie al privato, quelle di assistenza territoriale residenziale, che a fronte delle 6.383 strutture presenti nel 2011, ne contano 7.984 nel 2021 (quelle pubbliche sono appena il 16,5%). Stesso trend per le strutture di assistenza territoriale semi residenziale, in aumento: erano 2.694 nel 2010 e sono 3.005 nel 2021. Stesso dicasi per la riabilitativa, che da 993 strutture è passata 1.154.Fa impressione dover constatare che il settore pubblico, nel 2021, era provvisto del 43% delle strutture totali contro il 46,1% di dieci anni prima.Le forbici si sono accanite sui posti letto. Perfino dopo il Covid (la pandemia avrebbe dovuto insegnare qualcosa) hanno continuato a scendere. In dieci anni, tra pubblico e privato, sono stati tagliati 5.818 letti tra degenze ordinarie, day hospital e day surgery. La cifra avrebbe potuto essere anche peggiore se non ci fosse stato di mezzo il virus, quando si è corsi ai ripari per aumentare i letti. Ma passata l’emergenza del contagio, in appena un anno, ne sono stati tagliati 20.000: nel 2020 erano 257.977 contro i 236.481 del 2021.Tagli dissennati ai medici di famiglia, che dovrebbero essere l’avamposto dell’assistenza. Dai 46.061 che erano nel 2011 sono diventati 40.250 nel 2021 (-5.811). In calo anche i pediatri (-694 in dieci anni, per un totale nel 2021 di 7.022 unità) e i medici di continuità assistenziale (ex guardia medica) che da 11.921 che erano nel 2011 sono diventati 10.344 nel 2019 (-1.577). Non sono state risparmiate le Asl, passate da 145 del 2011 a 99 del 2021.La radiografia di come dieci anni di politiche sbagliate, volte solo alla spending review, hanno trasformato la sanità in un malato terminale, è completata da alcuni dati dell’Istat. Nel 2020, il 7% della popolazione, cioè 4 milioni di persone, ha rinunciato a prestazioni sanitarie necessarie perché ritenute troppo costose o per liste di attesa troppo lunghe.La Ragioneria dello Stato, nel report sul monitoraggio della spesa sanitaria, ci dice che nel 2021 la spesa sanitaria è stata quasi 164 miliardi di euro, di cui oltre 37 spesi per prestazioni «out of pocket», cioè comprate dal privato. Significa che il Ssn è carente.Secondo il Favo, l’associazione che riunisce le sigle a servizio dei malati di cancro e delle loro famiglie, un malato oncologico spende di tasca propria, per curarsi, oltre 1.800 euro all’anno, per esami, visite e terapie e per pagarsi eventualmente l’alloggio e il viaggio, se dovesse essere costretto a trattamenti fuori dalla sua regione. Tanto per rinfrescare la memoria a Schlein e compagni.
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






