2021-07-06
«Il pass è illegittimo». Ricorso al Tar su privacy e libertà
La mossa di due avvocati contro il passaporto vaccinale. Nessuna garanzia di tutela dei dati affidati a Google e AppleContro il dpcm del 17 giugno che definisce le modalità di rilascio delle certificazioni verdi digitali Covid-19 è stato presentato un ricorso al Tar del Lazio, in quanto «decreto fondato su uno stato di emergenza totalmente illegittimo». Non poteva essere adottato ed entrare in vigore, prima della pubblicazione della legge di conversione del 22 giugno, quindi le misure in materia di trattamento di dati sensibili sarebbero «tutte disposte con atto amministrativo e in contrasto con il regolamento europeo». L'udienza, con discussione collegiale sulla sospensione e l'annullamento del dpcm green pass, è fissata per il prossimo 3 agosto. Non è questione di poco conto. Gli avvocati Francesco Scifo e Linda Corrias rappresentano cittadini di varie Regioni, che con un passaporto vaccinale si sentono danneggiati perché sarebbe una limitazione «illegittima» delle libertà personali. Inoltre, non avrebbe tenuto conto delle valutazioni del Garante della privacy intese ad «assicurare l'integrità, la riservatezza e l'esattezza dei dati trattati». L'Authority, infatti, aveva ritenuto il decreto legge «non idonea base giuridica». Lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza, aveva dichiarato che le certificazioni sarebbero state «esclusivamente esibite alle forze di polizia, al personale dei corpi di polizia municipale munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza e al personale delle forze armate di cui si avvalga eventualmente il prefetto […] , senza la possibilità di raccolta, conservazione e successivo trattamento», fa notare Scifo, avvocato cassazionista. «Invece il decreto impugnato amplia in via indefinita il numero dei soggetti addetti ai controlli, regolando la libertà di circolazione e di fruizione di servizi», per questo secondo il legale il dpcm deve essere sospeso dal tribunale amministrativo del Lazio. Non solo, una delle criticità sollevate dal Garante riguardava la mancata individuazione delle specifiche finalità del lasciapassare mentre una legge, si fa notare nel ricorso, «che individua un obiettivo di interesse pubblico deve prevedere un trattamento di dati personali proporzionato» a tale scopo, e nello specifico, l'esclusione dei green pass nei casi non espressamente indicati. Sulla violazione della privacy, i due avvocati che hanno presentato il ricorso sottolineano, inoltre, come non sia verosimile quanto dichiara la legge del 25 giugno, ovvero che «ogni trattamento di dati personali effettuato ai sensi al presente articolo sarà interrotto alla data di cessazione», delle esigenze di emergenza Covid, ovvero entro il 31 dicembre 2021. «I dati, non anonimi ma riconoscibili vengono inseriti su piattaforme internazionali come Google e Apple senza alcuna garanzia che possano più essere cancellati» dichiara Scifo e aggiunge: «Vengono probabilmente utilizzati nei progetti di DeepMind, società londinese legata a Google tramite la holding Alphabet e il suo sistema di intelligenza artificiale Alphafold», riferendosi alla «fame» di dati sanitari delle aziende che si servono delle piattaforme Internet per accelerare la scoperta di nuovi farmaci e vaccini, anche a discapito della privacy. Ieri mattina, invece, il virologo Roberto Burioni twittava: «La riservatezza sui dati sanitari è sacrosanta. Però lo stato vaccinale non riguarda solo la persona stessa, ma anche gli altri. Chi non è vaccinato è potenzialmente contagioso. Per questo su questo dato dovrebbe cadere ogni forma di privacy per garantire la comunità, secondo me». Una ventina di minuti dopo tornava ad esternare: «Ovvio che se le leggi attuali non lo consentono (non è il mio campo, non lo so), ritengo che vista l'emergenza si debbano cambiare le leggi». Quanto all'utilità dei green pass per arginare i contagi, il ricorso che verrà discusso il prossimo 3 agosto ricorda che i vaccini «non sono attualmente riconosciuti come idonei a immunizzare, né a evitare che chi è vaccinato contagi l'infezione», però viene fornito «un lasciapassare a soggetti potenzialmente contagiosi senza basi scientifiche che ne attestino l'immunità». E nemmeno i tamponi sarebbero giustificati «data l'inaffidabilità conclamata a livello internazionale». Se è vero che la libertà di circolazione può essere limitata «per motivi di sanità o di sicurezza», nel caso delle misure anti contagio più che una limitazione si è giunti a una sostanziale soppressione delle libertà, ammissibile solo in caso di fermo di polizia. Questa violazione, «disposta con modalità senza precedenti», si legge nel ricorso, riguarda non malati a rischio di contagiare tutti gli altri e che potrebbero essere destinatari di un provvedimento individualizzato, «ma i sani, gli asintomatici, i guariti, con una singolare inversione del normale concetto di quarantena».Ma c'è un'altra questione preoccupante da tenere in considerazione. Lo scorso 22 giugno il Garante ha accolto il reclamo, sempre presentato da Scifo e Corrias, contro la Provincia autonoma di Bolzano e l'Azienda sanitaria dell'Alto Adige per avere imposto l'utilizzo dei certificati verdi che violavano la privacy degli altoatesini, in quanto dovevano essere usati sempre. In sostanza, l'Authority ha negato la possibilità alle Regioni di poter disciplinare in autonomia rispetto a provvedimenti statali. «La Sardegna e l'Alto Adige sono state le uniche Regioni a sperimentare le misure più radicali per il contenimento del Covid. La prima ha richiesto per mesi il tampone o il vaccino per poter entrare nell'isola, anticipando il lasciapassare autorizzato dal governo. La seconda, lo scorso inverno imponeva il tampone ogni 48 ore per poter uscire di casa e fece da apripista con il green pass. Pensiamo a che cosa viene prospettato agli italiani che non si vaccineranno: tamponi dal prossimo autunno se non si vuole restare rinchiusi», fa riflettere Scifo.