2023-06-13
Il partito sotto choc: aspetta il testamento politico di Silvio e si affida a Tajani
Antonio Tajani (Imagoeconomica)
Il mantra: «Dipende dalla famiglia». Il ministro degli Esteri ora deve evitare diaspore verso gli alleati e possibili «Opa» di Matteo Renzi.Rapporto solido del premier con Marina, le aziende da tutelare, l’autoconservazione. E l’interesse di Fdi di coprirsi al centro.Lo speciale contiene due articoliDolore vero, quello dei big di Forza Italia: dolore fisico. Provare a strappare una dichiarazione che non sia di cordoglio, nel giorno che non doveva arrivare mai, è una impresa impossibile. Non se lo aspettavano: «Eravamo più preoccupati durante lo scorso ricovero», dice alla Verità un parlamentare azzurro, «è stato un colpo durissimo. Il futuro? C’è Tajani, poi dipende dalla famiglia». Già, c’è Antonio Tajani: tocca a lui, vicepremier, ministro degli Esteri e coordinatore nazionale del partito, portare sulle spalle il peso di una eredità politica così immensa, e provare a dare coraggio a un partito che si ritrova orfano. Un partito che grazie all’energia del Cav è riuscito, contro ogni pronostico, alle politiche dello scorso 25 settembre, a superare l’8%, pareggiando il dato della Lega e riuscendo a confermarsi pilastro imprescindibile della maggioranza di centrodestra, con 45 deputati e 18 senatori, compreso ovviamente lui, Silvio Berlusconi. Un partito che esprime 5 ministri (Antonio Tajani, che è anche vicepremier; Anna Maria Bernini, Gilberto Pichetto Fratin, Paolo Zangrillo e Maria Elisabetta Alberti Casellati); 2 viceministri (Francesco Paolo Sisto e Valentino Valentini); 6 sottosegretari (Matilde Siracusano, Maria Tripodi, Sandra Savino, Matteo Perego, Alberto Barachini, Tullio Ferrante); presidenti di Regione come Renato Schifani in Sicilia, Roberto Occhiuto in Calabria e Alberto Cirio in Piemonte; 10 parlamentari europei.Un partito il cui futuro, adesso, è pieno di incognite. I contrasti interni sono congelati, e ci mancherebbe altro: c’è da attraversare il tunnel più oscuro, da elaborare il lutto meno elaborabile. Poi ci sarà da decidere e da programmare, aspettando naturalmente la lettura del testamento di Berlusconi, che potrebbe contenere anche indicazioni sul futuro di Forza Italia, partito padronale rimasto senza padrone: «Dipende dalla famiglia», è il mantra di queste ore, ma nessuno sa, nessuno neanche immagina se e quanto la famiglia avrà voglia di impegnarsi ancora in politica. Un impegno costoso, anche in termini economici: le spese di Forza Italia se le accollava Berlusconi, ora si dovrà pensare anche a questo. Al di là di fidejussioni e conti bancari, bisognerà anche vedere, anzi leggere, se Berlusconi ha messo nero su bianco anche le sue volontà sulla gestione del partito. Marta Fascina, la sua compagna di vita, negli ultimi tempi ha rafforzato notevolmente il suo ruolo organizzativo: in molti si chiedono se il suo peso in Forza Italia ora aumenterà, diminuirà, o resterà invariato. Così come molti sperano di poter contare ancora su Gianni Letta, l’eminenza azzurrina. Quello che tutti, ora, escludono, è la liquidazione: «Oggi», dice Tajani, in lacrime, a Washington, «Forza Italia è una comunità colpita, ferita, ma ha una missione totale: unirsi nel rilanciare il messaggio del nostro leader, continuare in maniera convinta sul percorso che Silvio Berlusconi ci ha indicato. Questa missione sarà perseguita con forza, con convinzione. In questo giorno di profondo dolore, dico che lo faremo anche con l’energia e la gioia che il nostro leader mi ha trasmesso dal momento della nascita di Forza Italia, che mi ha dato l’onore di fondare insieme a lui. Il suo progetto politico e umano», aggiunge Tajani, «continuerà a ispirarci e guidarci, a indicare il percorso per realizzare gli obiettivi che Silvio Berlusconi ha sempre voluto per il bene dell’Italia, Il suo ultimo messaggio è stato l’invito a lavorare per la pace». Tajani anticipa il rientro in Italia, parte subito dopo aver incontrato il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, questa mattina sarà a Milano. Quel «lavora per la pace», l’ultimo messaggio di Berlusconi, può valere anche in chiave interna al partito: Tajani ha un anno di tempo, fino alle prossime elezioni europee, per rimodellare Forza Italia, ricompattare le varie anime che albergano al suo interno, rimarginare le lacerazioni che si sono prodotte al momento della formazione del governo, quando l’esclusione di Licia Ronzulli, che il Cav avrebbe voluto nell’esecutivo, ma che Giorgia Meloni ha tenuto alla larga da Palazzo Chigi, hanno fatto traballare il partito e il centrodestra. «Il partito c’è», sospira alla Verità un parlamentare, «la struttura esiste, ci sono coordinatori regionali, provinciali, cittadini. Tajani ha sulle sue spalle un peso gigantesco, dovremo mettere da parte le frizioni e essere compatti come non siamo mai stati, altrimenti per noi è finita». Le voci si rincorrono, le profezie pure: c’è chi pronostica una diaspora verso la Lega o Fratelli d’Italia, chi addirittura immagina che Matteo Renzi possa rappresentare l’approdo per i naufraghi. Tutte ipotesi da scartare, almeno nel breve periodo: la Meloni, in particolare, avrebbe tutto da perdere se Forza Italia esplodesse, e in prospettiva ha bisogno di una forza politica di centro, nella sua coalizione, che attragga gli elettori più moderati e che sia collocato nel Partito popolare europeo. Intanto, entro 60 giorni si svolgeranno le elezioni suppletive nel collegio uninominale di Monza, quello dove Silvio Berlusconi è stato eletto senatore lo scorso settembre, con il 50,3% dei voti. Sarà il primo test senza Silvio, il primo ostacolo da superare sul percorso della sopravvivenza politica di Forza Italia.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-partito-sotto-choc-aspetta-il-testamento-politico-di-silvio-e-si-affida-a-tajani-2661215496.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nessuno-scossone-sul-governo-per-tre-buoni-motivi" data-post-id="2661215496" data-published-at="1686596438" data-use-pagination="False"> Nessuno scossone sul governo. Per tre buoni motivi «Se il centrodestra riuscirà a non litigare senza di lui? Penso che glielo dobbiamo»: Giorgia Meloni al Tg5 risponde in maniera guardinga alla domanda sul futuro prossimo della maggioranza e di conseguenza del governo. «Averlo, potersi confrontare con lui», aggiunge la Meloni, «era un elemento che ti tranquillizzava in tante cose. Lui c’era passato prima e aveva fatto bene. Sono molto fiera anche del fatto che ultimamente, soprattutto, spesso mi chiamava e mi diceva: stai lavorando bene. E non era facile per un uomo con quella esperienza. Anche nell’ultima telefonata che abbiamo avuto mi ha detto: guarda te lo voglio dire, sono molto fiero del lavoro che stai facendo, di come lo stai facendo». La cautela della premier è comprensibile, considerato che le conseguenze della scomparsa di Silvio Berlusconi sono imprevedibili, ma almeno per i prossimi mesi è francamente difficile immaginare che Forza Italia possa provocare problemi all’esecutivo. La prima garanzia di stabilità è il rapporto solido che lega la Meloni alla famiglia Berlusconi, in particolare a Marina: è stata la primogenita del Cav a intervenire quando, subito dopo le elezioni, la linea del partito sembrava ondivaga, se non addirittura in contrasto con la presidente del Consiglio. La seconda garanzia di stabilità sono, naturalmente, le aziende di famiglia, la cui prosperità è inevitabilmente legata alla permanenza al potere. Infine, c’è l’istinto di autoconservazione: ministri e sottosegretari, deputati e senatori, sanno bene che senza Silvio Berlusconi in campo per Forza Italia sarà difficile, molto difficile, mantenere intatto il suo elettorato, con il conseguente rischio, in caso di crisi, di tornarsene a casa e rimanerci per sempre. Detto ciò, la Meloni non può immaginare che Forza Italia non tenti in qualche modo di caratterizzarsi politicamente, ora che non c’è più Silvio ad attrarre voti: il partito dovrà necessariamente marcare le differenze dagli alleati per non finire dissolto. Se fino ad ora, infatti, era il Presidente a caricarsi sulle spalle il peso di intercettare i consensi, ora Forza Italia dovrà guadagnarsi la fiducia degli elettori attraverso le proposte politiche. L’omologazione alla linea di Fratelli d’Italia o della Lega, infatti, finirebbe per rendere Forza Italia un partito-fotocopia degli alleati, con gli elettori che, in questi casi, scelgono sempre e comunque l’originale. Impensabile anche che la stessa Meloni autorizzi eventuali cambi di casacca nelle prossime settimane: è naturale che deputati, senatori, consiglieri regionali e via dicendo, cercheranno di trovare riparo sotto il grande ombrello di Fratelli d’Italia, ma una transumanza di questo tipo sarebbe pericolosissima per il partito della premier, ne altererebbe i delicati equilibri interni e finirebbe per azzerare la «gamba centrista» della coalizione. Anche la Lega, ovviamente, viene considerata un porto sicuro per i naufraghi di Forza Italia, e qui il discorso è diverso: Matteo Salvini, nel medio periodo, potrebbe essere interessato a federare il suo partito con quello azzurro, nell’ottica di bilanciare il peso di Fratelli d’Italia. Ogni ragionamento di questo genere, comunque sia, è rimandato all’autunno, quando si potrà misurare, attraverso i sondaggi, il peso elettorale di Forza Italia senza Silvio in campo. Se i numeri saranno confortanti, ovvero non drammatici, si andrà avanti così fino alle Europee; se invece si registrerà un crollo di Forza Italia, a quel punto per il governo potrebbero esserci problemi.
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo