2018-11-05
Il «partito» dei vescovi e dei preti ostili a Salvini. Dal pulpito lanciano «l’alternativa politica»
Anatemi, mezze scomuniche, duri attacchi: dal «Vade retro» in poi quasi una discesa in campo ufficiale. Monsignor Gian Carlo Perego: serve un progetto anti governo. E c'è chi paragona il vicepremier ad Adolf Hitler.Altro che libera Chiesa in libero Stato. Sembra che una parte del clero (compresi alcuni vescovi) abbia una gran voglia di fare politica. Soprattutto da quando la Lega è al governo. Anatemi, mezze scomuniche, attacchi sui giornali d'area: tutto fa brodo, quasi fosse un partito già lanciato in un agone elettorale. Con l'unica differenza che, in questo caso, per i «comizi» non si usano le piazze, ma il pulpito. Decisamente più comodo, oltre che efficace.Il manifesto della nuova battaglia politica è stato, lo scorso luglio, la copertina di Famiglia Cristiana. Con quel «Vade retro Salvini», il settimanale cattolico ha svelato le reali intenzioni di quella parte della Chiesa che mal sopporta le direttive di governo, soprattutto in tema profughi. Ma tutto era cominciato già prima. Che la musica fosse cambiata, lo si è capito subito dopo le elezioni. Uno dei primi a pronunciarsi apertamente è stato monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena, di norma poco avvezzo ad affrontare temi di attualità. Eppure, proprio lui, lo scorso 15 marzo, a urne appena chiuse e alla vigilia di una visita di Salvini sotto la Ghirlandina, parlando a un incontro pubblico si dichiarò espressamente «preoccupato» davanti all'ipotesi di un governo guidato dal leader del Carroccio. Era uno dei primi attacchi e Salvini fece spallucce: «Io giro sempre con il mio rosario, quindi il vescovo può stare tranquillo, con me gli ultimi saranno i primi», scherzò il segretario della Lega.Poi, però, il governo Conte è nato davvero, le politiche ministeriali hanno preso forma, gli sbarchi sono diminuiti e sul ministro leghista è partito il fuoco incrociato.A parlare apertamente della necessità di un «progetto politico alternativo» ci ha pensato monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara, vicedirettore nazionale della Caritas ed ex numero uno della Fondazione Migrantes, che tanto deve all'invasione dei richiedenti asilo. «Servirebbe», ha affermato Perego, «un progetto politico alternativo che parta dai sei milioni di persone che in Italia operano nel mondo del volontariato, soprattutto sul tema dell'immigrazione». Il concetto non poteva essere più chiaro.Poi è stata la volta dei digiuni. Ve la ricordate la trovata delle magliette rosse, a favore dell'immigrazione, promossa da don Luigi Ciotti e piaciuta tanto a sinistra? Ecco, a quell'iniziativa ne seguì un'altra, questa volta dedicata ai religiosi, uno sciopero della fame a staffetta, durato dieci giorni e conclusosi con un presidio dimostrativo sotto Montecitorio. A lanciarlo fu nientemeno che il vescovo di Caserta, monsignor Raffaele Nogaro, che alla rinuncia dimostrativa di cibo, in segno di protesta, aggiunse parole di fuoco: «Moralmente e da uomo di fede sarei pronto a trasformare tutte le chiese in moschee», affermò, per opporsi a «quei politici che continuano a predicare le espulsioni» e che «lo fanno con la corona e il rosario in mano», nominando «il nome di Dio invano» e macchiandosi di un «grave peccato». Un riferimento chiaro al convegno pre elettorale del 28 febbraio 2017 a Milano, durante il quale Salvini aveva giurato di «seguire la Costituzione e gli insegnamenti del sacro Vangelo». In estate, invece, a far andare su tutte le furie i presuli fu l'annuncio della volontà del Viminale di chiudere i porti per fermare il flusso continuo degli sbarchi. La Cei non prese affatto bene la notizia e, per bocca di don Ivan Maffeis, direttore dell'Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali, cavalcando in pieno la propaganda antigovernativa di sinistra, la Conferenza episcopale fece sapere che riteneva la scelta del ministro un modo per «far politica sulla pelle dei poveri».Tra i più espliciti nell'opporsi alle scelte di governo fu monsignor Benvenuto Italo Castellani, arcivescovo di Lucca (dove la Caritas sta investendo su immobili di proprietà della diocesi da convertire all'accoglienza). Castellani in un'omelia lanciò addirittura un appello ai fedeli chiedendo loro di «dissociarsi apertamente da tali scelte».Il peggio, però, è arrivato ad agosto, insieme alla nave Diciotti. Ad aprire la sequela di critiche politiche all'azione del governo fu monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso (dove la Caritas gestisce gran parte dell'accoglienza) che diede sostanzialmente dell'indecente al ministro. «È indecente chiudere i porti», affermò, commentando la decisione di Salvini. A lui si aggiunse monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, con la solita tirata sulle condizioni dei clandestini sulla nave, in realtà sfamati e accuditi durante tutti i giorni di permanenza in mare. «Sono sconcertato perché vedere degli uomini trattati come cose, come oggetti, come pacchi parcheggiati su una nave, mi fa venire un'altra preoccupazione: quale sarà il nostro futuro?», tuonò, interpellato sul tema.Poi fu la volta dell'arcivescovo di Palermo: «Non si può lasciare la gente a galleggiare in mare», sentenziò monsignor Corrado Lorefice. Ribadendo il concetto «se chiudiamo i porti, siamo dei disperati», ma dimenticando il fatto che, poche settimane prima, proprio a Palermo, la Guardia di finanza aveva portato alla luce un giro d'affari illecito sull'immigrazione clandestina, con decine di nomi noti, coinvolti nel mercato dei permessi falsi.Negli ultimi mesi, invece, il casus belli è stato Riace. Nonostante l'inchiesta che pende su Domenico Lucano, quando si è trattato di prendere una posizione ufficiale nello scontro tra il sindaco e Salvini, i vescovi non hanno esitato. Quello di Locri, monsignor Francesco Oliva, che poche settimane prima, privatamente, aveva offerto appena 2.000 euro a Lucano che provava a batter cassa dopo essersi visto tagliare i fondi dallo Stato, pubblicamente lo ha difeso a spada tratta, puntando il dito contro una burocrazia senza cuore. E a lui si è aggiunto Bregantini (Campobasso) che ha dedicato all'operato di Lucano addirittura un convegno, elevando (in barba alle sottigliezze legali) Riace a modello di accoglienza per il Molise. «La forza di questo modello sta nell'aiutare i migranti perché loro aiutano anche noi», ha sottolineato. «Perché gli immigrati sono un fattore di crescita». Anche a costo di violare la legge?Nella guerra contro il ministro, una parte importante la fanno, però, anche i soldati semplici. Don Aldo Antonelli, per esempio, prete abruzzese che ama dilettarsi nell'arte della scrittura, intervistato da La Zanzara, su Radio 24, ha paragonato Salvini al Führer: «Salvini è un fascista e un razzista, non ci piove. Dice più o meno le stesse cose di Hitler», ha detto apertamente. O anche don Massimo Biancalani, quello del bagnetto in piscina con i profughi, indagato per aver pubblicato sui social la fotografia senza il consenso dei presenti. Per protestare contro un'ordinanza comunale che gli impediva di ospitare richiedenti asilo nei locali inadeguati della parrocchia, ha lanciato accuse pesanti: «I fascisti di Salvini mi perseguitano e la Chiesa non mi difende», ha gridato ai quattro venti. Risultato? La Regione Toscana ha aperto le porte di un centro nuovo di zecca per fargli ospitare i «suoi ragazzi».E, ancora, a Villa Rosa, in provincia di Teramo, la scorsa estate don Federico Pompei, durante un'omelia si è lasciato andare a critiche così pesanti nei confronti di Salvini e della sua politica «ostile ai valori cristiani», che un gruppo di fedeli è stato costretto a uscire dalla parrocchia. Stessa storia a Malo, in provincia di Vicenza, dove don Giuseppe Tassoni, in una afosa domenica di luglio, ha sospeso la predica per leggere un comunicato del movimento cattolico internazionale Pax Christi sul tema dei migranti, dall'inequivocabile titolo «Noi non ci stiamo». Como, invece, è un caso a sé. Tre giorni fa è stato chiuso, in città, un centro profughi che dal 2016 ospitava centinaia di persone. Contro questa chiusura, annunciata da tempo dal ministero, per settimane si è levata la protesta dei parroci locali che hanno aggiunto alle omelie una lettera aperta dichiaratamente ostile alle politiche di governo. «Riteniamo ipocrita sfruttare le competenze di cittadini, associazioni e volontari quando serve. Per poi invece ignorarli, non interpellarli e non ascoltarli prima di operare scelte che intaccano la vivibilità della stessa città», recitava il passaggio saliente della missiva.Nell'elenco delle incursioni, mancano ancora gli attacchi dei mezzi di informazione. Che dovrebbero rappresentare tutto il mondo cattolico e invece si schiacciano su quello anti Salvini. Come per esempio fa Avvenire che, all'indomani della decisione di Sergio Mattarella di far sbarcare dalla Diciotti 67 clandestini (tra cui due scafisti) imposta a Giuseppe Conte, contro la volontà del ministro, titolava: «Mattarella e Conte liberano 67 ostaggi», avallando la tesi della Procura di Agrigento che, per prima, seguita poi da quelle di Palermo e Catania, aveva aperto l'indagine contestando a Salvini e al capo di Gabinetto del Viminale, Matteo Piantedosi, i reati di sequestro di persona. Accuse per le quali, giovedì scorso, la stessa Procura di Catania ha chiesto l'archiviazione. O come la delicata vignetta di Staino pubblicata, sempre su Avvenire, due settimane fa, nella quale in sostanza si paragonava di nuovo Salvini al diavolo, capace addirittura di entrare nel corpo di una bambina e di renderla indemoniata. «Mezza ora di Salvini in tv renderebbe indemoniato anche un bove», faceva dire Staino al suo Gesù nella striscia, costata, a onor del vero, la collaborazione del fumettista con il quotidiano.E, infine, le posizioni anti Salvini di Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti diretta da Antonio Spadaro, insorto persino contro la proposta di legge leghista che vorrebbe rendere obbligatori i crocifissi nelle scuole e nei luoghi pubblici: «Usare il #crocifisso come un #BigJim qualunque è blasfemo», ha scritto Spadaro, ritwittando, poi, il concetto dal profilo ufficiale del periodico. Ma perché mettere un crocifisso nelle scuole significa trasformarlo in Big Jim? Solo perché l'ha chiesto Salvini?