
Ogni occasione è buona per mettere nel mirino il ministro dell'Interno, perché con lui si mette nel mirino il nuovo governo di Giuseppe Conte.Da alcuni giorni è stato inaugurato un nuovo sport nazionale: la caccia a Matteo Salvini. Ogni occasione è buona per metterlo nel mirino, perché con lui si mette nel mirino il nuovo governo. È lui, più di Luigi Di Maio, l'uomo forte dell'esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Di lui si dice che non solo voglia mangiarsi Forza Italia, ma che si prepari a ingoiare perfino i 5 stelle. Dunque, è su di lui che si deve sparare. E infatti è su di lui che è partito il tiro al piccione, una disciplina a cui partecipano volentieri i cronisti e quasi tutte le principali testate. Prova di questa nuova attività giornalistica è un articolo uscito ieri su Repubblica, dal titolo «Salvini, Scopelliti e i clan. Quelle relazioni pericolose nella terra delle 'ndrine». Una pagina intera per accusare il capo della Lega di aver preso voti in quelle zone e, quel che è peggio, di aver partecipato a un dibattito nell'aula magna di un liceo scientifico. «Ma lo sa Salvini chi lo stava ascoltando quel giorno a Rosarno?», si interrogano gli orfani della sinistra. Nientepopodimeno che l'ex sindaco del Comune calabrese, il quale è stato fra l'altro uno degli organizzatori del dibattito. E allora, ci si chiede quando si inciampa in questa terribile accusa? Nelle righe successive Repubblica spiega che Rosarno è un Comune dove nel passato gli amministratori sono stati dichiarati decaduti a causa di infiltrazioni mafiose. L'ex sindaco è indagato per mafia? La paginata non lo spiega, ma nel frattempo parla di mogli, fidanzate, fratelli che forse potrebbero avere strane frequentazioni. Non basta per mettere sotto accusa Salvini, imputandogli la vicinanza alle cosche? E allora ecco aggiungersi un altro decisivo tassello dell'accusa: la preside del liceo che ospita Salvini, pur essendo l'ex vicepresidente di un'associazione antimafia, ha un fratello sospettato di contiguità con una cosca (È indagato o sotto processo? L'articolo non lo dice), un altro che collabora con la giustizia e un marito assolto dall'accusa di essere al servizio dei clan. Par di capire che, secondo Repubblica, da una dirigente scolastica con questo curriculum non ci si fa invitare neanche a prendere un caffè, altro che dibattito. Il meglio però il giornale di Mario Calabresi lo dà quando scrive che in Calabria il 30 per cento dei voti è in mano al centrodestra e un altro 30 per cento è controllato dal centrosinistra. Resta un terzo di consensi manovrato dalla 'ndrangheta, la quale spostandosi, ora a destra ora a sinistra, farebbe vincere il candidato prescelto dalle cosche. Premesso che in questo modo Repubblica sostiene che il 30 per cento dei calabresi è ndranghetista o comunque al soldo della 'ndrangheta, l'accusa si riassume in questo: siccome 5 anni fa Salvini da queste parti prese 4 voti e ora ne ha 864 chi ha convinto gli elettori a votare per lui? Risposta sottintesa: i mafiosi, non certo le argomentazioni del segretario padano. Per corroborare lo scenario, Repubblica poi aggiunge un altro fondamentale elemento: al Vinitaly un tizio si è fatto un selfie con l'attuale ministro dell'Interno e il tizio è un pentito della 'ndrangheta. Insomma, siamo di fronte a un quadro probatorio molto ma molto saldo, anche perché nella squadra calabrese di Salvini ci sono un paio di ex collaboratori di Giuseppe Scopelliti, l'ex governatore ora agli arresti per falso in atto pubblico. Tuttavia, la caccia a Salvini non si esaurisce con inchieste incalzanti come quelle di Repubblica. Perché basta che apra bocca e subito è subissato di critiche. L'altro giorno, in Sicilia, gli è scappato di dire che dalla Tunisia ci mandano i galeotti e in un attimo è stato accusato di provocare incidenti diplomatici con i Paesi amici. Peccato che pochi mesi fa le pagine dei quotidiani fossero piene proprio di articoli che denunciavano sbarchi di delinquenti in arrivo dalla Tunisia. A ottobre dello scorso anno, La Stampa - non La Padania, che non esiste più - spedì un inviato a Kéliba, sulla costa africana, per raccontare lo strano esodo verso i nostri porti. Titolo dell'articolo pubblicato dal giornale sabaudo: «Tunisia, tra gli ex detenuti in fuga via mare verso l'Italia: la Guardia costiera ci lascia passare». Sottotitolo: «Da luglio 2.500 indulti, molti tentano la traversata: "Bastano 400 euro, la metà di un mese fa". Lo scafista: "È un gioco politico, il presidente chiederà soldi all'Italia per chiudere la rotta"». Articoli analoghi sono usciti anche su altri giornali, per esempio Il Messaggero, ma se lo dice Salvini apriti o cielo. In Tunisia fanno lo sconto ai delinquenti che vogliono imbarcarsi per l'Italia, ma il ministro dell'Interno non può dirlo. Perché? Perché i quotidiani montano la panna. Del resto, se c'è da sparare sul capo della Lega ogni spunto è buono, anche un gruppo di viaggiatori che, vedendo il ministro dell'Interno salire su un bus di collegamento tra l'aeroporto e l'aereo, invece di complimentarsi per l'understatement canta Bella ciao. Notizia da tg di prima serata. Peccato che nessuno abbia fatto notare che i partigiani sull'autobus fossero militanti in trasferta della Cgil. Come i partigiani dei giornali.
Donald Trump (Getty Images)
Licei e università occupate, assalti alle aziende della difesa, scontri per far cancellare gemellaggi con Tel Aviv, proteste contro atleti e artisti israeliani, intellettuali sulle barricate. Ci avevano preso gusto, non si rassegnano.
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)
Disegno di legge di Pd e M5s (su input di Crisanti) perché le ostetriche pratichino l’Ivg.
Ansa
Restano in cella i fratelli Barghouti. Intanto Hamas continua con le esecuzioni.