2022-09-03
Il nodo dei controlli rischia di affossare il dl sui razionamenti
Il governo col decreto vuole imporre vincoli su base provinciale. Però il problema è come fare le verifiche su impianti privati.Per il momento l’Italia non ha scelto la linea dura sul razionamento del gas, anche se la notizia del blocco totale del Nord stream arrivata ieri potrebbe ribaltare il tavolo e costringere l’esecutivo a una stretta. All’interno del decreto che arriverà la settimana prossima, con sostegni per famiglie e imprese, la prima mossa dovrebbe essere quella di abbassare i termosifoni di un grado da 20 a 19, spegnendoli un’ora prima sia nelle abitazioni private, sia negli uffici pubblici. Certo, il vero problema resterà quello dei controlli. Già oggi molte amministrazioni comunali impongono limiti alle temperature ma, di fatto, nessuno controlla che le direttive vengano seguite.È quanto si evince dall’informativa che il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha discusso in Consiglio dei ministri. Per ora, insomma, Roma non sceglierà la via intrapresa da Francia e Germania. Non si spegneranno prima le vetrine, né tantomeno si ragiona sull’ipotesi di mandare i dipendenti pubblici in smart working, indiscrezione circolate nei giorni scorsi.L’idea è quella di seguire un decreto del presidente della Repubblica del 1993 che divide l’Italia in zone con fasce di temperature medie registrate dalla A alla F, la più fredda. Per ogni zona viene utilizzato un coefficiente di calcolo gradi-giorno che misura la differenza tra la media della temperatura tra ambienti interni ed esterni. La zona F comprende le Alpi di Belluno e Trento. In questo caso non ci dovrebbero essere limitazioni per il periodo e l’orario di accensione del riscaldamento. Nella zona E invece, i termosifoni si potranno accendere dal 15 ottobre al 15 aprile fino a 14 ore al giorno. Qui ricadono province come Alessandria, Bergamo, Brescia, Bolzano, Milano, Padova, Torino, Bologna, L’Aquila, Parma, Trieste, Udine, Venezia, Verona, Arezzo, Perugia e Potenza. In zona D la data di accensione del riscaldamento è il 1° novembre e il periodo è fino al 15 aprile, con un orario massimo di funzionamento che non può superare le 12 ore. In questo caso si parla delle province di Avellino, Caltanissetta, Firenze, Genova, Livorno, Pisa, Roma, Siena e Vibo Valentia. Man mano che si continua con le zone più calde le tempistiche di accensione del riscaldamento diminuiscono. In zona C i termosifoni si accendono dal 15 novembre al 31 marzo, fino a 10 ore al giorno. Le città coinvolte sono Bari, Cagliari, Cosenza, Napoli, Oristano, Salerno e Taranto. Nella zona B c’è il via libera ai termosifoni dal 1° dicembre al 31 marzo per massimo 8 ore al giorno. Le città in lista sono Agrigento, Catania, Palermo, Reggio Calabria, Siracusa e Trapani. L’area più calda è la zona A, dove il riscaldamento è consentito dal 1° dicembre al 15 marzo per 6 ore massimo al giorno. In questa fascia ricadono poche città: stiamo parlando di isole come Linosa e Lampedusa o la zona di Porto Empedocle nell’agrigentino.Certo è che il governo sta lavorando a un piano per presentare una riduzione dei consumi che sarà parte del decreto Aiuti ter, una norma che varrà intorno ai 10 miliardi. Sul fronte imprese, Cingolani ha fatto sapere che dovrebbero arrivare due pacchetti di prezzi calmierati per le società energivore e per quelle gasivore. L’obiettivo è fare leva sulla produzione interna di energia per aiutare chi minaccia di abbassare la serranda.Sempre stando alle indiscrezioni, all’interno della misura ci saranno alcune norme per il rafforzamento del credito d’imposta per le aziende energivore; l’abbattimento degli oneri di sistema e il rinnovo della Cig per le imprese fiaccate dal caro energia. L’obiettivo, visto anche il poco tempo che questo governo ha a disposizione, sarebbe quello di approvare il decreto rapidamente, prima dunque che vengano sciolte le Camere. «Bisogna aiutare famiglie e imprese a pagare le bollette della luce e del gas. Non tra due mesi, adesso», ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, «Serve subito un decreto da almeno 30 miliardi per bloccare gli aumenti delle bollette della luce e del gas», ha ribadito il leader del Carroccio che da giorni chiede uno scostamento di bilancio. Dello stesso avviso il ministro degli Affari esteri, Luigi Di Maio, che ha parlato al Forum Ambrosetti di Cernobbio. «L’unico razionamento che voglio fare in questo momento è sulle bollette delle imprese italiane», ha detto, «Pagare alle imprese le bollette italiane per l’80%, altrimenti le imprese non riusciranno ad affrontare l’autunno, neanche l’inverno». Anche secondo il senatore Adolfo Urso, presidente del Copasir in quota Fdi, bisogna agire subito. «Al più presto il nuovo governo può entrare in attività ai primi di novembre. Possono, le imprese e le famiglie italiane, aspettare altri 70 giorni?», si domanda, «Questo governo non solo ha il diritto e il dovere di intervenire ma va anche sollecitato. Noi abbiamo anche indicato gli strumenti di intervento. Il primo è nazionale: un decreto legge (urgente e necessario) per fronteggiare l’emergenza compensando le perdite di imprese e famiglie senza realizzare uno scostamento di bilancio. Lo si può fare con le maggiori entrate fiscali che si sono accertate».
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