2020-04-15
Il Mef di Gualtieri ignora il premier e media tra Pd e 5 stelle sulle nomine
Si allarga la frattura dopo lo scontro sul Mes. Sul piatto la scelta dei presidenti di Enel, Eni, Terna, Poste, Enav e Leonardo. Visto l'asse D'Alema-grillini, il presidente del Consiglio rischia di essere il grande sconfitto.La linea Conte sulle nomine non è passata. Sempre più isolato ha cercato di forzare la mano nella direzione della proroga generalizzata. Per due motivi. Primo. Il Conte bis è nato sulla necessità di gestire una massa di partecipate pubbliche e di sotto partecipate. Tra settembre 2019 e fine maggio di quest'anno balla qualcosa come 300 poltrone da riempire. Gli incarichi più prestigiosi sono quelli in scadenza nelle prossime settimane e le liste vanno stilate entro il 18 aprile. Conte sa che una volta riempite le caselle di Eni, Enel e degli altri colossi la sua funzione si ridurrebbe di perimetro. Sa anche (secondo motivo) che questo è il momento in cui molti dei suoi sostenitori si sono girati dall'altra parte, complice la gestione confusa del coronavirus. In pratica, fare le nomine adesso sarebbe per il premier sarebbe la cosa peggiore. Eppure è proprio quella destinata ad accadere. L'aver cercato di forzare la mano per garantirsi qualche mese in più di permanenza a Palazzo Chigi ha creato parecchie irritazioni. Innanzitutto si è formata una linea di distanziamento tra il Mef guidato da Roberto Gualtieri e diretto da Alessandro Rivera e il team di Conte. La rottura sul Mes sembra ormai essere irrecuperabile. Non tanto sui contenuti della discussione, ma sulla forma stessa. Conte è infatti saltato da una posizione all'altra con una disinvoltura tale da lasciare Gaultieri spiazzato. E da smontare l'incarico stesso di Rivera. Il dribbling della coppia Conte e Casalino ha avuto anche l'effetto di disorientare gli sherpa tricolore presenti all'Eurogruppo. In poche parole, il lavoro del Mef ne è uscito sminuito. Non siamo qui a entrare nei dettagli del dibattito. In questo caso, conta quasi più la forma e lo smacco sembra aver separato una volta per tutte le posizioni del Mef da quelle del premier. Tant'è che negli abboccamenti di ieri tra i partiti di maggioranza sulle nomine imminenti, via XX Settembre sembra aver del tutto ignorato le richieste di Conte per poi avviare una sorta di mediazione tra il Pd e 5 stelle lasciando uno spazio anche a Italia viva. Entro giovedì sera è prevista una nuova riunione di maggioranza. Potrebbero partecipare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, Dario Fraceschini, ministro dei Beni culturali, Antonio Misiani, sottosegretario al Mef e infine, Maria Elena Boschi per i renziani di Italia viva. Da qui e da un lunga serie di telefonate dovrebbe saltare fuori le liste per Eni, Enel, Terna, Leonardo, Enav e Poste. Girano molti nominativi, ancora troppi per far parte dell'ultima scrematura. E ci riferiamo ai presidenti delle controllate. Diverso invece il tema degli amministratori delegati che dovrebbero essere riconfermati in toto. Salvo qualche eccezione che potrebbe riguardare Enav. I 5 stelle lamentano una scarsa presenza di amministratori in quota grillina. Vorrebbero spingere al posto di Roberta Neri l'attuale amministratore delegato di Atac, Paolo Simioni. La Neri ha lavorato molto bene in questi anni e gode del sostegno degli ambienti dalemiani. L'Atac è tutt'altro che un esempio di azienda ben gestita. Una combo che dovrebbe metterla al riparo i vertici operativi di Enav dallo spoils system. Però la trattativa è solo all'inizio e se i 5 stelle si impuntassero per avere un amministratore delegato in più, la Neri potrebbe finire sacrificata dal Pd. Diverso il tema dei presidenti: sono figure non operative e nessuna delle parti in causa finirà per far saltare il banco per la nomina di un presidente (Ipotesi a parte: per Gianni De Gennaro si potrebbe creare un incarico su misura dalle parti del Quirinale). A parte il fatto che su alcuni amministratori di rilievo ci sono state pressioni estere e valutazioni di buon senso (cambiare strategie in pieno coronavirus potrebbe voler dire mettere a repentaglio contratti miliardari o trattative che durano da molto tempo), la blindatura degli ad è tutta politica: i partiti non avrebbero mai trovato un accordo in un momento così fluido. Così, nel complesso, se la mediazione del Mef andrà a buon termine - e lo scopriremo entro venerdì notte - l'impressione è che l'unico sconfitto dalla tornata stavolta sia Conte. D'altronde si è scontrato con la sapienza pericolosa di Massimo D'Alema che negli ultimi mesi è riuscito a insufflare sue nomine facendole passare in quota grillina e si è scontrato con Dario Franceschini che da tempo dialoga con le forze di opposizione. Condivide idee e nomi, immaginando che se di punto in bianco dovesse servire un premier di unità nazionale i canali di dialogo debbano essere liberi e pronti all'uso. L'arrivo di Vittorio Colao al vertice della task force è un pensiero in più per Conte. Sono già tanti quelli che invocano Colao come ministro dell'Emergenza. Da lì a premier a tempo il salto è breve e se le nomine dei colossi sono andate in porto. Partiti e partitini avranno poco da recriminare.
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