2021-04-17
Il manuale Cencelli del ministro Cartabia. Marito e moglie «saggi» del ministero
Appartengono alle correnti di sinistra della magistratura In commissione spunta pure l'ex consigliere di Giorgio NapolitanoChe per costruire il governo Draghi fosse stato compulsato il manuale Cencelli, s'era capito. E in una certa misura, il metodo «algebrico» di selezione dei ministri è stato anche comprensibile, vista l'ampia ed eterogenea maggioranza che sostiene l'ex capo della Bce, nella quale era necessario accontentare un po' tutti. Meno scontato era che la distribuzione degli incarichi sulla base di criteri politici (o, in certe circostanze, politico-familiari) dovesse riprodursi anche in alcune nomine delle commissioni ministeriali. Eppure, sembra essere accaduto proprio questo ai comitati di esperti istituiti dal Guardasigilli, Marta Cartabia, per la riforma della Giustizia tributaria, di quella penale e del processo civile.Il caso più eclatante è quello dei due magistrati, uniti dalla professione come dal sacro vincolo del matrimonio, Glauco Zaccardi e Monica Velletti. Lui, già capo dell'ufficio legislativo del Mef, storico dirigente romano di Magistratura democratica e Area. Lei, presidente della sezione civile del tribunale di Terni, a sua volta vicina a Md, sulla cui rivista ha anche vergato diversi articoli. Lui, Zaccardi, finito nella commissione sulla Giustizia tributaria, guidata da Giacinto della Cananea (ex «saggio» di Luigi Di Maio per studiare potenziali convergenze parallele con Lega o Pd, nonché allievo di Sabino Cassese, uno dei king maker della Cartabia). Lei, Velletti, collocata nella commissione dedicata alla riforma del processo civile. Il nome di Zaccardi, ovviamente mai indagato, figurava tuttavia nel corposissimo fascicolo sulle chat di Luca Palamara, ex leader di Unicost e dominus del «Sistema» per le nomine delle toghe. E non solo perché la toga era stata inserita nella rosa dei «fuori ruolo», per il torneo di calcio dedicato ai magistrati (come giocatore, anzi, aveva dato pure qualche forfait). Il 21 settembre del 2017, a Tiziana Orrù, sua compagna di corrente in Md, veniva infatti assegnato l'incarico di presidente della sezione lavoro del tribunale di Roma. Decisivo, nella quinta commissione del Csm, era stato il voto dei due commissari del «partito» di Palamara. Così, quello stesso giorno, Zaccardi si era sentito in dovere di contattare l'ex pm: «Grazie per Tiziana Orrù». Dunque, le riforme avanzano, ma i legami con il passato non si troncato. La toga progressista aveva fatto una comparsa anche nell'intricata vicenda dell'emendamento che, nel dicembre 2017, aveva annullato la moratoria di un anno per i consiglieri del Csm in uscita dal parlamentino dei giudici. Secondo il deputato di Ncd, Paolo Tancredi, a suggerirlo erano stati i suoi due ex colleghi, Antonio Leone e l'attuale presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati (che ha poi smentito questa versione della storia). Zaccardi era stato chiamato in causa perché, sempre secondo Tancredi, era stato lui a indicare l'ispiratore della correzione alla norma. Il magistrato aveva però negato la ricostruzione dell'onorevole: «Escludo di aver detto all'onorevole Tancredi che fosse a favore di taluno in particolare».Ora, i maligni insinuano addirittura che la consorte di Zaccardi non sia sufficientemente titolata per partecipare a un comitato ristretto di esperti, in grado di stabilire come vada modernizzato il processo civile. E fanno notare come - a parte gli articoli sul periodico di Md - la sua opera principale sia un saggio a quattro mani del 2012, Il ruolo del notaio nel divorzio europeo. Insomma, cosa ha pesato di più nelle scelte della Cartabia? La provenienza correntizia, quella familiare, o la competenza scientifica? Ma se da un lato fanno specie i criteri «cencelliani» apparentemente sposati dal Guardasigilli, dall'altro sembra che con i super esperti individuati da via Arenula non si sia dato alcun segnale di discontinuità, rispetto a quella logica di casta che molto discredito ha provocato alla magistratura italiana.Tant'è che, nella commissione sulla riforma del processo penale, compare anche Ernesto Lupo. Ovvero, colui che aveva segnalato a due consiglieri del Csm, provenienti dalla Cassazione, Ercole Aprile e Maria Rosaria San Giorgio, il compianto giudice Amedeo Franco: «Si lamentava perché non lo volevano promuovere e lui era preparato», ebbe modo di ricordare in seguito. Allora, era scattato il soccorso per il magistrato incompreso. E alla fine, Franco fu promosso presidente di sezione. Ma i benefici di Lupo erano stati invocati anche da Silvio Berlusconi, che nelle sue esplosive conversazioni proprio con Franco, il quale era stato il relatore «pentito» della sentenza che condannava in via definitiva l'ex premier nell'ambito del processo Mediatrade, invocava una mediazione di Lupo, allora consigliere del presidente Giorgio Napolitano, per ottenere la grazia. Insomma, la Giustizia va cambiata, ma nel suo riordino sono coinvolti diversi personaggi in varie maniere integrati nel vecchio sistema. Che, invece, dovrebbe essere scardinato, se la logica, in teoria cara all'europeista Cartabia, dev'essere quella di avvicinare l'Italia agli standard dei nostri partner nell'Ue. Vogliamo fare una riforma, o un maquillage?
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)