
Per cercare di schiodarsi dal 4%, il Bullo organizza una convention in cui annuncia di avere un piano di investimenti «più ambizioso di quello tedesco». Peccato che si sia dimenticato di dirlo a Giuseppe Conte, che tassa pure zucchero e plastica pur di recuperare gli spiccioli.Matteo Renzi annuncia una mossa choc per l'economia: i risparmiatori sono avvisati. L'ultima volta che l'uomo mise mano ai conti italiani per dare una scossa al Paese indebitò l'Italia di 120 miliardi in più, regalando 80 euro al mese in cambio di un aumento del debito pro capite di 2.160 euro, tassò i ricavi sugli investimenti finanziari portandoli dal 20 al 26 per cento e infine azzerò i risparmi di chi aveva comprato le obbligazioni subordinate di Etruria e di altre tre banche. Insomma, quanto a choc diciamo che è un esperto.È per questa ragione che ieri abbiamo seguito con attenzione il suo intervento a Torino, dove ha messo in scena una specie di Leopolda in salsa sabauda, ovvero uno show per reclamizzare fra gli imprenditori la sua mercanzia, vale a dire Italia viva. Da quando ha fondato la creatura al fine di potersi sedere al tavolo della maggioranza e non rimanere fuori dalla porta del governo, Renzi le sta provando tutte pur di riuscire a superare nei sondaggi la soglia del 5 per cento. Ma i risultati degli esperti a quanto pare sono impietosi: nonostante le continue apparizioni tv, nonostante le kermesse e la raffica di interviste alla stampa, il partito resta inchiodato al 4 per cento, un po' sopra o un po' sotto, a seconda della rilevazione. Se la sua Italia vivacchia, l'altra, quella vera, degli italiani, si prepara secondo Renzi a vivere alla grande. Perché lui, il Matteo sbagliato (la definizione è sua, perché ogni volta non manca di indicare il rivale Salvini, additandolo come bersaglio giusto della sinistra), ha in mente un piano da far girare la testa. Anzi, i soldi. Si tratta di 120 miliardi che il nostro sarebbe pronto a investire per rilanciare l'economia nazionale. Faremo di meglio e di più della Germania promette agli imprenditori, i quali si interrogano su dove sia possibile trovare una tale montagna di denaro da investire. Se il governo si arrabatta a far quadrare i conti e fatica a trovare 3 miliardi e si prepara a tassare plastica, auto e bibite zuccherate, oltre a sigarette e filtri, dove stanno tutti 'sti soldi che il nostro adesso reclamizza ai quattro venti? Niente paura, replica il mago Silvan dei conti pubblici: i miliardi sono lì, pronti da spendere. Le opere sono già finanziate, dunque basta un niente per aprire i cantieri, ossia basta associarsi a Italia viva, appunto il niente. Renzi annuncia piante e miliardi, alberi da piantare e denaro da investire, in un crescendo rossiniano che ricorda il Barbiere di Siviglia. Pardon, la tosatura all'italiana. La sfilata, iniziata all'hotel Principi di Piemonte si conclude al Teatro dei ragazzi, fra sostenitori e militanti, in un tripudio di entusiasmo. Fra tanti applausi che scrosciano pochi fra i presenti hanno però il tempo di porsi qualche domanda, la prima delle quali è perché queste cose Renzi le vada a dire agli imprenditori e ai fan e non al presidente del Consiglio che ha contribuito a nominare e sostenere. Se davvero ha trovato 120 miliardi sotto il letto, o in una vecchia giacca come Giuseppe Conte ritrovò le risorse per evitare l'aumento dell'Iva, perché non comunicarlo al più presto al capo del governo, così da interrompere l'affannosa ricerca del poveruomo, il quale fruga ogni giorno nelle tasche degli italiani alla ricerca di spiccioli per la quadratura della manovra. In fondo, è ancora l'avvocato del popolo l'inquilino di Palazzo Chigi e il ministro dell'Economia è tal Roberto Gualtieri da Roma e non Matteo Renzi da Firenze.L'ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Pd sembra quasi dimenticare che il suo partito fa parte della maggioranza e non dell'opposizione. È vero che a parole si batte ogni giorno contro le tasse e contro l'abolizione dello scudo penale agli amministratori dell'Ilva, ma poi al momento di votare Italia viva sostiene il governo. Anzi, ne è la causa, in quando è a Renzi e al manipolo che lo ha seguito che si deve la nascita del Conte bis. Non ci fosse stato lui e i suoi a proporne la nascita pur di impedire le elezioni, a quest'ora a Palazzo Chigi ci sarebbe molto probabilmente Matteo Salvini, e il senatore semplice di Scandicci con ogni probabilità in Parlamento non avrebbe una corte che lo segue e lo sostiene (quella attuale è infatti stata eletta con i voti del Pd). Insomma, oltre a comunicare al premier il suo piano choc per l'economia, forse il leader dovrebbe farlo comunicare dai suoi anche in Consiglio dei ministri, così da evitare che votino una manovra per poi, sui giornali, dichiararsi contrari, ma ovviamente a parole.Comunque, rimaniamo in attesa del dettagliato programma di investimenti e, soprattutto, di un resoconto sulle fonti di finanziamento del suddetto. Quanto al resto, di choccante finora ci paiono solo la disinvoltura e la spregiudicatezza dell'ex presidente del Consiglio, di cui ogni giorno ci dà prova.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?






