2019-01-30
Il M5s ascolta l’alleato: dirà no al processo
Dopo le dichiarazioni esplicite dei due colleghi di governo Danilo Toninelli e Giulia Grillo («lo stop allo sbarco deciso da tutti»), Luigi Di Maio pretende rassicurazioni anche dalla giunta per le Immunità: i sette membri pentastellati non manderanno alla sbarra il titolare dell'Interno.Il segnale che la Procura di Catania finirà nelle secche arriva a metà mattina dalla mite Giulia Grillo, non esattamente una salviniana. La ministra della Salute, che a fine giugno polemizzò duramente con il vicepremier leghista per un'invasione di campo sui vaccini, annuncia: «Al governo siamo tutti con Salvini». E se sulla Diciotti i ministri pentastellati sono pronti a fare da scudo umano al collega del Viminale, magari autodenunciandosi, in serata anche Luigi Di Maio va a catechizzare i senatori M5s della giunta per le Immunità: «Evitiamo di far cadere il governo… abbiamo ancora tanto da lavorare per il Paese». Per altro, c'è ben poco da catechizzare, perché i sette rappresentanti grillini (su 23 membri in totale) a metà pomeriggio sembrano già tutti compatti per bocciare l'autorizzazione a procedere contro Salvini. Decisiva, formalmente, la sua lettera al Corriere con cui chiedeva, in sostanza, di essere difeso. Danilo Toninelli, il vulcanico ministro delle Infrastrutture che con il Viminale ha condiviso finora la responsabilità della linea dura su Ong e migranti (sua è la competenza sulla Guardia costiera e sui porti da aprire o chiudere), è il primo indiziato di un'eventuale chiamata di correità e non si nasconde dietro un dito. Di buon mattino, in un'intervista, chiarisce come la pensa, sbottona la camicia e offre il petto alle Procure: «Se processano Salvini devono processare anche me e tutto il governo. Se vogliono farlo diventare un processo al governo, vogliamo andare tutti davanti a un giudice». La realtà è che tanto Davide Casaleggio quanto Luigi Di Maio, anche se non lo diranno mai pubblicamente, giudicano totalmente pretestuosa la mossa giudiziaria contro l'alleato padano. «Non ci hanno fatto cadere sulla manovra con lo spread, non ci faranno cadere per una nave di un'Ong su cui ci sarebbe anche parecchio da ridire», ripeteva l'altra sera uno dei leader grillini più realisti. E del resto ancora Toninelli, nel pomeriggio e questa volta via Facebook, spiegava la svolta in arrivo: «Diamo il massimo per trovare una soluzione al problema dell'immigrazione. Così come diamo il massimo per aiutare i cittadini a trovare lavoro con il reddito di cittadinanza, i piccoli imprenditori ad assumere e i pensionati a godersi la meritata pensione con quota 100. Le opposizioni invece parlano solo di immigrazione, ed è anche chiaro il motivo; quando erano al governo hanno tradito tutti: disoccupati, piccoli imprenditori e pensionati». Dal particolare al generale, ma sembra funzionare.E se il carattere di Toninelli è noto, meno scontata è la sicurezza con cui la palermitana Grillo ha fatto capire che Salvini verrà salvato e basta. Intercettata dai cronisti in mattinata, la ministra fa solo finta di aspettare le decisioni dei capi: «La linea in merito all'autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini sul caso Diciotti la detterà il Movimento. Essendo io parte del governo ribadisco che è stata una decisione corale in cui l'intero esecutivo era d'accordo. Siamo tutti insieme, uniti con Salvini in questa decisione che è stata presa». Le parole della Grillo fanno riflettere anche un paio di senatrici del Movimento che stanno nella giunta delle Immunità e che alla vigilia erano date per dubbiose, se non addirittura favorevoli a lasciare il vicepremier libero di vedersela con la giustizia. In giunta, il più esperto e ascoltato è sicuramente un altro siciliano come Michele Giarrusso, impegnato da anni in prima linea contro Cosa Nostra. «Se perfino uno che viene dipinto come troppo vicino alle Procure è contrario a concedere questa autorizzazione, allora vuol dire che forse c'è una qualche forzatura e che la linea sulla Diciotti è stata collegiale», dice Giarrusso ai colleghi che lo chiamano, visto che lui le carte le ha lette. E in più è anche un avvocato di Catania. Per quella Procura, il voto contro di Giarrusso sarà uno smacco. E allora, sempre che non vi siano sorprese dell'ultima ora, in giunta gli equilibri si ribaltano: per il «respingimento» dei giudici ci sarebbero i quattro voti di Forza Italia, i quattro della Lega, il voto di Fdi e i sette di M5s per un totale di 16 no su 23 voti. E poco importa che l'ex grillino Gregorio De Falco, andato al gruppo Misto contro il pacchetto Sicurezza della Lega, confermi che voterà contro il ministro dell'Interno. Per l'ex star della Costa Concordia, la retromarcia di Salvini «è indecorosa» e in Aula potrebbero esserci sorprese, anche se in giunta ha capito benissimo anche lui che i giochi sono fatti. Ma davvero, in Aula, Salvini rischierebbe qualcosa? Si vota sempre a scrutinio palese, il che per un membro del governo è sempre un bel vantaggio, ma un rapido giro di campo tra i grillini, al momento, sembra dire che a Palazzo Madama non dovrebbero esserci smarcamenti. «Abbiamo qualche perplessità a Montecitorio, sul leghista», ammettono dal Movimento, ma è un dato ininfluente perché la partita si apre e si chiude tutta in Senato, ben lontano da Roberto Fico e compagni. In serata arriva la conferma definitiva del rinnovato spirito collegiale grillino. Il premier Giuseppe Conte, da Nicosia, afferma: «Mi assumo la responsabilità del caso Diciotti». E la base internettiana del Movimento? Sui social sembra prevalere la vecchia impostazione filo pm. Ma sono parecchi anche coloro che dicono agli altri di essere «realisti» e di aprire gli occhi sulle strumentalizzazioni, sulle manovre per tornare nelle braccia di un patto del Nazareno o del solito governo tecnico. Alla fine, proprio un caso come quello della Diciotti sembra confermare che aver approvato insieme e «contro tutti» misure come reddito di cittadinanza e quota 100 (in attesa di decine di decreti attuativi) è la miglior polizza assicurativa sull'alleanza di governo.
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