2018-08-31
Sulle pensioni si deve fare giustizia, non cassa. Salvini e Di Maio fermatevi
Gli assegni da decurtare sono quelli elevati, maturati grazie a leggi di favore. È un provvedimento di giustizia, ma Salvini e Di Maio non pensino di ripianare i conti pubblici spremendo anche chi riceve 2.000 euro al mese.Eppure non dovrebbe essere difficile da capire. Un conto è tagliare le pensioni d'oro dei privilegiati. Un conto è tagliare la pensione da 2000 euro di chi ha lavorato una vita. C'è una bella differenza, non vi pare? E allora perché nel dibattito politico italiano, impazzito come la maionese, si mescolano le due cose come se fosse antani (supercazzola permettendo)? Perché partendo dalla sacrosanta esigenza di intervenire sull'assegno previdenziale monstre del signor Mauro Sentinelli (90.000 euro al mese) si arriva a mettere in discussione l'assegno assai meno contestabile del sciur Brambilla, che 90.000 euro non li vede in due anni, nonostante fior di contributi versati? Non vi pare un corto circuito folle e pericoloso? Proviamo a fare chiarezza. Le pensioni d'oro vanno tagliate, è evidente. Lo scriviamo da una vita e lo scriviamo ancor più convintamente ora, dal momento che finalmente diventa possibile farlo. Ma bisogna mettersi d'accordo: quali sono le pensioni d'oro da tagliare? Quelle molto elevate, ovviamente. E maturate non in base ai contributi versati, ma in virtù di leggi di favore. Un esempio? Le pensioni degli ex manager della telefonia pubblica, come il già citato Sentinelli, che hanno goduto di un fondo speciale e iperagevolato. O quelle degli ex di Bankitalia, dove ci sono casi di persone andate in pensione a 44 anni e che oggi percepiscono 18.000 euro al mese (l'ex ministro Stefano Rainer Masera, per esempio). Oppure quelle dei sindacalisti che ancora oggi, in base alle legge 564 del 1996, possono calcolare il vitalizio sull'ultimo stipendio, anziché sui contributi versati (fra l'altro, prima o poi l'Inps ci dovrà dire chi sono il sindacalista «soggetto 19» che incassa 11.750 euro al mese e il sindacalista «soggetto 18» che incassa 9.500 euro al mese, il 66 per cento in più di quello cui avrebbe diritto senza «regalin»…). Mi fermo qui, ma come sapete l'elenco è lungo. C'è qualcuno contrario a intervenire su questi pensioni privilegiate? Io penso che sarebbe sacrosanto. E la proposta contenuta nel contratto fra Lega e M5s andava esattamente in questa direzione: diceva infatti che il governo avrebbe tagliato gli assegni superiori ai 5.000 euro netti che non erano giustificati dai contributi versati. Traduzione: se tu hai versato contributi sufficienti, nessuno ti viene a disturbare. Se tu hai avuto qualche favore e in base a questo favore godi di un ricco vitalizio, ora è il caso che restituisci qualcosa alla collettività. Provvedimento che non farebbe una grinza. E dal quale sarebbe opportuno ripartire, non vi pare? C'è però un problema. Una misura di questo genere di sicuro è popolare e, se fatta con i dovuti modi, anche legittima. Ma non garantisce un risparmio elevato. O, almeno, non garantisce un risparmio così elevato da poter andare ad alzare le pensioni al minimo come si vorrebbe. Per questo si è pensato: prima (proposta Di Maio) di abbassare la soglia dai 5.000 ai 4.000 euro netti (e va beh); poi (proposta di legge D'Uva-Molinari) di slegare il taglio dai contributi versati e di legarlo all'età in cui si è lasciato il lavoro; infine (proposta Alberto Brambilla) di mettere un contributo di solidarietà sulle pensioni superiori ai 2.000 euro. Ma così facendo si è presa una direzione che porta pericolosamente fuori strada, e vi spieghiamo perché. Cominciamo dalla proposta D'Uva-Molinari. L'idea di slegare il taglio dai contributi versati e di legarlo all'età è non solo sbagliato, ma anche paradossale e contraddittoria. Pensateci: da una parte il governo ha promesso di eliminare la Fornero, introducendo quota 100 e quota 41, perché sostiene che non ci si può basare solo sull'età e che ciò che conta davvero sono gli anni di lavoro (e dunque di contributi). E poi, dall'altra parte, il medesimo governo approva una norma che punisce, basandosi solo sull'età, quelli che sono andati in pensione con gli anni di lavoro (e dunque di contributi) giusti. Vi pare sensato? Punire i lavoratori precoci? Colpevoli esclusivamente di aver cominciate ad andare in officina troppo presto? È evidente che una norma che voglia davvero colpire i privilegiati delle pensioni (e non i pensionati) non può che basarsi su ciò che uno ha versato durante la sua carriera. Hai versato poco? Ti chiedo un sacrificio. Hai versato giusto? Ti lascio i tuoi soldi. È lo stesso criterio, per altro, che è stato applicato sui vitalizi alla Camera dei deputati. Dovrebbe essere applicato anche qui. Ma a questo punto resta l'altro dilemma: a chi va applicato? Qual è la pensione d'oro da tagliare? È evidente che considerare d'oro un assegno da 2.000 euro al mese è una follia totale, che ha come unico risultato quello di terrorizzare i pensionati, caso mai non avessero già abbastanza problemi. Si può discutere quota 4.000 euro (netti) al mese, quella proposta di Di Maio, ma resta il dubbio: è davvero necessario? E qui arriviamo al punto della questione, quello che bisogna capire bene per evitare di creare il panico o di provocare incidenti: le pensioni d'oro vanno tagliate, siamo d'accordo, ma questo non è un provvedimento che serve a far cassa. Serve a fare giustizia. Genererà anche un margine, un guadagno, meglio così. Ma non è per quello che lo si fa. E non è da quello che si può pensare di recuperare i soldi per finanziare il resto della manovra. Diciamola chiara: finanziare flat tax, abolizione della Fornero e reddito di cittadinanza tartassando i pensionati è peggio che un crimine, è un errore. Spaventoso. E per spazzare via ogni dubbio a questo riguardo, sommessamente, suggerirei a Salvini e Di Maio di ribattezzare la legge sulle pensioni d'oro, legge Sentinelli. Così tutti capirebbero che l'intenzione è quella di colpire il privilegio. Non il frutto di una vita di lavoro.
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
Rod Dreher (Getty Images)