2020-05-26
Il governo inaugura il portale per i trans
Presidenza del Consiglio e Istituto superiore di sanità lanciano il sito «istituzionale» dedicato a chi vuole cambiare sesso. Ma è tutto un inno a nuovi diritti e teorie gender. C'è pure la propaganda alla legge liberticida anti omofobia, altro che informazione obiettiva.«Può essere difficile capire chi si è. Non dovrebbe essere difficile diventarlo». Il messaggio, cristallino nella sua semplicità, ci viene recapitato da un breve video sulla pagina principale di Infotrans.it, ovvero il «portale istituzionale dedicato al benessere e alla salute delle persone transgender». Il sito Internet è operativo da ieri, e viene presentato come un unicum in Europa: un servizio gestito dalle istituzioni per venire incontro alle esigenze dei transgender. Il tutto nasce da una collaborazione tra «il Centro di riferimento per la medicina di genere dell'Istituto superiore di sanità e l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar)». In sostanza, il portale trans dipende dall'Iss e dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Il direttore generale dell'Unar, Triantafillos Loukarelis, ha annunciato l'iniziativa con strabordante entusiasmo. A suo dire è «una buona pratica che sono certo altri Paesi, anche più avanti di noi in tema di diritti Lgbti, vorranno realizzare basandosi sul nostro esempio. È la dimostrazione che quando istituzioni dello Stato come le nostre collaborano tra di loro coinvolgendo l'esperienza del terzo settore, sono in grado di fare la differenza, contribuendo al miglioramento di migliaia di vite che rischiano altrimenti di essere marginalizzate». Le persone a cui si rivolge il servizio, secondo la responsabile scientifica Marina Pierdominici, sono circa 500.000. Che venga loro offerta assistenza per uscire dalla marginalità, per avere consigli e assistenza di certo non è un male, anche perché le storie di chi vuole affrontare la «transizione di genere» sono spesso gravide di dolore e di complicazioni. Il punto è che, come sempre accade in questi casi, l'operazione appare piuttosto orientata ideologicamente. A partire dal video promozionale, il sito sembra una specie di invito a cambiare sesso. Prevale, ancora una vota, il cosiddetto «approccio affermativo», in base al quale chiunque affermi di sentirsi a disagio nei confini del proprio genere viene incentivato ad affrontare un cambiamento. Da un sito pubblico ci si aspetterebbe un atteggiamento leggermente meno schierato. Facciamo un esempio. Una sentenza della Corte di cassazione, risalente al 2015, ha stabilito che «le persone trans possono ottenere la rettificazione del sesso anagrafico e del nome nei documenti senza l'obbligo di sottoporsi all'intervento di riattribuzione di sesso», anche se la legge del 1982 dice il contrario (cioè che può cambiare nome chi ha cambiato sesso). Che un sito istituzionale aiuti a fare chiarezza su questo punto controverso si può comprendere. Però Infotrans fa qualcosa di più: si premura di celebrare «il diritto di ottenere documenti di identità corrispondenti all'identità ed espressione di genere di ognuno». Questione di sfumature, certo. Però la sensazione è di trovarsi davanti a testi di propaganda, non di informazione. Una sensazione che si acuisce nel momento in cui entriamo nella sezione dedicata alla transfobia, la quale viene presenta come «la maggiore causa dei crimini commessi contro le persone transgender». Posto che in Italia, da qualche anno, i cosiddetti «crimini di odio» sono in calo, specie nei confronti delle persone Lgbt, ci può stare che il sito informi riguardo la transfobia. Ci sta un po' meno che lo stesso sito - espressione delle istituzioni, ripetiamolo - faccia propaganda a favore della legge anti omofobia. Leggiamo infatti su Infotrans: «In tale contesto è auspicabile l'introduzione di una normativa che riconosca in modo specifico il movente omotransfobico di un crimine d'odio». È chiaro che il portale messo in piedi dall'Unar e dall'Istituto superiore di sanità è un veicolo di trasmissione dell'ideologia. È interamente basato sull'acritica accettazione delle teorie gender, e basta aprire una pagina a caso per trovarne conferma. Facciamo un altro esempio. Infotrans ci fa sapere che «l'identità di genere di ciascuna persona può collocarsi all'interno di un infinito numero di possibilità (identificandosi ad esempio come maschio, come femmina, ma anche né come maschio né come femmina o come entrambi)». Ma davvero? Esistono fior di esperti che la pensano in modo diverso, e sono convinti che l'identità sessuale non sia «uno spettro». Il sito però non considera l'idea che esistano posizioni differenti. Anzi, secondo il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, il portale trans veicola «una mole importante di informazioni basate su evidenze scientifiche utili per orientare anche le scelte di salute di questa fascia di cittadini». Ah, quindi adesso le teorie gender sono una «evidenza scientifica»? Speriamo che Brusaferro vada a spiegarlo a chi insiste a ripetere che non esistono, che sono tutta una montatura dei bigotti destrorsi. Trovare un approccio a senso unico su un sito istituzionale inquieta. E inquieta ancora di più la consapevolezza che, qualora passasse la legge anti omofobia, diverrà impossibile esprime un'opinione critica su tali questioni. La propaganda è servita.
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