2022-01-11
Il governo dà i numeri e pure sbagliati I conti di morti e malati non tornano

(Antonio Masiello/Getty Images)
Perfino l’immunologo Abrignani del Cts ha finalmente capito che «non ha senso fornire il dato dei positivi» In troppi entrano in ospedale per curare un’altra patologia e finiscono nel calderone per un tampone casualeQualche volta le virostar se ne escono con dichiarazioni avvedute. «Non ha senso dare il numero dei positivi, la stragrande maggioranza dei quali asintomatici o con lievi patologie. Bisognerebbe aggiornare solo il numero dei ricoveri. Probabilmente classifichiamo come morti da Covid anche i positivi stroncati da altre patologie», dichiarava ieri un’intervista l’immunologo Sergio Abrignani, componente del Cts. La Verità lo sta ripetendo da mesi, basta con il conteggio cumulativo dei pazienti in ospedale e dei decessi, classificati indifferentemente Covid, che non tiene conto delle patologie di cui soffrivano i pazienti al momento dell’entrata in reparto o della sopraggiunta morte. Secondo il rapporto dell’Istituto superiore della sanità, con dati al 5 gennaio, l’incremento del numero delle persone ricoverate nelle aree mediche è del 33%, e del 26% nelle terapie intensive. Uno scenario che «rende necessario invertire rapidamente la tendenza per evitare condizioni di sovraccarico dei servizi sanitari, già oggi fortemente impegnati». Ma il tasso di ricoverati in terapia intensiva tra i non vaccinati (38,5) e di mortalità (34) per 100.000 abitanti, che il bollettino riporta tra il 12 novembre e il 12 dicembre 2021, a quali pazienti si riferisce in realtà? Le 23,2 persone non vaccinate su 100.000 che vanno in terapia intensiva, citate ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza, di che cos’altro soffrono? Erano forse come il malato oncologico finito sotto i ferri, aperto ma subito richiuso perché con metastasi non operabili, e che è stato classificato «caso Covid» secondo quanto ci ha confidato un noto chirurgo? Se non cambiano le modalità di calcolo, continueremo ad avere dati falsati sulla ospedalizzazione e sulla mortalità per il coronavirus. Sono gli stessi esperti, interpellati più volte al giorno su varianti Delta, Omicron e ora Deltacron, ad ammettere che bisogna dare numeri veri, scorporati dal bollettino con cui da due anni ci terrorizzano. Certo, affermazioni rilasciate a denti stretti, sovrastate dalle abituali concioni sui vaccini, ma che sono segnali da cogliere per tornare alla normalità. Già prima di Natale lo sosteneva anche l’infettivologo Matteo Bassetti: «In questo momento oltre il 70% dei pazienti ricoverati al San Martino hanno un problema che non è legato al Covid. Cioè, vengono in ospedale per un’altra ragione e incidentalmente vengono trovati positivi al tampone. Ci può essere quello che arriva perché si è fratturato il femore, il nefropatico, il cardiopatico, qualsiasi tipo di altri malati. Spero che il Cts tenga conto di questi dati, con i vaccini il carico assistenziale oggi è molto diverso», affermava il professore che auspicava un diverso «criterio per la colorazione delle regioni». Cosa che ancora non viene fatta, basta il tampone positivo all’ingresso in ospedale per cancellare ogni altra malattia e far passare tutti come nuovi casi Covid, da elencare nell’inutile bollettino giornaliero e per alterare gli indicatori regionali, utilizzati dalla cabina di regia quando decide il cambio di fascia di una regione con relative restrizioni. Sempre ieri Massimo Antonelli, direttore rianimazione e terapia intensiva del policlinico Gemelli di Roma, spiegava al Fatto Quotidiano che i pazienti non vaccinati del suo reparto hanno dai 30 agli 80 anni e «tutti con fattori di rischio che abbiamo visto nella prima ondata come diabete, ipertensione, obesità. Alcuni hanno patologie che li rendono più fragili». Perché vengono conteggiati indifferentemente Covid? Così come «i vaccinati arrivati alla seconda dose», che sempre secondo il professore «hanno polipatologie, situazione di immunodepressione, quindi soggetti fragili. Alcuni di questi anche anziani». Se muoiono, un colpo di spugna cancella la loro storia clinica e finiscono solo vittime del maledetto virus cinese. Non c’è modo di vederci chiaro in quanto riferisce il ministero della Salute da inizio pandemia. Eppure interventi autorevoli fanno capire che non è così come ce la raccontano. «Quasi l’80% dei contagiati da Omicron è pauci o asintomatico. Tanto che all’Inmi la maggior parte li trattiamo negli ambulatori e non ci sono ospedalizzati», ha dichiarato pochi giorni fa Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Istituto per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, in un articolo uscito sul Corriere della Sera. Secondo Paolo Bonfanti, direttore unità operativa di malattie infettive dell’Azienda socio sanitaria territoriale di Monza, «è sempre maggiore anche il numero delle persone positive al test, ricoverate per patologie diverse dal Covid, senza segni di polmonite attiva», come effetto della nuova variante sudafricana. «Gli ospedali si devono quindi attrezzare a gestire l’epidemia in modo diverso», fa presente l’esperto. Al contrario, si alzano allarmi continui e ingiustificati che non tengono conto della nuova realtà sanitaria. «Stanno aumentando i ricoveri nella fascia d’età sotto i 19 anni», segnalava ieri la presidente della Società italiana di pediatria, Annamaria Staiano. Poi leggi i dati e scopri che nel mese con forse più contagi del 2021, i positivi (non i malati!) in quella fascia di età sono stati circa 160.000, con 5 ingressi in terapia intensiva e un decesso.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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