2022-07-13
Il governo apre al salario minimo ma boccia lo scostamento di bilancio
Dopo il tavolo con i sindacati, il premier annuncia un nuovo decreto entro fine mese con interventi su cuneo e stipendi senza parlare di cifre. Matteo Salvini attacca: «Servono 50 miliardi. Con i microbonus non si risolve nulla».Il consumatore-contribuente paga; lo Stato incassa (grazie all’impennata del gettito Iva); i grillini da un lato e i sindacati dall’altro apparecchiano nuovi piani di spesa e sussidi; e il governo tira a campare e si allunga la vita, per un verso provando a tenersi buona la Triplice e per altro verso «ricomprando» un M5s recalcitrante. Nelle intenzioni degli sceneggiatori di Palazzo Chigi, sarebbe questo il film da mandare nelle sale. E la trama è stata anticipata ieri in un incontro di un’ora e mezzo: da una parte del tavolo, Mario Draghi con quattro ministri (Andrea Orlando, Giancarlo Giorgetti, Renato Brunetta e Stefano Patuanelli); dall’altra i segretari della trimurti sindacale Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri. Curiosamente, nelle foto ufficiali, i tre sindacalisti erano tutti imbavagliati, mentre il premier e i ministri comparivano senza mascherina.Al termine del vertice, si è registrata una certa divaricazione tra Cisl e Cgil. Sbarra ha infatti valorizzato l’idea di «un confronto strutturato e permanente con le parti sociali». Per questo, il leader della Cisl ha definito l’incontro «positivo, potenzialmente decisivo». E qui Sbarra ha riferito l’intenzione governativa di varare a fine luglio «un nuovo decreto a sostegno di salari, pensioni e famiglie». Quindi ci sarebbe un nuovo incontro con i sindacati tra il 26 e il 27 luglio, e a seguire il cdm per il varo del decreto. Assai più critica la reazione di Landini per la Cgil: «Numeri non ci sono stati fatti. Ci si è fermati a temi come la difesa del potere d’acquisto, la precarietà, il salario minimo. Al momento non abbiamo risposte. Sul piano del metodo c’è una novità, non su quello dei contenuti».Oltre all’intervento di fine mese, il governo si è lanciato su un grande classico, un evergreen, e cioè l’apertura dei mitici «tavoli». Stavolta se ne prevedono in abbondanza: sul cuneo fiscale, sulla lotta alla precarietà, sul salario minimo, sulla legge di bilancio futura, sul Pnrr. Questi tavoli dovrebbero essere operativi (o essere potenziati, per quelli teoricamente già esistenti) a partire dal 23 luglio.E verso le 16.45 questi stessi contenuti sono stati ribaditi da Draghi in una conferenza stampa in cui il premier era accompagnato da Orlando e Giorgetti. Per ciò che riguarda eventuali interventi sul cuneo fiscale, si è rimasti nel vago. L’ipotesi che circola tra Palazzo Chigi e Mef è quella di un intervento in due tempi, tra il decreto di luglio e la legge di bilancio. Quanto invece al salario minimo, Orlando ha confermato la sua cornice: ancorare a ciò che si prevede nella contrattazione collettiva anche i settori che da quei contratti non sono coperti. Messa così, sarebbe più che altro una bandierina per consentire a sinistra e grillini di rivendicare un risultato.In conferenza, Draghi ha molto enfatizzato l’idea di un «patto sociale» con i sindacati, secondo una retorica di unità per affrontare le sfide dei prossimi mesi. Il premier ha a più riprese usato l’aggettivo «corposo» per riferirsi al decreto che sarà varato a fine luglio, sottolineando i 33 miliardi già spesi nei mesi passati. E fin qui si è trattato della ripetizione di cose già sentite.Forse un accento diverso dal passato si è colto quando Draghi, pur registrando gli ultimi dati di crescita, ha ammesso che si sentirebbe «esitante» considerando «i rischi dei prossimi trimestri»: insomma, la storia del «boom» economico, cara ad alcuni dei suoi ministri, il premier non si sente più di raccontarla. L’altro aspetto - questo invece in totale continuità con i mesi passati - è stato il no a uno scostamento di bilancio («Per ora non lo vediamo necessario»). In altre parole gli interventi di luglio potrebbero avvenire sulla base degli aumentati incassi Iva, mentre coperture più strutturali interverranno con la legge di bilancio. Draghi ha anche smorzato l’enfasi di chi provava a descrivere il prossimo decreto di fine luglio come un anticipo della finanziaria: ha invece insistito sul fatto che, trattandosi di misure volte a «mitigare l’impatto del costo della vita», non si sarebbe potuto attendere l’iter della legge di bilancio. Dura la reazione del Carroccio. «La Lega è da un anno e mezzo responsabile e leale, lascio agli altri gli strappi. Noi non mandiamo le letterine di Babbo Natale come qualcuno, aspettando che succeda qualcosa», ha detto Matteo Salvini dopo la conferenza stampa, «Ho letto che Draghi dice che non c'è bisogno dello scostamento di bilancio, io la penso in maniera contraria: qui o si mettono 50 miliardi veri nelle tasche degli italiani oppure con i microbonus non si risolve nulla».Resta in conclusione una tripla sgradevole sensazione. Primo: il governo rimane vaghissimo nelle sue intenzioni, e punta più che altro a sovrapporre le richieste sindacali a quelle dei 5 stelle, per rabbonire gli uni e gli altri. Secondo: dai sindacati vengono obiettivi di sostanziale conferma e potenziamento del sistema di sussidi. In un mondo che cambia, non cambia invece una mentalità spendacciona e in ultima analisi sempre meno collegata a lavoro, impresa, creazione di ricchezza. E più in generale, nella maggioranza, non si vede chi sia pronto a dare davvero battaglia (dichiarazioni di maniera a parte) per mettere in discussione gli 80 miliardi stanziati per il reddito di cittadinanza da qui al 2029. Terzo: come sempre autonomi, partite Iva e piccole imprese appaiono totalmente dimenticati. A loro si chiede solo di essere tartassati: da fisco e costo della vita.
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Ll’Assemblea nazionale francese (Ansa)