2020-11-01
Il governo a un passo dal lockdown vuole lasciare il cerino alle Regioni
Giuseppe Conte e Roberto Speranza (Ansa)
La chiusura potrebbe arrivare già domani, partendo dalle grandi città. Nel nuovo dpcm probabile il divieto di oltrepassare i confini regionali. Poi tocca alla scuola. Il centrodestra respinge la cabina di regia: «Tardi».Si chiude. Lo scenario 4, ovvero il lockdown, è cosa fatta. Non ancora su scala nazionale, scatterà nelle aree metropolitane di Milano, Napoli, Bologna, Torino e Roma dove l'accelerazione del contagio è più forte. Questa mattina ci sarà l'incontro decisivo tra governo e Regioni, nel pomeriggio avranno luogo altre riunioni con ministri e capidelegazione, domani il premier Conte riferirà in Parlamento. Il tavolo con le forze parlamentari, comprese le opposizioni, sarà guidato dal ministro della Salute, Roberto Speranza. Anche se la minoranza ieri in serata ha inviato al governo un no compatto, a una sola voce. «Fin dall'inizio della pandemia il centrodestra ha anteposto l'interesse dell'Italia all'interesse politico», si legge nel comunicato congiunto della coalizione, «oggi il governo ipotizza una “cabina di regia" con le opposizioni, ma il ravvedimento appare tardivo». Per cui niente «operazioni di Palazzo», fanno sapere Lega, Fi e Fdi.Sfumata l'opzione delle larghe intese, l'ipotesi più probabile resta quella di un nuovo dpcm già domani, che dovrebbe chiudere i confini regionali, i negozi e altre attività, oltre a prevedere lockdown locali laddove l'indice Rt sia più alto. Non solo, l'esecutivo starebbe valutando di predisporre hotel Covid dove ospitare persone che non hanno spazio sufficiente a casa per essere in sicurezza. Le regioni considerate dall'Istituto superiore della sanità «a rischio elevato di una trasmissione non controllata» del virus sono 11: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Val d'Aosta e Veneto. Nel tardo pomeriggio di ieri era stata convocata una riunione urgente del Comitato tecnico scientifico, per valutare i nuovi dati e fornire al governo indicazioni specifiche su quei territori che al momento presentano maggiori criticità e dove sarebbero necessari nuovi provvedimenti per frenare la curva dei contagi. Giuseppe Conte, riunito in precedenza con i capi delegazione della maggioranza, con il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, e con il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, ha definito «molto preoccupanti» i numeri del Covid, assicurando: «Stiamo lavorando per capire se servono nuove misure». Sa benissimo che se i dati peggiorano, come sta accadendo, sono i governatori a chiedere più strette. Compresi eventuali confinamenti. Così non sarebbe più il premier a imporre un nuovo decreto, a distanza ravvicinata da quello del 24 ottobre scorso. Il pressing sull'esecutivo è forte, i dem sono stanchi di un Conte attendista e vogliono accelerare, avallando chiusure mirate e limiti agli spostamenti tra le Regioni. A saltare saranno dunque scuole e università, diventando da remoto per tutte le zone rosse. «Noi continuiamo a difendere fino alla fine la didattica in presenza. Ma dobbiamo mantenerci vigili per seguire e assicurare la tutela della salute de tessuto economico», ha messo le mani avanti il premier. Addio linea condivisa con il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina: la Dad oggi è diventata una necessità per Conte, che però lascia fare ai presidenti delle Regioni. Se vogliono tenere a casa tutti gli studenti perché non riescono a gestire i contagi nelle aule e sui mezzi di trasporto pubblico, sarà responsabilità dei governatori, non di Giuseppi. «I numeri sono molto preoccupanti in tutta Europa», insisteva ieri. Però Germania, Francia e Spagna non hanno chiuso le scuole come già ha deciso al 75 per cento questo governo, che ora si appresta a comprimere il diritto allo studio per tutti i nostri studenti. Anche ieri, intanto, situazione complicata nei pronto soccorso. Il virologo Andrea Crisanti continua a ripetere che si doveva chiudere prima e già si vede «una parcellizzazione della trasmissione del virus, ormai è diffusa in tutto il Paese». Il professore non scarta l'idea di «chiusure meno severe nelle regioni con una minore diffusione». Nelle regioni dove saranno decise chiusure non si potrà entrare né uscire se non per «comprovate esigenze» di lavoro, salute e urgenza. «Stiamo cercando di mettere in campo misure per ridurre gli spostamenti al fine di scongiurare il lockdown», dichiarava venerdì sera il ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli. Emiliano Deiana, presidente dell'Anci Sardegna, ha lanciato sui social l'appello «Stop mobilità». Escluse le persone che devono muoversi «per lavoro, studio o salute», invita i cittadini a restare a casa, così «più velocemente la curva del contagio si abbassa». Deiana ipotizza «la circolazione su mezzi privati a targhe alterne», però non è d'accordo sulla didattica a distanza generalizzata, ritiene che debba essere alternata a quella in presenza per elementari, medie e superiori. La sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, sostiene che «lo sforzo e l'impegno devono essere quelli di lasciare aperte le materne, le elementari e le medie inferiori. Una priorità, non una variabile. Bisogna garantire il diritto di tutto ciò che è piccolo». Esaminando con Affariitaliani.it i possibili scenari delle chiusure nei territori «dove l'andamento dei contagi è peggiore», la Zampa ipotizza «la chiusura di alcune attività anziché alle ore 18, prima, oppure tornare alla capienza massima del 50 per cento e non oltre sui mezzi di trasporto come autobus e metropolitane».
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)