2023-01-15
Il giudice che tra scandali e censura ha dichiarato guerra a Bolsonaro
Alexandre De Moraes (Wikimedia)
Alexandre De Moraes, membro della Corte suprema brasiliana, ha approfittato dell’assalto al Parlamento per oscurare sui social i sostenitori dell’ex presidente. Mossa non nuova alla toga, colpita in passato da accuse di corruzione.Mentre continua la resa dei conti all’interno degli apparati di sicurezza brasiliani, l’ex ministro della Giustizia del governo Bolsonaro, Anderson Torres, ieri mattina è stato arrestato dalla polizia federale dopo essere rientrato dalla Florida a Brasilia. La sua carcerazione preventiva è stata decretata martedì scorso per «le presunte omissioni intenzionali che avrebbero contribuito ad atti di vandalismo nella capitale». Torres era responsabile della sicurezza del Distretto federale il giorno della rivolta, ma quel giorno non era nel Paese - si era recato in vacanza in Florida, dove si trova anche Jair Bolsonaro - e la polizia sotto il suo comando è stata ritenuta insufficiente per far fronte alle manifestazioni. Mentre l’ex ministro della Giustizia era all’estero, la polizia federale ha perquisito la sua abitazione, dove ha trovato una bozza di un decreto che, se firmato, avrebbe consentito all’allora presidente Bolsonaro di rovesciare l’esito delle elezioni. In pratica, se questo documento fosse stato adottato, Bolsonaro avrebbe escluso l’organo che presiede le operazioni di voto, capovolgendo l’esito della competizione elettorale del 30 ottobre 2022, che ha visto prevalere Luiz Inácio Lula da Silva, seppur con un margine inferiore al 2%. Ma la bozza era su carta intestata con la data e la firma di Bolsonaro? No, si tratta in realtà di un semplice appunto che avrebbe potuto scrivere chiunque per farlo ritrovare al momento opportuno, dove non c’è nessuna data, così come non c’è la firma di Bolsonaro. Nonostante sia evidente che si tratti di un documento che non ha nessun valore e che non prova nulla, la stampa internazionale ha scelto la narrazione del «decreto che prova il golpe». Ma si è visto mai un colpo di Stato fatto senza armi, senza l’arresto o la morte del presidente o del primo ministro, con la gente in ciabatte che spaccava tutto nei palazzi del Congresso con tanto di selfie e diretta Facebook, un golpe fatto senza l’occupazione dei centri nevralgici del Paese, ad esempio la televisione di Stato? Chi lo ha mai visto un golpe così? Preso atto che quanto accaduto a Brasilia è stata una inaccettabile e violenta protesta organizzata dai sostenitori di Bolsonaro (e non solo), non sono pochi coloro che sono preoccupati per il clima di restaurazione che Lula sta imprimendo su tutte le strutture del potere brasiliano. Braccio armato dell’operazione è naturalmente la magistratura e in particolare la Corte suprema brasiliana. In questo senso, tra i più attivi in questi giorni c’è il giudice Alexandre de Moraes, membro della Corte Suprema del Brasile, già membro del partito socialdemocratico brasiliano e da tempo nemico giurato di Bolsonaro. Il giudice, negli ultimi giorni, ha ordinato alle piattaforme di social media Facebook, Twitter e TikTok di bloccare la «propaganda golpista», sospendendo diversi profili, anche di deputati, ritenuti filogolpisti. Una censura definita «preoccupante» da Elon Musk, proprietario di Twitter. A 5a anni, cattolico, sposato e padre di tre figli, Alexandre de Moraes è un puro prodotto dell’élite di San Paolo. È in questo Stato, in una delle università più prestigiose del Paese, che ha conseguito la laurea in giurisprudenza nel 1990, prima di indossare l’abito di procuratore. Nel 2002, a 33 anni, è diventato il più giovane segretario alla Pubblica sicurezza nello Stato di San Paolo, poi ministro della Giustizia per il Brasile (2016-2017) nel governo di Michel Temer. Figura mediatica dal portamento elegante e dai toni diplomatici, de Moraes ha voluto incarnare nei minimi dettagli l’opposizione istituzionale al presidente populista del Brasile, Jair Bolsonaro. Secondo quest’ultimo, il magistrato sarebbe la «menzogna personificata». Alexandre de Moraes nella sua carriera è stato coinvolto in diversi scandali legati alla corruzione, ad esempio l’operazione Acronym, lanciata il 29 maggio 2015, a Goiás, Minas Gerais, Rio Grande do Sul e Distretto Federale, dalla Polizia federale e dal Pubblico ministero federale, che hanno sequestrato documenti che indicavano pagamenti sommati di almeno 4 milioni di dollari all’allora ministro del Tribunale federale e presidente del Tribunale elettorale superiore, Alexandre de Moraes. I soldi venivano da una società che faceva parte del più grande schema di corruzione della nazione, che coinvolgeva il Partito dei lavoratori (nel quale milita Lula). Nonostante numerose accuse di corruzione e controversie, de Moraes fu nominato ministro della Corte suprema federale dal presidente Michel Temer il 22 febbraio 2017, succedendo al ministro Teori Zavascki, morto il 19 gennaio 2017 in un incidente aereo, mentre si occupava delle indagini sui politici legati al più grande schema di corruzione della nazione. Poi de Moraes fu al centro di un’altra polemica quando il quotidiano brasiliano Estadão pubblicò un’inchiesta in cui sosteneva che era intervenuto per difendere la cooperativa Transcooper, sospettata di essere legata al principale gruppo di narcotrafficanti del Brasile, il Primo comando della capitale. Nel corso degli ultimi anni la Corte suprema del Brasile (di nomina politica) ha drasticamente ampliato il suo potere disponendo non di rado arresti spettacolari quanto avventati. La Corte suprema del Brasile era già un’istituzione potente. Negli Stati Uniti, la Corte suprema interviene su 100-150 casi all’anno. In Brasile, gli 11 giudici e gli avvocati che lavorano per loro hanno emesso 505.000 sentenze negli ultimi cinque anni. Un caso clamoroso è quello di otto amici imprenditori che in un gruppo WhatsApp si lamentavano dell’inflazione oppure scrivevano, come ha fatto Jose Koury il 31 luglio 2022: «Preferisco un colpo di Stato al ritorno del Partito dei lavoratori». La mattina dopo gli agenti federali hanno fatto irruzione nelle loro case e le autorità hanno congelato i loro conti bancari, citato in giudizio i loro registri finanziari, telefonici e digitali e hanno chiesto ai social network di sospendere alcuni dei loro conti. Alexandre de Moraes ha anche messo in carcere cinque persone senza processo per dei post sui social media che, secondo lui, attaccavano le istituzioni brasiliane. Lindora Araújo, vice Procuratore generale del Brasile aveva presentato ricorso contro l’ordine di de Moraes affermando che «il giudice aveva abusato del suo potere prendendo di mira loro per aver semplicemente espresso opinioni in una chat privata», aggiungendo che «il suo ordine somigliava a una sorta di polizia del pensiero che è caratteristica dei regimi autoritari». Infine, mentre scriviamo, si apprende che la Corte Suprema indaga Bolsonaro per i reati di «istigazione e paternità intellettuale dell’attacco», ed in particolare per un video pubblicato dall’ex presidente «che mette in dubbio la regolarità delle elezioni».
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)