2019-12-24
Il giro di poltrone sui servizi energetici non lo digerisce nemmeno Mattarella
Inserita nel Milleproroghe una regola per commissariare l'ente attraverso l'ad Roberto Moneta. La norma è a rischio incostituzionalità.C'è forte irritazione dalle parti del Quirinale per il tentativo di commissariare del Gse, il Gestore dei servizi energetici che incassa parte dalle nostre bollette e ha in cassa circa 12 miliardi di euro da destinare alle energie rinnovabili. Tale è il disappunto - secondo quanto filtra tra i collaboratori più stretti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella - che si sta già parlando di un possibile stralcio dell'articolo contenuto nel Milleproroghe.I pompieri sono al lavoro sull'asse 5 stelle e Partito democratico, nel tentativo di evitare in extremis una crisi istituzionale. Del resto al Colle non è sfuggito che il provvedimento mostra evidenti problemi di legittimità costituzionale, dal momento che non vi sono ragioni di urgenza per commissariare. Inoltre su organi tecnici non è prevista dall Costituzione alcun tipo di intervento politico. Siamo di fronte a un classico spoils system, un colpo di mano, con cui la parte dei 5 stelle più vicina alla Casaleggio associati vuole per di più insediare come commissario l'attuale amministratore delegato Roberto Moneta, già nominato nel 2018 in quota M5s. Dietro l'operazione ci sarebbe l'ex sottosegretario allo Sviluppo Economico Davide Crippa, unico tra i grillini a masticare un po' la materia e molto vicino a Davide Casaleggio, il socio fondatore del movimento. Tra i 5 stelle non tutti sarebbero d'accordo, anche perché Crippa, che era al Mise con Luigi Di Maio nel precedente governo, non gode della fiducia del Movimento, tanto che non è stato riconfermato nel governo giallorosso. L'articolo contenuto nel Milleproroghe, quindi, rischia di spaccare ancora di più i grillini su un terreno troppo importante anche per il Colle, dal momento che il Gse è un asset strategico controllato dal ministero dell'Economia: il Mise definisce solo gli indirizzi strategici. D'altra parte che la situazione interna al gestore fosse ormai disperata era noto da mesi, come più volte scritto dalla Verità. Moneta e il presidente Francesco Vetrò non si parlano più da tempo. I motivi sono diversi. Dalla mancata decisione di stipulare una convenzione con l'Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie da dove arriva Moneta), fino ai pareri della Corte dei conti su alcune nomine, il 2019 per il gestore delle energie rinnovabili è stato un Vietnam. L'azienda è tra le più importanti in questo momento storico, perché da qui passano tutti gli incentivi per l'economia verde. Quando al Mise c'era ancora Di Maio, era febbraio, la Corte di conti mosse più di un rilievo alla riorganizzazione interna voluta proprio da Moneta. Nell'occhio del ciclone era finito Daniele Novelli, capo incentivi della struttura (un incarico chiave) che era stato nominato senza aver partecipato a un bando e senza neppure una valutazione. Proprio Novelli era compagno di ufficio di Moneta quando entrambi lavoravano al ministero. Ma sono state diverse le nomine finite sotto la lente della magistratura contabile e finite sulla scrivania di Vetrò.A questo si è aggiunto il tentativo da parte di Moneta di stringere un accordo con l'Enea (dove è ancora in aspettativa), una mossa che aveva subito allarmato sempre il ministero dell'Economia e della finanze che più volte aveva chiesto di monitorare i costi, aumentati con la crescita del personale. Non solo. Il commissariamento del Gse ha iniziato a preoccupare anche le controllate del gestore. Tra queste c'è l'Acquirente unico, il garante (affidato per legge) della fornitura di energia elettrica, storico avamposto del Partito democratico, o meglio della vecchia sinistra Ds. Qui il presidente e amministratore delegato è Andrea Peruzy, storico segretario della Fondazione italiani europei di Massimo D'Alema: nel comitato di indirizzo della fondazione siedono anche Francesco Boccia e Nicola Zingaretti. Insomma è evidente che il blitz non va bene neppure al Pd che si ritrova già alle prese con le proroghe di Agcom e Garante della privacy, dove siedono tutt'ora due presidenti nominati dal governo di Mario Monti nel 2012. Inoltre sulla nomina del commissario, che secondo il provvedimento contenuto nel Milleproroghe deve essere trovato entro 15 giorni, rischia di consumarsi una battaglia all'interno del Mise di Stefano Patuanelli. Tra i grillini c'è chi spinge per nominare il capo di gabinetto Vito Cozzoli, ma sarebbe un modo per metterlo fuori dai giochi. Meglio lo stesso Moneta, a questo punto. A meno che il Colle non intervenga, come nel suo stile. La Lega, nel frattempo, attacca: «È un provvedimento aberrante, un atto di barbarie giuridica, che costituisce un vero e proprio schiaffo ai più elementari principi di diritto: uno spoils system mascherato, che denuncia ancora una volta la smania di questo governo di mettere le mani su quante più poltrone possibile», dice Giulio Centemero.
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