2019-10-02
Sotto il deficit non c'è niente
La frase pronunciata domenica dal presidente del Consiglio per risolvere l'enigma della manovra finanziaria del 2020 è già diventata un must della comicità involontaria. «Trovati i 23 miliardi che servivano a sterilizzare l'aumento dell'Iva», ha annunciato trionfante Giuseppe Conte tre giorni fa. «E dove?», si sono chiesti tutti. «Dentro a 'na giacca che non me mettevo da gennaio» ha risposto Osho, in una delle sue fotografie con annessa battuta. Ironia in romanesco, quella del vignettista, che serve però a sottolineare una cosa: ossia quanto poco credibili siano gli annunci di Palazzo Chigi in queste ore, soprattutto sull'argomento quattrini. Già, perché dopo aver varato un governo che doveva scongiurare l'aumento dell'Iva, Pd e 5 stelle non sapevano più come fare a tener fede (...)(...) alla promessa. Così, passate notti intere a prendersi a schiaffi, alla fine si sono fatti venire l'idea del secolo. Invece di aumentare le tasse, aumentiamo il debito. Già, perché al momento la grande trovata partorita dall'avvocato del popolo e dai suoi compagni si chiama flessibilità. Niente di nuovo, intendiamoci. Il sostantivo era già stato usato da Matteo Renzi allorquando decise di comprare con 80 euro il consenso di alcuni milioni di elettori. Il bonus sganciato dal governo un attimo prima che si aprissero i seggi per le europee fu infatti finanziato con la flessibilità, ossia con il deficit, spendendo soldi che non avevamo, ma che si disse avremmo trovato con la spending review. Come è noto a tutti, le spese non furono tagliate e di riflesso il debito aumentò.Oggi Conte vuol seguire l'esempio del suo maestro in fatto di parola d'onore. Dunque, per mantenere la promessa di non aumentare le imposte, ha deciso di aumentare il deficit, che nel 2020 invece di scendere salirà. Ricordate le polemiche dell'anno passato sul 2,4 reclamato da leghisti e grillini che poi, in seguito alle pressioni di Bruxelles, scese a 2,04, e cioè a 0,36 punti meno? Bene, per far quadrare i conti, il nuovo ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, si impegnerà con la Ue a non andare oltre il 2,2 per cento, spendendo quindi più dello scorso anno. Il giochino dello zero virgola in cifre vale 15 miliardi, soldi che cioè prenderemo a debito.Qualche lettore attento, però, potrebbe obiettare: ma Conte dice di aver trovato nella tasca della giacca che non metteva da gennaio 23 miliardi. E gli altri 8 dove li ha presi, visto che quelli a debito sono 15? La risposta è semplice: se li è inventati. Così come l'altro anno nelle riunioni tra Palazzo Chigi e ministero dell'Economia avevano magicamente escogitato la somma di 18 miliardi da ricavare con le privatizzazioni (che non ci sono state), questa volta i geni della lampada di governo hanno fatto apparire un altro trucco. Invece della vendita delle quote del Tesoro nelle società pubbliche, ecco dunque spuntare miliardi di ricavi dalla lotta all'evasione. Non c'è esecutivo che nel passato non abbia provato a scrivere nel bilancio i proventi della guerra ai furbi, ma ogni volta la Ue ha stoppato il tentativo, giudicando aleatoria ogni cifra apposta nel conto economico di previsione. I consuntivi, di solito, poi hanno dato ragione agli occhiuti funzionari europei, perché i ricavi sono quasi sempre stati inferiori alle stime. Ma stavolta Conte e compagni hanno sparato alto e, dopo aver annunciato iniziative per favorire l'uso delle carte di credito, hanno messo nel conto degli introiti ben 7 miliardi di euro. Come si giustifica una tale cifra? I novelli ragionieri dello Stato spiegano che questa montagna di denaro arriverà grazie agli incentivi all'uso della carta di credito. In pratica, chi farà acquisti con Visa, Nexi, Mastercard o American express, tanto per rimanere ai sistemi di pagamento più noti, si vedrà restituito un 2 per cento di Iva. Ma, premesso che se qualcuno vende in nero, pur di continuare a farlo credo sia disposto a concedere all'acquirente uno sconto superiore a quello che farebbe il fisco, lo sconto che è stato chiamato bonus Befana (il 2 per cento, pare di capire, verrebbe rimborsato in un'unica soluzione il 6 gennaio) non è gratis. Infatti, secondo Confindustria il costo del provvedimento graverebbe sulle casse dello Stato per 5,7 miliardi. Dunque, perché l'operazione funzioni e non sia in perdita, lo Stato dovrebbe recuperare in un sol colpo, cioè nel 2020, la bella somma di 12,7 miliardi di tasse non pagate. Obiettivo che sembra un po' più che ambizioso, ma si potrebbe definire fantasioso. Tradotto, tutto ciò significa una sola cosa e cioè che i 23 miliardi non sono affatto stati trovati nella tasca della giacca invernale del premier, ma semplicemente, con un gioco di prestigio, sono stati fatti sparire, pronti però a ritornare appena si rifaranno i conti. Per dirla tutta, questa manovra pare una di quelle meteore che attraversano il cielo prima di schiantarsi. Una meteora che guarda caso cascherà il giorno dell'Epifania. La quale, come dice il detto, tutte le feste si porta via. E anche i soldi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)