2019-08-14
Il Giglio magico passerà l’autunno alla sbarra
Matteo Renzi ha un motivo familiare per voler tornare al governo: a settembre e ottobre sono attese sentenze e udienze decisive dei processi a babbo e mamma. Vanno avanti anche i procedimenti contro i fedelissimi, da Luca Lotti a papà Boschi e Francesco Bonifazi.E se la smania di sostenere un governo «istituzionale» di Matteo Renzi avesse qualche collegamento con l'assedio giudiziario a cui è sottoposto il suo Giglio magico? È cronaca recente l'indagine sul mercato delle toghe al Csm, le cui intercettazioni ci regalarono quasi in diretta i maneggi dei parlamentari del Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri per sistemare le Procure di Firenze e Roma, dove sono in corso delicati processi contro i famigliari e i collaboratori di Renzi.L'ossessione sembrava in particolare quella di far saltare la poltrona di Giuseppe Creazzo, giunto a Firenze nel 2014 con Renzi premier e probabilmente per questo considerato una specie di nemico al quadrato, il magistrato da spostare a tutti i costi. Appena entrarono a Palazzo Chigi Renzi e Lotti si diedero un gran da fare per conquistare alla causa numerose toghe, anche con leggi che portarono a un rapido e tumultuoso ricambio ai vertici dei Palazzi di giustizia.Nel 2016, con Renzi capo del governo, il tribunale di Genova, su richiesta della Procura, decise di archiviare Tiziano Renzi da un'accusa di bancarotta. Il proscioglimento, come rivelò questo giornale, si era basato sul falso presupposto che Renzi senior e il sodale Mariano Massone avessero rotto i ponti nel 2010, mentre altri inquirenti dimostreranno negli anni successivi che il sodalizio è andato avanti almeno sino al 2018. Sempre nel 2016, quasi nel silenzio generale, vennero iscritti sul registro degli indagati il cognato del fu Rottamatore, Andrea Conticini, e i due fratelli per appropriazione indebita e riciclaggio nell'inchiesta sui fondi Unicef e di altre organizzazioni umanitarie. L'inchiesta è rimasta sotto traccia sino al 2018, anche se non solo non è stata archiviata, ma grazie a una rogatoria internazionale ha avuto una svolta e ha portato a ottenere la denuncia da parte di una delle Ong coinvolte, necessaria per andare avanti. Per i Conticini è attesa la fissazione dell'udienza propedeutica al rinvio a giudizio, chiesto il 2 luglio dalla Procura fiorentina.La palma di piccola Procura coraggiosa va, però, a quella di Cuneo che ha iscritto sul registro degli indagati la mamma di Renzi, Laura Bovoli, l'8 febbraio 2018 (alla vigilia delle elezioni del 4 marzo e con il Pd ancora al governo) per concorso in bancarotta. Il 28 febbraio 2019, la signora è stata rinviata a giudizio e a giugno è iniziato il processo (prossima udienza il 18 settembre).Non basta: la Procura di Cuneo nel 2016 ha trasmesso per competenza territoriale ai magistrati di Firenze e Genova documenti e informative di polizia giudiziaria ritenuti degni di approfondimento, quando non vere e proprie notizie di reato. Carte anticipate in parte nel primo numero di questo giornale.E grazie a quegli atti è arrivata la svolta: gli inquirenti toscani nell'ottobre del 2017 hanno inviato la Guardia di finanza ad acquisire documentazione contabile e messaggi di posta elettronica dell'azienda di famiglia dei Renzi e quasi contemporaneamente hanno iscritto i genitori per il reato di false fatturazioni e successivamente per quello di concorso in bancarotta. La Verità annunciò le iscrizioni a fine 2017, ma per avere la conferma della notizia si dovette attendere il 23 marzo 2018, 19 giorni dopo le elezioni, quando i genitori vennero convocati per un interrogatorio, in cui si avvalsero della facoltà di non rispondere. Il 4 settembre 2018 il gup ha rinviato a giudizio la coppia, il processo è iniziato il 4 marzo 2019 e si prevede che arriverà a sentenza il prossimo 7 ottobre. «Che mi processino il più velocemente possibile» aveva chiesto Tiziano Renzi con una lettera aperta pubblicata a pagamento su un giornale. E i magistrati lo hanno accontentato: 13 mesi per passare dal rinvio a giudizio alla sentenza. Nel febbraio del 2019 i genitori sono stati addirittura arrestati su richiesta del procuratore Luca Turco per il pericolo della reiterazione dei reati di bancarotta e false fatturazioni.A settembre dovrebbe arrivare anche l'avviso di chiusura indagini per le tre bancarotte (Delivery Italia service, Europe service e Marmodiv) di cui sono accusati in concorso i genitori, considerati gli amministratori di fatto di tutte e tre le ditte. Ma che per i Renzi l'aria nei Palazzi di giustizia sia diventata pesante è confermato da altre decisioni. Nell'ottobre 2018 la Procura di Roma, dopo oltre due anni di indagini, avviate dai colleghi napoletani, ha deciso di chiedere il rinvio a giudizio per Luca Lotti e il generale Emanuele Saltalamacchia per il reato di favoreggiamento, ma contemporaneamente ne ha chiesto l'archiviazione per quello di rivelazione di segreto. In più i pm capitolini, nell'autunno scorso, hanno presentato istanza di proscioglimento dall'accusa di traffico di influenze illecite per Tiziano Renzi. Ma le decisioni dei magistrati romani hanno fatto infuriare il pm Luca Palamara, il principale indagato dell'affaire Csm, il quale in un'intercettazione ha esclamato: «Vedi Luca (Lotti, ndr), io come ti ho già detto una volta, mi acquieterò solo quando Pignatone (Giuseppe, sino a maggio procuratore di Roma, ndr) mi chiamerà e mi dirà che cosa è successo con Consip. Perché lui si è voluto sedere a tavola con te, ha voluto parlare con Matteo, ha creato l'affidamento e poi mi lascia con il cerino in mano. Io mi brucio e loro si divertono». Evidentemente i patti, almeno nella testa di Palamara, dovevano essere altri.A peggiorare la situazione ci ha pensato il gip Giuseppe Sturzo, che a luglio ha respinto tutte le richieste di archiviazione e ha fissato un'udienza per il 14 ottobre, in cui gli indagati dovranno convincerlo a non chiedere l'imputazione coatta per tutti e dieci. Proseguono le sedute dell'udienza preliminare davanti al gup Clementina Forleo per i sette imputati di Consip per cui è stato chiesto il processo (tra cui i già citati Lotti e Saltalamacchia): il 9 e il 12 settembre sono previste le discussioni dei difensori che devono ancora fare l'arringa e il 2 ottobre (ma la data potrebbe slittare) potrebbe arrivare la decisione del gup. Sempre a Roma è atteso l'avviso di chiusura indagini per l'ex tesoriere del Pd Francesco Bonifazi nonché presidente della fondazione Eyu. Il senatore è indagato per finanziamento illecito e false fatturazioni. Da mesi si attende la decisione della Procura.Tempi lunghi anche ad Arezzo, dove il capo degli uffici giudiziari Roberto Rossi, dopo più di tre anni di indagini sul crac Etruria sembra aver deciso di mandare a processo Pier Luigi Boschi, padre dell'ex ministra della Riforme Maria Elena. Nonostante il suo posto sia a rischio (il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha dato parere negativo alla permanenza del magistrato nella città toscana) Rossi, dopo aver firmato diverse richieste d'archiviazione nei confronti di Boschi senior ed essere stato consulente del governo Renzi nel 2015 (Bonafede ha anche criticato le «modalità di ottenimento dell'autorizzazione alla prosecuzione dello svolgimento dell'incarico»), in zona Cesarini, nell'ultimo filone aperto dell'inchiesta su Banca Etruria, nel giugno scorso, aveva inviato l'avviso di chiusura indagini per Boschi e per gli altri membri del cda dell'istituto finito in default, una mossa propedeutica alla richiesta di rinvio a giudizio prevista per settembre-ottobre, dopo la lettura delle memorie e gli interrogatori di chi ha chiesto di essere sentito. Con tutte queste scadenze giudiziarie per il Giglio magico è chiaro che le parole di Lotti a proposito di Matteo Renzi siano di rara attualità: «La vicenda dei genitori l'ha [inc] colpito… il danno d'immagine su di lui in questi anni, comunque, c'è stato […] ora ha un'immagine ancora molto, molto graffiata [inc] Matteo non ha un'immagine positiva [inc] c'è poco da fare…». Ma poi aggiunse: «Quindi gli conviene aspettare…».Sembra, invece, che l'ex premier abbia deciso di accelerare i tempi della sua ridiscesa in campo, magari alla guida di un nuovo partito. Forse a convincerlo è stato il lugubre scenario che gli si prospetta con la crisi del governo gialloblù e possibili imminenti elezioni: un Parlamento salvinizzato e totalmente derenzizzato, mentre lui e i suoi sono attesi dalle forche caudine giudiziarie.Anche perché l'unico baluardo, il vicepresidente del Cms David Ermini, nelle intercettazioni di Palamara & C. veniva trattato quasi come un traditore per lo scarso impegno che metteva nel togliere le castagne dal fuoco dei suoi vecchi amici, quelli che lo avevano messo lì, per dirla con Lotti. L'exit strategy più plausibile è quella di tornare al centro dello scacchiere politico. Sarà per questo che nei giorni scorsi, mentre si accingeva ad annunciare il sostegno a un governo macedonia anti Matteo Salvini, l'ex sindaco di Firenze ha fatto visita a babbo e mamma: «Ieri sera, dopo aver fatto l'intervista al Corriere, sono andato a mangiare una pizza con la mia famiglia dai miei genitori» ha fatto sapere su Facebook. Ma se nel post non nascondeva un certo risentimento («Ho pensato ai giorni in cui delle persone inqualificabili dei 5 stelle facevano i segni delle manette nei confronti di due cittadini incensurati settantenni finiti per colpa mia in vicende più grandi di loro»), non escludeva aperture.Forse, di fronte a una giustizia tanto matrigna, anche Tiziano e Laura avranno condiviso la scelta del figlio di provare a mediare persino con Beppe Grillo. Che in queste ore ha dato al figlio dell'avvoltoio. Ma in fondo la prima azienda dei Renzi si chiamava Chil, proprio come l'avvoltoio del libro della giungla.
Jose Mourinho (Getty Images)