2019-07-18
Il geniale modello Riace. Migranti pagati per fingere di lavorare
Nelle carte delle Fiamme gialle c'è la mangiatoia dietro la propaganda. Il sindaco vede, ma fa finta di niente: «Sto zitto perché mi danno i voti».Non sono carte della Guardia di Finanza: è un romanzo di Émile Zola. Riga dopo riga, vediamo il ventre di Riace ribollire, e il suo fegato straziarsi per la cupida ingordigia. Mimmo Lucano, il personaggio principale, ne esce come un uomo assediato, quasi stritolato dal meccanismo che lui stesso ha messo a punto: tutti gli chiedono soldi, tutti pretendono favori, tutti vogliono e vogliono e vogliono. E lui urla, strepita, tavolta bestemmia, poi si rassegna perché «mi servono i voti, i voti a me mi servono per mantenere questa situazione... Loro giocano su questo...». Eccolo, il «modello Riace»: più che crollato sotto il peso delle inchieste, sembra essersi divorato da solo. Al di là dei reati e delle sentenze, il punto è che tutto il sistema creato da Lucano è fallimentare e deleterio. Si rivela una mangiatoia, che per altro si svuota in fretta e allora bisogna riempirla ancora e ancora, sempre pasticciando con i conti e i documenti ufficiali. Le associazioni che si occupano dei migranti bramano denari, sempre di più. E gli abitanti di Riace coinvolti nell'accoglienza sembrano appoggiare il sindaco solo fino a quando questi garantisce entrate, favori e mantenimento. «Lucano ammette di essersi reso conto, nel tempo, che alcune associazioni attraverso le rendicontazioni hanno rubato parecchi soldi, ma lui non ha contestato nulla in quanto rappresentavano un bacino di voti», scrivono le Fiamme gialle. In una intercettazione telefonica sentiamo il sindaco sfogarsi. Se la prende con i responsabili della cooperativa Girasole, in particolare Maria Taverniti (accusata, tra le altre cose, di aver distratto, dal 2014 al settembre 2017, fondi per oltre 150.000 euro, che invece di essere usati per i profughi servirono per «concerti estivi organizzati dal Comune di Riace»). Lucano ringhia: «Ce l'hanno con me non per questo, ce l'hanno con me perché hanno capito che io ho un atteggiamento diverso sul fottimento dei soldi, per questo ce l'hanno con me, chiaro e tondo...». Mimmo appare amareggiato e furibondo: «Fino ad ora mi hanno preso per il culo e non ho detto niente, ora...», sbuffa. «Io non dico mai niente ma il problema è che non sono io perché vengono i rifugiati per protestare che non gli pagano i pocket money, vengono gli operatori che gli hanno pagato lo stipendio fino ad ottobre, vengono i proprietari delle case che non gli hanno pagato la casa, vengono tutti, non sono io, io me ne fotto di cazzi, ormai mi conviene stare zitto perché mi date i voti, se dobbiamo parlare chiaro, ma non sono io, sono gli altri che mi stanno distruggendo».Che qualcosa a Riace non funzioni se ne rende conto persino da lui. E dalle carte dell'accusa risulta piuttosto chiaro, almeno per chi vuole vedere. Il paese dell'accoglienza modello, in realtà, è macchina che marcia con il serbatoio bucato. Appena arriva un rifornimento (soldi pubblici), subito il carburante scappa via da tutte le parti. Poi ce la tanto decantata integrazione, la storia degli stranieri che diventano parte del tessuto sociale perché lavorano. Beh, stando alle Fiamme gialle la realtà è un po' diversa. «Dalle intercettazioni», scrivono i finanzieri, «emerge che l'associazione Città Futura (di cui Lucano è di fatto il dominus, ndr) paga diverse borse lavoro e pone in essere contratti con soggetti di Riace e con rifugiati anche se questi non si presentano a lavoro. Dalle conversazioni emerge in maniera lampante che Lucano ha creato questi posti di lavoro solo per sostenere economicamente gli immigrati e dare opportunità lavorative a soggetti di Riace a lui vicini politicamente». Aggiungono gli investigatori: «La mancanza di una selezione regolamentata delle associazioni e dei relativi dipendenti mette il sindaco Lucano nelle condizioni da un lato di coinvolgere e di estromettere nei progetti di accoglienza chi gli è vicino politicamente, dall'altro di esserne successivamente ricattato politicamente». A questo proposito, sono eloquenti alcune intercettazioni ambientali risalenti al luglio 2017. Lucano arriva nella sede di Città futura e si lamenta dei dipendenti dell'associazione, dice che «ci sono almeno 50 persone pagate che non fanno nulla». «Devo essere da solo», s' infuria, «con cinquanta persone devo essere da solo come un cane, devo vedere tutte cose... Che amarezza!... Che amarezza!». E ancora: «Qua ognuno fanno i cazzi loro, perché questa cosa, perché? Perché devo essere schiavo delle persone? Perché devo essere uno schiavo? Ma io come devo fare? ... devo chiedere l'elemosina quando siete tutti quanti pagati! (bestemmia, ndr) Ma cose da pazzi!». A un certo punto, Mimmo si rivolge a Stella, una straniera coinvolta anche nella storia dei finti matrimoni organizzati per ottenere la cittadinanza. Il sindaco le dice di precipitarsi ad aprire la bottega solidale di Riace e pure il laboratorio in cui si produce il cioccolato. «Dobbiamo fare vedere una bella realtà», dice Lucano, «perché oggi arrivano il ministro del governo greco e arrivano soprattutto quelli dell'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni, ndr)». Bisogna fare bella figura, far vedere che tutta funziona. «Ora io pensavo», dice Lucano, «a Stella la mettiamo qua e chiamiamo anche Idam e a Saverio e mettiamo due alla bottega e una al laboratorio del cioccolato che faccia finta là che imbratta quelle cose, tu dove vuoi stare? Solo per oggi Stella, vuoi stare alla bottega eco-solidale? Non te ne devi andare in giro come l'altra volta... Anzi ti porti lei vicino (indica la bambina, ndr) e sta vicino lei, gli dai pure il cioccolato ai bambini». In pratica, Stella deve fare finta di lavorare per mostrare che l'attività funziona. Ma, a quanto risulta, è tutta una messa in scena. Lavorano per finta i migranti, ma anche i riacesi non è che si diano un gran daffare. Anzi, da una conversazione successiva «emerge, nuovamente, che i laboratori normalmente sono chiusi ed aprono solo in caso di arrivo di turisti», scrivono le Fiamme gialle. E aggiungono: «Corre l'obbligo di segnare che se pur chiusi, gli pseudo dipendenti dei laboratori vengo puntualmente pagati dall'associazione Città Futura, con i fondi destinati ai rifugiati». Eccolo qua, il modello da imitare.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)