2021-09-18
Le carte segrete del regalo fatto ai Benetton
Dalle carte riservate, visionate dalla Verità, emerge una stranissima valutazione di 6,1 miliardi del valore di avviamento che ha gonfiato la quotazione di Autostrade. A saldare il conto ci penseranno gli italiani, con i pedaggi maggiorati fino al 2038. Far tornare i conti e poter dare ai Benetton gli 8 miliardi cash che volevano per Autostrade, in fondo, non è stato difficile. È bastato riconoscere loro un valore di avviamento da 6,1 miliardi di euro, che non viene da una valutazione dei tanti advisor al lavoro sull'affare da mesi, ma dal conferimento degli oltre 3.000 chilometri di autostrade gestiti in concessione da Autostrade Spa (oggi Atlantia) alla neocostituita Aspi. Un'operazione del 2003 tutta interna alla holding di Ponzano Veneto, che a distanza di 18 anni, e con il mezzo la tragedia del ponte Morandi, ha un impatto decisivo sui pedaggi che pagheremo fino al 2038. E soprattutto, rende possibile quella remunerazione dell'investimento ottenuta dai compratori, che sono la Cassa depositi e prestiti e i fondi infrastrutturali di Macquerie e Blackstone. Il dato emerge da un documento riservato, del quale La Verità è entrata in possesso, ovvero l'ultimo Pef (Piano economico finanziario) di Autostrade, sul quale si regge tutto il regalo di Stato ai Benetton e che deve ancora essere approvato dal Cipe di Palazzo Chigi. Nello stesso documento, si scopre anche che la remunerazione del capitale investito da Aspi nel 2018 era pari al 32,99%. Miracoli dei monopoli naturali. Dopo il crollo del viadotto sul Polvecera (14 agost0 2018, ben 43 morti), i due governi di Giuseppe Conte avevano cianciato di revoca delle concessioni, operazione che sarebbe costata intorno ai 20 miliardi. Ma come ha raccontato questo giornale il 6 giugno scorso, utilizzando la semplice clausola del recesso, e quindi senza infilarsi in alcun contenzioso, lo Stato si sarebbe riappropriato delle concessioni per 13,8 miliardi (al netto di 5,3 di imposte). E poi ne avrebbe recuperati chissà quanti altri, mettendo all'asta le varie tratte autostradali. Il tutto lasciando ad Aspi sia i rischi legali dovuti ai processi in corso, sia i suoi debiti. Ma alla fine di una recita collettiva, in cui i 5 stelle hanno fatto il poliziotto cattivo («Mai un euro ai Benetton») e il Pd il poliziotto buono («Troppo costosa la strada della revoca»), a giugno si è invece deciso di dare alla famiglia di Ponzano Veneto 20 miliardi: 8 in contanti e 12 di debiti rilevati. Se il Pef già approvato dall'allora ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli (Pd), ma ancora non vidimato dal Cipe, è rimasto nelle segrete stanze è perché contiene una bomba a orologeria. La si trova a pagina 20: «Il valore dell'avviamento registrato il primo luglio 2003 alla data di perfezionamento dell'operazione societaria, avvenuta con il conferimento del ramo autostradale (Aspi) da parte di Autostrade Spa, è pari a euro 6,33 miliardi circa». Tale valore, secondo il Pef era stato calcolato sottraendo dal valore netto degli atti conferiti, «pari a 8,1 miliardi, in linea con il valore della privatizzazione», il patrimonio netto contabile della società al momento del conferimento. E visto che nel secondo semestre 2003 Aspi mise a bilancio un ammortamento da 218 milioni, alla fine si arriva a un avviamento di 6,1 miliardi. L'avviamento è un valore intangibile e nel caso di una concessionaria risiede quasi per intero nella concessione stessa. Quindi, se anche si volesse chiudere gli occhi su quella valutazione infragruppo del 2003, come dimenticare che c'è stato un evento nefasto come il crollo del Morandi e che lo Stato poteva stracciare quelle concessioni? Invece no, si ricompra tutto a caro prezzo, avviamento compreso. Proprio alla fine di quel 2003 le banche concedono un finanziamento da 8 miliardi ad Aspi, soldi che in meno di un anno vengono interamente girati alla controllante. Così che il debito non è più nei confronti degli istituti di credito, ma di Atlantia. Negli anni successivi, i bilanci Aspi dicono che il debito, nonostante successive trasformazioni, è rimasto sostanzialmente invariato perché la società, anziché ripianarlo, ha preferito trasferire agli azionisti oltre 10 miliardi di dividendi (periodo 2003-2017), a fronte di 9,3 miliardi di utili. E Atlantia ha prelevato dalle casse di Aspi altri 7,3 miliardi come riserve da sovrapprezzo delle azioni. Se aggiungiamo i 4,5 miliardi di interessi sul finanziamento alla controllata, come ha calcolato il commercialista e revisore contabile Remo Valsecchi su L'altraeconomia (7 giugno 2021), «con un investimento complessivo di 100.000 euro, Atlantia, tra il 2003 e il 2020, ha realizzato qualcosa come 21.846.938.624 euro». Soldi che non sono serviti a migliorare le autostrade, ma solo a gonfiare i profitti di chi le controllava. Questo magico avviamento, insieme ai tanto declamati «lavori sulla rete», produce ammortamenti e costituisce l'architrave delle tariffe finali, su cui si ribalta al 100%. Insomma, è come se dovendo spalmare del grasso, anziché ripartirlo un po' qui e un po' là, si fosse deciso di metterlo tutto qui, su questa voce da 6,1 miliardi. Ma il motivo è presto detto: si tratta di un moltiplicatore micidiale ed era forse l'unico sistema per raggiungere quella redditività del 10% da qui al 2029 chiesta dai grandi investitori istituzionali, gli australiani di Macquarie e gli americani di Blackstone, per dare una veste privata a tutta l'operazione. Insomma, si compra Aspi a caro prezzo, chiudendo un occhio e mezzo sul valore di avviamento, perché tanto poi si recupera tutto al casello. Tra le tante tabelle del Pef, poi, ne spunta una dove si legge che il ritorno sul capitale investito degli azionisti (Irr) per il 2018 è stato pari al 32,99%. Rendendosi conto che è un guadagno impressionante, i manager di Atlantia aggiungono questa noticina: «L'indice non è indicativo in quanto è calcolato sulla base del patrimonio netto al 31 dicembre 2018, pari a 2,1 miliardi di euro. Quest'ultimo non è rappresentativo del valore dell'azienda e di quanto pagato dagli azionisti stessi che nel 2017 avevano valorizzato la società 14,7 miliardi nell'operazione di compravendita delle azioni». In effetti, nel 2017, un consorzio guidato da Allianz e Silk Road compra l'11,9% di Autostrade a un prezzo che valuta l'intera società 14,8 miliardi. Che prodigio! Non era ancora caduto il ponte, ma Autostrade valeva già oltre 5 miliardi in meno di quello che stiamo dando ai Benetton.
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