2018-08-09
Il documentario spot della tv inglese per l’utero in affitto
Nel suo approfondimento sulla surrogazione, la Bbc ha scelto il tuffatore Tom Daley. Che l'ha utilizzata per avere un bimbo.Il confine fra un prodotto televisivo e uno spot, a volte, è sottile. Altre sottilissimo. Altre ancora, proprio non c'è. Pare essere, quest'ultimo, il caso del nuovo documentario sull'utero in affitto della Bbc, la cui realizzazione non è stata affidata a un bioeticista né a un giornalista di riconosciuto equilibrio, bensì direttamente a un «padre» divenuto tale grazie a quella pratica, l'ancora giovane (classe 1994) ma già plurimedagliato tuffatore britannico Tom Daley. In pratica, è po' come se un approfondimento sulla mafia fosse affidato ad Al Capone, o se una trasmissione sull'antica Roma fosse presentata da Nerone: la competenza del conduttore non sarebbe in discussione, ma sulla neutralità, ecco, ci sarebbe giustappunto qualcosa da ridire. Quisquilie, pare di capire, secondo gli inglesi, che hanno stabilito che sarà Bbc One, il primo canale televisivo della celebre emittente, ad ospitare Surrogacy (w/t), il documentario che avrà il suo perno fondamentale in Daley. L'atleta sarà infatti impegnato nella duplice veste di presentatore e di esperto della materia trattata, dopo che lo scorso 27 giugno, insieme al marito, il regista Dustin Lance Black, è divenuto «padre» del piccolo Robert Ray Black-Daley, ottenuto appunto tramite la maternità surrogata. Il film, prodotto da Raw Television e in programmazione per l'anno prossimo, vedrà il tuffatore britannico indagare la realtà dell'utero in affitto nel Regno Unito, dove la pratica è consentita solo in «forma altruistica» e dietro «compensi ragionevoli», senza che possa essere pubblicizzata, e in California, dove invece a farla da padrone è la legge del mercato.Il fine dichiarato è quindi quello di mettere in luce pregi e limiti del sistema di regolamentazione americana e di quello britannico, in cui quella che viene eufemisticamente definita gestazione per altri muove comunque consistenti flussi di denaro; ad averlo rilevato, uno studio dell'Università del Kent del 2016 effettuato su un campione di quasi 180 gruppi di genitori, che ha messo in luce come diverse coppie, pur di ottenere un figlio, siano arrivate a sborsare fino a 60.000 sterline. Alla faccia della gratuità.È inoltre previsto, tornando al documentario, che Daley si rechi in uno dei Paesi europei dove la surrogazione di maternità è completamente vietata, come l'Italia. Lo scopo di questo viaggio sarà dunque quello di offrire uno spaccato globale su come l'utero in affitto funziona o non funziona. Questo in teoria. In pratica, il rischio è invece che il film della Bbc si trasformi in un formidabile spot per la surrogazione di maternità. A lasciarlo immaginare, numerosi indizi; primo fra tutti la già sottolineata scelta di affidare la conduzione ad un personaggio che incarna perfettamente il modello «gay e vincente», come ha già avuto modo di evidenziare un entusiasta Alessandro Cecchi Paone, magnificandolo come «punto di riferimento per i giovani di ogni orientamento».Che Surrogacy (w/t) sia destinato a tradursi in un'apologia dell'utero in affitto è inoltre suggerito - oltre che dalle reazioni di alcune agenzie di surrogazione di maternità, come Above & Beyond Surrogacy, che hanno appreso raggianti del documentario - dal contenuto che pare destinato ad avere, con Daley intento ad intervistare le madri surrogate e ad esplorare, riportano alcuni siti Internet, le «straordinarie relazioni» che si sviluppano tra loro e le coppie committenti. Straordinarie davvero, viene da commentare, considerando che queste «relazioni» sono nella pressoché totalità dei casi basate su dei contratti una volta sottoscritti i quali le madri surrogate sono tenute, per evitare poco simpatiche penali, a rispettarne in modo ferreo le disposizioni.A coloro che sono contrari alla maternità surrogata, secondo alcune indiscrezioni, Daley chiederà invece come mai vogliono impedire a persone come lui e il «marito» di crescere un figlio. Si avrà insomma il solito copione progressista per cui a dover dare delle spiegazioni è chi ritiene che i bambini debbano avere un padre e una madre e soprattutto non debbano essere oggetto di compravendita alcuna, e non viceversa. Allo stesso modo, è facile immaginare che alle donne che l'utero in affitto in fondo lo subiscono, e dopo nove mesi sono costrette a salutare un figlio di cui spesso, per contratto, non potranno manco più chiedere notizie, il documentario inglese dedicherà ben poco spazio.Il medesimo che, salvo sorprese, sarà riservato al vero anello debole della catena, ossia quei bambini che la surrogazione di maternità inevitabilmente declassa a meri oggetti da commissionare, produrre e infine cedere, con un immediato e sovente definitivo allontanamento dalla donna che li ha messi al mondo. A proposito, qualora Daley e la Bbc volessero realizzare un'inchiesta degna di questo nome, potrebbero iniziare intervistando loro e chiedendo cosa si prova a scoprire di essere stati comprati prima che desiderati, programmati prima che cercati. Ma c'è da dubitare che ciò accadrà, perché quello nella sconvolgente verità dell'utero in affitto rimane, tra tutti, il tuffo più difficile.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)