2020-02-11
Il disastro giallorosso: la produzione industriale crolla in 12 mesi del 4,3%
Ansa,Filippo Attili - Palazzo Chigi
Primi effetti delle sparate demagogiche del governo: economia mai così male dal 2013. E guarda caso a soffrire è il settore della plastica, affossato dalle ecofollie di Giuseppe Conte.Crolla la produzione industriale nel 2019. Nell'anno che si è appena concluso, infatti, l'indice è tornato a scendere dopo sei anni. A rilevarlo è l'Istat che, per l'anno scorso, ha stimato un calo dell'1,3% rispetto al 2018: si tratta della prima diminuzione dal 2014 e di quella più ampia dal 2013.Tra i principali settori industriali, spiega l'Istat, la flessione è stata più marcata per i beni intermedi (quelli così chiamati perché servono a produrre altri servizi, come le materie prime), mentre è stata meno forte per i beni strumentali (quelli utilizzati dalle aziende sul lungo periodo). In compenso, un lieve incremento ha caratterizzato la produzione di beni di consumo e di energia. Considerando l'evoluzione congiunturale dello scorso anno, va detto che si è registrato un aumento solo nel primo trimestre (al netto dei fattori stagionali), mentre nei successivi si sono avute continue flessioni, con un calo più marcato negli ultimi tre mesi dell'anno.Negativi anche i dati di dicembre: la produzione industriale, infatti, ha registrato una diminuzione del 2,7% rispetto a novembre, mentre per l'indice corretto per gli effetti di calendario si stima una flessione, in termini tendenziali, del 4,3%. I giorni lavorativi sono stati infatti 20 contro i 19 di dicembre 2018. Nel complesso del quarto trimestre 2019 il livello della produzione ha registrato una flessione dell'1,4% rispetto ai tre mesi precedenti. Purtroppo, l'indice mensile ha evidenziato marcate diminuzioni congiunturali in tutti i comparti; pertanto arrivano valori negativi dai beni intermedi (-2,8%), dall'energia e i dai beni di consumo (-2,5% per entrambi i raggruppamenti) e dai beni strumentali (-2,3%).Su base tendenziale e al netto degli effetti di calendario, a dicembre 2019 sono state registrate importanti diminuzioni per i beni intermedi (-6,6%), l'energia (-6,0%) e i beni strumentali (-4,7%); un decremento più contenuto si è visto solo sui beni di consumo (-0,8%). Dando uno sguardo ai dati, balza all'occhio il dato negativo del settore della plastica. Nonostante un anno molto difficile per la produzione industriale in generale, questo comparto già senza la ben nota plastic tax, si è mostrato in particolare difficoltà. Il settore della fabbricazione di articoli in gomma e plastica nel 2019 ha chiuso con una flessione più marcata della media, pari al -3,1%. Il dato è ancora peggiore se si guarda al solo mese di dicembre: rispetto a novembre il settore è calato del 6,2%, mentre, facendo i calcoli sullo stesso mese dell'anno precedente, il crollo è stato del 7,5%. Con questi chiari di luna, viene da chiedersi quanto peggio potrà andare il comparto quando, da luglio 2020, entrerà in vigore la plastic tax che prevede un balzello per ogni chilo di materiale prodotto. Molto male anche la produzione industriale nel comparto degli autoveicoli che, nel 2019, ha segnato un ribasso annuo del 13,9%. Si tratta del ribasso più importante dal 2012. Guardando all'ultimo mese del 2019, si registra una diminuzione tendenziale dell′8,6%.I soli settori di attività economica che hanno mostrato incrementi tendenziali sono la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+5,3%), l'industria alimentare, bevande e tabacco (+2,9%) e le altre industrie (+1,1%). Tra gli altri settori, le maggiori flessioni si sono viste nelle industrie (-10,4%), nella fabbricazione di coke (carbone ottenuto attraverso il petrolio) e prodotti petroliferi raffinati (-9,3%) e nella fabbricazione di macchinari e attrezzature nca (-7,7%, quelle che non rientrano in altri settori censiti dall'Istat).Per l'Unione nazionale consumatori «peggio di così non poteva andare. Anche se l'Istat, nel dare nei giorni scorsi il calo congiunturale del Pil del quarto trimestre, -0,3%, aveva già in parte considerato i dati preliminari della produzione in suo possesso, è evidente che il crollo reso noto oggi (ieri, ndr) è così sconfortante che diventa difficile immaginare un'inversione di tendenza del Pil per il primo trimestre 2020. L'Italia, quindi, torna in recessione», ha detto ieri il presidente Massimiliano Dona, spiegando che «non c'è un solo raggruppamento, dai beni di consumo ai beni intermedi, in territorio positivo, né rispetto a novembre né rispetto a dicembre 2018, mentre il trimestre registra una diminuzione dell'1,4%. Se poi consideriamo che si è perso quasi un quinto della produzione industriale rispetto ai valori pre-crisi, il quadro è completo. Dal 2019 al 2007 l'industria segna un -19%. Per i beni di consumo durevoli, poi, la distanza rispetto a 12 anni fa è del 28,6%, quasi un terzo. Un abisso», conclude Dona.Potrebbe esserci, però, una spiegazione che lascia spazio a un po' più di ottimismo. «La produzione industriale italiana è diminuita più del previsto a dicembre. Complessivamente, nel 2019 l'output è calato dell'1,3%, sui minimi dal 2013», ha detto Paolo Mameli, economista di Intesa Sanpaolo. Un trend simile è stato registrato anche in Germania e in Francia, pertanto, «possono aver inciso fattori di calendario, in particolare l'effetto “ponte"connesso al posizionamento del giorno 27 (un venerdì)», precisa l'esperto. «Ci aspettiamo quindi un rimbalzo congiunturale nel mese di gennaio», ha concluso ieri l'economista.Che il problema stia nel conteggio dei giorni effettivi di lavoro o meno, insomma, la produzione industriale del nostro Paese continua a calare o, comunque, si mostra ben lontana dai valori degli anni passati. Il vero problema, purtroppo, è la mancanza di una politica seria che non «uccida» interi comparti industriali (e quindi posti di lavoro) invocando vantaggi marginali.