2022-09-13
Il cortocircuito dei vaccini. Si prenota quello già vecchio mentre ne arriva uno nuovo
Roberto Speranza (Imagoeconomica)
Da ieri sono disponibili i bivalenti aggiornati contro Omicron 1. Contemporaneamente Ema ha approvato il preparato Pfizer tarato sulle varianti circolanti durante l’estate.Non hanno fatto in tempo ad aprirsi le prenotazioni per le iniezioni anti Omicron, che da Ema ed Ecdc hanno già ammesso che «ulteriori adattamenti della composizione dei vaccini Covid sono inevitabili per affrontare le varianti circolanti esistenti e future». Tant’è che il regolatore europeo ha approvato un nuovo bivalente di Pfizer, stavolta tarato specificamente sui ceppi Ba.4 e Ba.5, responsabili dell’ondata estiva di Covid. In parole povere, i vaccini aggiornati, per i quali era andata maturando, nei mesi scorsi, un’aspettativa quasi messianica, sono già superati. Alla fine, passa questo messaggio: correte a vaccinarvi, tanto dovrete farlo di nuovo. Le autorità Ue, certo, garantiscono che «la risposta immunitaria» dei medicinali adattati per Ba.1 «va oltre i ceppi selezionati e copre altre sottovarianti di Omicron», come Ba.2, Ba.5 e Centaurus. Ma l’americana Food and drug administration aveva compiuto una scelta diversa: aveva bocciato quei bivalenti e autorizzato all’uso in via d’emergenza direttamente i farmaci progettati per Omicron 4 e 5. Invero, non privi di magagne: li hanno testati sui topi, ma non sugli esseri umani. In definitiva, per tutti i vaccini modificati vale quello che, a inizio estate, aveva dichiarato una rappresentante della Pfizer, interrogata proprio nell’ambito un panel di Fda: è impossibile stabilire un correlato di protezione. Ossia, benché i trial dimostrino un innalzamento del livello di anticorpi negli inoculati, non è noto oltre quale soglia si sviluppi una sicura immunità al coronavirus. Con le prime fiale consegnate alle Regioni italiane - entro settembre arriveranno 19 milioni di dosi - si è deciso, come da circolare governativa, di garantire in via prioritaria le punture contro Omicron 1 ad alcune fasce di popolazione: over 60, fragili, personale sanitario e delle Rsa, donne incinte. I bivalenti, comunque, saranno offerti come booster a tutti coloro che abbiano compiuto almeno 12 anni. Se non fosse che l’adesione alla campagna di somministrazioni sarà volontaria e, salvo per medici e infermieri, affrancata dall’obbligo tout court o dal ricatto del green pass, si tratterebbe di un’indicazione completamente priva di basi scientifiche. Per comprenderlo, basta aprire i bollettini dell’Iss. Sotto i 40 anni, il fiasco dei richiami è già patente: i tridosati s’infettano appena meno dei non vaccinati e più di quelli che hanno ricevuto solo due iniezioni. Quanto alla protezione dalla malattia grave, il vantaggio rispetto ai no vax, in quella categoria anagrafica, è identico per i vaccinati a qualunque titolo: sia che abbiano completato il ciclo primario da oltre quattro mesi, sia che l’abbiano portato a termine da meno di 120 giorni, sia che abbiano ricevuto il booster. Non è chiaro quale sia il beneficio di ulteriori inoculazioni, per di più con medicinali già vecchi. Un recentissimo studio statunitense ha calcolato che, nella fascia 18-29 anni, per prevenire un solo ricovero, sarebbe necessario sottoporre al richiamo da 22.000 a 30.000 individui mai contagiati in precedenza. Il che causerebbe tra 18 e 98 effetti avversi gravi. Di cosa stupirsi? La valutazione di rischi e benefici del vaccino non è stata effettuata neppure quando, nel nostro Paese, la carta verde aveva di fatto introdotto l’iniezione coatta. Figuriamoci se si metteranno a farla adesso che, formalmente, nessuno dovrebbe porgere il braccio in maniera spintanea. Rimarrà, nei prossimi giorni, una vigile attesa sui numeri delle prenotazioni. Bisogna capire, in effetti, se al fiasco delle quarte dosi, ricevute da poco più di 3 milioni di persone, a fronte di circa 12 milioni di soggetti fragili, abbia contribuito l’attesa del siero salvifico contro Omicron, o se la gente si sia cordialmente scocciata di farsi punzecchiare. Tanto più che, nonostante circa il 90% della popolazione sia ormai dotata di una qualche copertura anticorpale, sui media s’affastellano ancora le profezie di sventura degli orfanelli della pandemia. Atterrito dalla prospettiva di sparire completamente dai circuiti televisivi e giornalistici, l’irriducibile Fabrizio Pregliasco le ha sparate grosse a Un giorno da pecora, su Rai Radio 1: «Bisogna pianificare possibili restrizioni da gestire e comunicare», ha gufato. «Mi aspetto delle onde di risalita in autunno e in inverno, torneremo a più di 100.000 contagi al giorno, anche oltre 150.000». Può darsi che il Nostradamus in camice bianco abbia ragione. Intanto, noi ci godiamo i soli 6.415 infetti registrati ieri, il calo degli ingressi in terapia intensiva (-4 in 24 ore) e le rilevazioni dell’Agenas, secondo cui i pazienti Covid occupano il 6% dei posti letto nei reparti ordinari e il 2% nelle rianimazioni. A Pregliasco, però, l’apparente armistizio epidemiologico non basta: «Bisogna andare ai seggi con la mascherina», intima. E non è una cattiva idea. Specie se il suo scopo è nascondersi per la vergogna.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
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