2020-06-06
Il coronavirus ha spento le sigarette tradizionali e aumentato il consumo di quelle elettroniche
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Durante il lockdown, in Italia sono stati registrati 630.000 fumatori in meno. Molti hanno virato verso soluzioni di nuova generazione per fare un favore ai loro cari. E, lo confermano vari studi, a se stessi.Il lockdown ha sconvolto molte abitudini, imposto nuovi riti o costretto a rivedere i più consolidati, incluso il consumo delle sigarette. A cominciare da quelle tradizionali: nel mese di aprile sono stati censiti in Italia 630.000 fumatori in meno, divisi tra circa 334.000 uomini e 295.000 donne. Si tratta di un calo dell'1,4 percento rispetto a un periodo senza quarantene e altre situazioni straordinarie. A dirlo è l'Istituto Superiore di Sanità, che ha realizzato uno studio assieme all'Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, l'Università Vita-Salute San Raffaele, l'Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete Oncologica (ISPRO) e la Doxa, presentando le sue conclusioni pochi giorni fa in occasione della Giornata mondiale senza tabacco. C'è un secondo elemento interessante che emerge da questo lavoro e sancisce un'altra tendenza: in parallelo, sono cresciuti gli utilizzatori delle sigaretta elettronica. Sommando insieme quelli occasionali e gli abituali, siamo passati dall'8,1 percento al 9,1 percento della popolazione italiana adulta (tra i 18 e i 74 anni). L'aumento riguarda quasi mezzo milione di persone, circa 436.000. «Il 38,9 percento ha incrementato il numero di puff, il 18 percento ha ripreso regolarmente a utilizzarla, il 17 percento era un consumatore occasionale ed è diventato abituale (tutti i giorni), il13 per cento la utilizzava raramente (1-2 volte nella vita) ed è diventato un consumatore abituale, il 13 percento non l'aveva mai provata prima del lockdown» si legge nel comunicato ufficiale diffuso dall'Iss.Una spiegazione presumibile tra le varie ragionevoli è che, obbligati in casa, gli italiani si sono orientati verso soluzioni di nuova generazione meno invasive, capaci di minimizzare l'impatto sui loro familiari. E non è solo una questione di fumo nell'aria: «Secondo la scienza corrente, il vaping non provoca nessun rischio conosciuto a chi sta intorno a un suo utilizzatore. Tale visione è supportata, tra gli altri, dal servizio di salute nazionale inglese. Dove, su queste basi, il Governo ha adottato politiche nei luoghi di lavoro per incentivare la transizione verso questa forma di consumo nei fumatori adulti» spiega alla Verità Grant O'Connell, Strategic Science Policy Engagement Director di Imperial Brands. Il produttore, a sua volta, ha pubblicato ricerche che vanno nella medesima direzione. Mostrano come «svapare all'interno di un ambiente chiuso non rilasci alcuna sostanza chimica o tossine che possano compromettere la qualità dell'aria per chi sta nei dintorni». E ricorda come politiche simili in favore del vaping («come strumento potenziale per ridurre i danni causati dal tabacco» scandisce O'Connell) siano state adottate da paesi quali la Norvegia, la Nuova Zelanda e il Canada.Quello che sembra essere stato un gesto altruistico nei confronti dei propri cari, dei compagni scelti o forzati di lockdown, comporta infatti ricadute positive sullo stato di salute dei consumatori diretti. Che, abbandonando un prodotto indubbiamente molto nocivo come la sigaretta, intensificando o propendendo per la prima volta per l'utilizzo di quella elettronica, pare abbiano fatto un favore anche a sé stessi.Come ricordato anche dalla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, già nel 2015 l'autorità di salute pubblica britannica aveva affermato che le e-cigarette sono del 95 per cento meno nocive rispetto al tabacco. Non sono immuni da rischi, questo no, ma espongono a pericoli decisamente inferiori rispetto a quelle tradizionali. In uno studio congiunto del King's College di Londra e della Queen Mary University sempre della capitale inglese si legge infatti che (sempre da The Lancet), «mentre il vaping potrebbe non essere al 100 percento sicuro, la maggior parte delle sostanze chimiche che creano malattie collegate al fumo sono in esso assenti e quelle presenti comportano un pericolo limitato».Gli studi realizzati negli anni successivi su my blu, la sigaretta elettronica di Imperial Brands,giungono allo stesso approdo: «L'aerosol di my blu contiene, in media, livelli minori e sostanzialmente più bassi di intossicanti rispetto al fumo tradizionale di sigaretta» commenta O'Connell. Che aggiunge: «I fumatori adulti che sostituiscono parzialmente o completamente le sigarette tradizionali con my blu riducono la loro esposizione alle sostanze tossiche. La più grande riduzione si osserva in quelli che compiono una transizione completa alla sigaretta elettronica». Lo stesso percorso che tanti fumatori italiani hanno scelto di intraprendere durante questo lockdown.
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