2020-07-03
Il Quirinale spinse la promozione del giudice che condannò il Cav
Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi (Ansa)
L'ex giurista del Colle, Ernesto Lupo, ricorda le telefonate di Amedeo Franco: «Si lamentava della mancata promozione. Ne parlai con il collega Aprile». Poi il Consiglio superiore lo promosse presidente di sezione.La nomina a presidente di sezione della Cassazione del giudice Amedeo Franco, la toga degli audio choc con Silvio Berlusconi, rivela gli ingredienti per la ricetta perfetta delle promozioni dei magistrati al Consiglio superiore della magistratura: 2 quarti di corrente, 1 quarto di Quirinale e 1 quarto di politica (che gioca le sue carte attraverso gli otto membri laici). Ieri, intervistato dal Corriere della Sera, Ernesto Lupo, ex consigliere per gli Affari di giustizia del presidente Giorgio Napolitano ha ricordato le telefonate di Franco: «Si lamentava che il Csm non voleva promuoverlo presidente di sezione e chiedeva a me, che avevo lavorato con lui 5 anni, di testimoniare che era tecnicamente preparato (…). Lavorava tanto e bene. Era preciso e pignolo». L'intervista ha poi virato su altri argomenti. Ma a noi è rimasta la curiosità: Lupo, ovvero il consigliere di re Giorgio Napolitano ed ex primo presidente della Cassazione ha segnalato ai consiglieri del Csm le qualità del collega, magari ai due membri provenienti dalla Cassazione, Ercole Aprile e Maria Rosaria San Giorgio? È lo stesso Lupo, cordialissimo, a risolvere il dilemma: «Probabilmente ho parlato con Aprile (…) per fare una testimonianza: Aprile era arrivato in Cassazione da non molto tempo, era di una sezione diversa, quindi non conosceva direttamente Franco e probabilmente gli ho parlato di lui. Devo correggere il probabilmente». Lupo rimarca che da anni condivide con Aprile anche la collaborazione con un'importante rivista giuridica. Poi continua: «Franco si lamentava perché non lo volevano promuovere e lui era preparato. Io lo sapevo benissimo che lo era, avevo letto le sentenze, le ho firmate con lui. Invocava questa mia testimonianza per la sua preparazione». Lupo, che si dichiara un tiepido sostenitore della corrente dei Verdi (che oggi forma con Md il cartello progressista di Area), ha un'idea sul perché Franco fosse tagliato fuori dagli avanzamenti di carriera: «Il suo problema era che lui non faceva vita correntizia. Come dice Palamara, purtroppo, quelli che erano fuori dalle correnti erano fregati e io non l'ho mai sentito parlare di correnti». Il consigliere della Cassazione Aprile, che nel voto al plenum si astenne, contattato dalla Verità, preferisce glissare: «Io quello che è di mia conoscenza lo riferirò solo in sede istituzionale, visto che sicuramente ci saranno delle iniziative, che potranno essere giudiziarie quanto amministrative, perché i fatti riferiti sono molto gravi». Ma alcuni consiglieri ricordano bene come andò la nomina di Franco che finì in un pacchetto di nove presidenti di sezione, in cui a fare la parte del leone erano i candidati di Unicost e di Area. Una soluzione in cui possono finire pure nomine indigeste per qualcuno, ma che tutti, per fare andare avanti l'intero blocco, devono mandare giù. La fortuna di Franco, dopo aver chiesto sostegno al Quirinale ed essersi andato a pentire per la sentenza di condanna di Berlusconi proprio a casa dell'ex premier, fu quella di entrare in questo monolito inscalfibile.«Se avessimo votato nome per nome non sarebbe passato. Ma nel pacchetto andò bene a tutti» ricorda un membro di quella consiliatura. Anche perché, come ha sottolineato Lupo, Franco era un uomo senza casacca. Le nomine della Cassazione normalmente avevano come protagonisti i magistrati di legittimità in seno al consiglio che in quel caso erano Aprile (di Area) e la San Giorgio (di Unicost), la quale era anche la presidente della quinta commissione, quella che si occupa degli incarichi direttivi e semirettivi.La relatrice della pratica Franco fu Maria Elisabetta Alberti Casellati, ex parlamentare di Forza Italia e del Pdl, ed ex sottosegretario alla Giustizia. Ma come in tutti i pacchetti i consiglieri non necessariamente presentavano candidati della propria corrente o area politica. Per esempio la Casellati, laica azzurra, propose pure Franco Fiandanese, considerato dalle nostre fonti un simpatizzante di Area. Gli altri relatori furono la San Giorgio, Giuseppe Fanfani (laico renziano), i progressisti Lucio Aschettino e Fabio Napoleone e il conservatore Claudio Maria Galoppi. Ma se questa è la storia della nomina di Franco, Lupo non ha digerito un altro passaggio delle intercettazioni registrate a Palazzo Grazioli, quella dove, a proposito della sentenza che costringeva la Fininvest a pagare oltre 500 milioni a Carlo De Benedetti per il cosiddetto lodo Mondadori, Berlusconi sostiene di aver saputo che lo stesso Lupo, «mandato dal presidente della Repubblica» sarebbe andato dal primo presidente della Cassazione Giorgio Santacroce e che questi avrebbe «costretto il presidente Trifone (Francesco, già a capo della terza sezione civile della Cassazione, ndr) a riaprire tutto e a cambiare la sentenza». Ecco la risposta di Lupo: «Nego in modo assoluto quanto affermato dall'onorevole Berlusconi in ordine a una mia interferenza nel giudizio Fininvest-Cir. Non ho ricevuto alcun mandato dal Presidente Napolitano di andare dal Presidente della Cassazione Santacroce, né di mia iniziativa ho chiesta a Santacroce di “riaprire tutto e cambiare la sentenza". Ogni mia interferenza sull'esito del giudizio avrebbe costituito un grave illecito. Mi sento offeso dalle accuse dell'onorevole Berlusconi e valuterò, con un avvocato, la proposizione di una azione risarcitoria della mia onorabilità».
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