2018-10-13
Il condono fiscale cancella le cartelle fino a 1.000 euro. Ma sale il gettito Iva
Per i debiti più alti saranno eliminati interessi e sanzioni. Previsti però anche maggiori incassi con la fattura elettronica. La Verità è già in grado di anticipare segnali assai interessanti sulla pace fiscale, e invece qualche serio motivo di preoccupazione sull'Iva e il relativo gettito, che sembra destinato a rimanere l'eterna mammella a cui lo Stato non smette di attingere. Siamo ancora alle bozze del decreto fiscale che accompagnerà la legge di bilancio vera e propria, e quindi le misure sono tuttora suscettibili di cambiamenti, limature o magari di modifiche più consistenti. Il lavoro è in corso, e i testi definitivi si vedranno solo all'inizio della prossima settimana, nel Consiglio dei ministri in programma per lunedì. Va infatti ricordato che il 15 ottobre la manovra deve essere inviata alla Commissione Ue, mentre entro il 20 deve giungere alle Camere. Tuttavia, La Verità è già in grado di anticipare segnali assai interessanti sulla pace fiscale, e invece qualche serio motivo di preoccupazione sull'Iva e il relativo gettito, che sembra destinato a rimanere l'eterna mammella a cui lo Stato non smette di attingere. Cominciamo dalla pace fiscale e dalle cartelle esistenti, un «magazzino» complessivo di 850 miliardi, con un incremento di circa 50 miliardi l'anno. Ovviamente, ormai, una parte molto rilevante di queste somme è inesigibile, riguardando ad esempio imprese decotte.La prima misura del governo è la cancellazione di tutte le cartelle sotto i 1.000 euro (fino al 2010): una misura che potrebbe riguardare il 55% delle cartelle esistenti, investendo oltre 10 milioni di contribuenti. È perfettamente ragionevole un intervento per spazzare via tutto: allo Stato costerebbe assai di più un'eventuale attività capillare e disperata per recuperare queste somme così ridotte. E attenzione a definirla una misura minima: va infatti tenuto presente che un singolo contribuente potrebbe anche avere più di una cartella a carico. Entreranno in questo calderone non solo i debiti tributari, ma pure multe stradali, tributi locali, bollo auto. Il contribuente non deve fare nulla: saranno gli agenti della riscossione a cancellare (entro fine 2018) tutte le cartelle di questa entità, relative al periodo 2000-2010. Non sono però previste restituzioni delle somme eventualmente già versate.Seconda misura: su tutto il resto, è prevista la cancellazione di interessi e sanzioni (che nei casi limite possono arrivare al 150% della somma dovuta), e la possibilità di pagare quel che rimane in rate spalmate su cinque anni. Tutto sarà naturalmente incrociato con la rottamazione già esistente: chi l'ha in corso pagherà la rata prevista a novembre, e poi entrerà nella nuova spalmatura quinquennale.La terza misura riguarda il processo tributario. Se un contribuente vince un ricorso in primo grado, ma teme (può succedere) di subire un ribaltamento nei gradi successivi, può decidere di chiudere subito la partita pagando il 50%. Obiettivo: deflazione del contenzioso esistente.La quarta e ultima misura è ancora allo studio: si tratta della possibilità di una dichiarazione integrativa. In sostanza, chi ha fatto la dichiarazione negli ultimi cinque anni può ora dichiarare un maggiore importo, pagando il 15% in più (più Iva). Si tratta di un complesso di misure che appaiono potenzialmente attrattive: sia in termini di semplificazione, sia di deflazione del contenzioso, sia di opportunità complessivamente vantaggiose per il contribuente che voglia rimettersi in regola.Appare invece (almeno alla lettura delle bozze provvisorie) assai più preoccupante, oltre che in controtendenza con lo spirito della pace fiscale, la parte del decreto fiscale che riguarda l'Iva, e che sembra purtroppo in totale continuità con le convinzioni e gli obiettivi dei governi di centrosinistra.La bozza del decreto legge, infatti, magnifica la fatturazione elettronica; la reputa lo strumento per contrastare sia l'omessa fatturazione sia l'omessa dichiarazione. Purtroppo non riduce gli adempimenti a carico delle imprese, ma soprattutto immagina (per questa via) un aumento di gettito enormemente consistente: 336 milioni il primo anno, 1,3 miliardi il secondo, 1,8 il terzo, 1,7 il quarto, 1,6 il quinto. Delle due l'una. O la previsione non è realistica, un po' come i 2,1 miliardi di recupero di gettito ipotizzati dall'Agenzia delle entrate nella relazione tecnica ai tempi dell'introduzione del famigerato spesometro, cosa che non è stata più oggetto di conferme o smentite.Oppure, al contrario, la previsione è azzeccata, e allora si rischia una «spremitura» che mal si concilia con le proposte di pace fiscale contenute nella prima parte del decreto fiscale, e anche con una necessaria discontinuità - legislativa e culturale - con i governi di centrosinistra.È francamente paradossale che - con una mano - si lavori a un sostanziale condono, su cui ribadiamo un giudizio positivo, e che però - con l'altra - si insista a mungere la mammella dell'Iva. Capiremo tutto lunedì: augurandoci che da qui ad allora, su questa seconda parte, intervengano modiche non marginali.