2022-01-15
Il centrodestra sceglie il Cav, sinistra in crisi
Il summit di Villa Grande compatta la coalizione e finisce con la designazione di Silvio Berlusconi a candidato unitario per il Colle. Pd e M5s: «Delusi, non lo sosterremo». Ma ora sono nell’angolo: non hanno un nome unico né i voti per poterlo eleggere da soli. Il momento è solenne, il pranzo a Villa Grande con i leader del centrodestra è alla conclusione. Il comunicato ufficiale è pronto. La coalizione chiede a Silvio Berlusconi di «sciogliere in senso favorevole la riserva fin qui mantenuta». Lui, per tutto il pranzo, è stato molto meno goliardico del solito. «Sembrava già calato nel ruolo», dice alla Verità uno dei partecipanti al vertice, «molto serio, meno scoppiettante di come ci ha abituato, meno scherzoso, molto istituzionale». Dunque, ci siamo: il centrodestra ha il suo candidato alla presidenza della Repubblica. O meglio: la coalizione chiede a Berlusconi di candidarsi. Tutti compatti: Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Udc, Noi con l’Italia e Coraggio Italia. Per la sinistra è una legnata tremenda, ora non bastano più i «Berlusconi non va bene»: ora Enrico Letta e Giuseppe Conte devono individuare un loro candidato, un candidato che abbia una consistenza. Un nome che metta d’accordo quell’universo sbrindellato che risponde al nome di «coalizione giallorossa»: un’impresa titanica. Non è certo un caso che pochi minuti dopo la diffusione del comunicato ufficiale del centrodestra Enrico Letta e Giuseppe Conte si affrettino a esternare, in maniera politicamente pleonastica, che Berlusconi non lo voteranno. Il centrosinistra è messo a nudo dalla granitica e per certi versi imprevedibile compattezza del centrodestra: ora toccherà a Pd e M5s trovare una quadra all’interno del fronte giallorosso, un nome da contrapporre a quello di Berlusconi. Un fronte che definire spaccato è un eufemismo: Giuseppe Conte e Luigi Di Maio sono in guerra permanente, Enrico Letta non controlla neanche metà dei gruppi parlamentari dei dem, scelti all’epoca della segretaria di Matteo Renzi. Mario Draghi non sarà mai il candidato di una parte, continuare a pietire un bis di Sergio Mattarella sarebbe grottesco. La speranza di Letta e Conte era che fosse il centrodestra a risolvere i loro problemi interni, mettendo da parte Berlusconi e facendoli gridare alla vittoria, poi proponendo la famigerata rosa di nomi, facendo sì che il prossimo presidente della Repubblica lo scegliesse comunque la sinistra, una sinistra che per la prima volta i numeri in Parlamento per eleggersi il capo dello Stato non li ha, in nessun modo. Riavvolgiamo il nastro di questa giornata storica, comunque andrà a finire questa partita, per il centrodestra. I leader della coalizione arrivano a Villa Grande alla spicciolata: alle 14 e 30 ci sono tutti, il pranzo può iniziare. Intorno al tavolo ci sono , Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, Antonio Tajani, Gianni Letta, Luigi Brugnaro, Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi, Licia Ronzulli. Parmigiana di melanzane, calamari e branzino, carciofi alla romana. Per dessert, viene servita la legge elettorale. Salvini e la Meloni chiedono di mettere nero su bianco l’ancoraggio al sistema maggioritario, il «no» di Forza Italia alle sirene del proporzionale. Berlusconi acconsente. Si passa ai numeri: «Ci ha detto che tanti grandi elettori, anche al di fuori del centrodestra, sono intenzionati a votarlo», racconta alla Verità uno dei partecipanti alla riunione, «la prossima settimana faremo un altro vertice per fare il punto. Intanto, abbiamo organizzato un comitato permanente per monitorare la situazione. Siamo consapevoli che come centrodestra non abbiamo i voti sufficienti: verificheremo che questa prospettiva abbia possibilità di successo. Saremo compatti in qualunque caso», conclude la fonte, «anche se Dio non voglia Berlusconi non dovesse scendere in campo». Alle 17 il vertice è concluso, e viene diramato il comunicato congiunto: «Il centrodestra», si legge nella nota, «che rappresenta la maggioranza relativa nell’assemblea chiamata ad eleggere il nuovo capo dello Stato, ha il diritto e il dovere di proporre la candidatura al massimo vertice delle istituzioni. I leader della coalizione hanno convenuto che Silvio Berlusconi sia la figura adatta a ricoprire in questo frangente difficile l’alta carica con l’autorevolezza e l’esperienza che il Paese merita e che gli italiani si attendono. Gli chiedono pertanto di sciogliere in senso favorevole la riserva fin qui mantenuta». A margine dell’incontro, viene diffusa una nota con la quale Berlusconi, Salvini, Meloni, Cesa e Lupi «confermano a nome dei loro partiti di essere impegnati, in vista delle future elezioni politiche, a non modificare l’attuale legge elettorale in senso proporzionale». Manca la firma di Luigi Brugnaro, di Coraggio Italia, evidentemente ancora ammaliato dalle sirene di un grande centro targato Matteo Renzi. A sinistra è il panico. Dal Nazareno il Pd fa trapelare «delusione per il merito e preoccupazione per le implicazioni che questa scelta può avere». Giuseppe Conte è nero: «Silvio Berlusconi», dichiara l’ex premier, «alla Presidenza della Repubblica è per noi un’opzione irricevibile e improponibile. Il centrodestra non blocchi l’Italia. Qui fuori c’è un Paese che soffre e attende risposte, non possiamo giocare sulle spalle di famiglie e imprese». «Qui a giocare», commenta con La Verità una fonte parlamentare del M5s, «sono Conte e Letta, che non sono stati capaci di trovare un candidato unitario della coalizione. Subiamo il centrodestra e siamo sempre più perforabili da tutte le parti, mentre loro continuano a fare campagna acquisti tra i nostri gruppi». Sarebbero tra i 15 e i 20 i grillini disposti a votare per Berlusconi. «Stanno lavorando come matti», dice il deputato pentastellato.