2021-08-05
Il carozzone informatico del Lazio è guidato da un esperto di turismo
Il Direttore Sistemi Infrastrutturali in Lazio crea Vittorio Gallinella (Ansa)
Luigi Pomponio è presidente e ad della società con 1.713 dipendenti alla quale sono stati sottratti i dati sensibili di 5,8 milioni di cittadini. Una struttura voluta da Pd e M5s. Nicola Zingaretti continua a nascondersi dietro la fatalità«Hallo Lazio!». Scritta bianca su fondo nero, gli hacker che hanno bucato la fortezza di marzapane di Nicola Zingaretti sono stati anche gentili. Così si presentava agli amministratori del server della Regione la schermata dei computer dopo l'assalto del fine settimana. A quel punto i dati sensibili di 5,8 milioni di abitanti, fra i quali il presidente della Repubblica, ministri, rappresentanti istituzionali, capi delle forze armate erano già congelati, nelle mani di quelli che il governatore ha chiamato «terroristi informatici». Sono entrati nel sistema con facilità irrisoria, hanno aperto la porta del forziere con la password di un impiegato di Frosinone in smartworking e hanno passeggiato criptando il criptabile e bloccando ogni attività della regione della capitale.Nel giorno della vergogna, mentre si scopre che in Italia basta qualche sfaticato alle prese con Youporn per rendere vulnerabile lo scrigno con i dettagli personali dei cittadini, Zinga continua a nascondersi dietro la fatalità, dietro il terrorismo cibernetico cattivo. Come se altre aziende non venissero quotidianamente insidiate. Solo nei giorni scorsi Salini ed Erg sono state attaccate: la prima ha respinto i pirati del Web, la seconda è stata perforata. L'impiegato di Frosinone al centro della bufera è uno sviluppatore di Laziocrea, società interamente partecipata dalla Regione, creata per la gestione informatica e digitale di ogni attività dell'ente, e scelta per le prenotazioni dei vaccini dopo che i vertici politici della coalizione Pd-5 stelle avevano snobbato il sito delle Poste. Qui si esce dal romanzo (anche la polizia postale sa quanto sia arduo risalire ai fantomatici hacker siberiani) e si entra nelle responsabilità politiche e personali di una struttura che all'inizio della campagna vaccinale si era autonominata con prematuro ottimismo «regione modello». Ce lo ricordiamo tutti l'assessore alla Sanità (o alla Santità) Alessio D'Amato impegnato a insegnare ai colleghi meno fortunati i segreti del successo. Ora è sceso sottocoperta, la macchina si è improvvisamente fermata e le sue promesse di ripristinare tutto entro tre giorni traballano sotto il sole di agosto. Laziocrea è un carrozzone con 1.713 dipendenti che costano 83 milioni l'anno più 5,5 milioni di «promozioni culturali». È nato nel 2014 dalla fusione di Lazio service e Lait Lazio proprio per gestire la «semplificazione e digitalizzazione dei processi interni della regione e lo sviluppo di soluzioni capaci di ridurre i costi della spesa pubblica». Tutto questo con professionalità in teoria eccellenti per navigare dentro l'oceano in tempesta della cybersicurezza. In realtà molte assunzioni sono state fatte con chiamata diretta, calate dall'alto dalla politica. Forse anche per questo, nel momento più delicato, la società si è ritrovata con una corazza di burro e senza schermature idonee a respingere il tentativo di violazione. Il moloch che sta alla Silicon Valley come un lume di candela a una lampada di Flos, è stipato nei cinque piani di un palazzo di via del Serafico a Roma. Un immobile in affitto che gli italiani pagano 2.744.000 euro all'anno.A guidare Laziocrea è Luigi Pomponio che accorpa i ruoli di presidente e amministratore delegato guadagnando 20.000 euro per il primo incarico e 110.000 per il secondo. Esperto di economia d'impresa e di società di servizi nel settore turistico, è stato coordinatore della segreteria di Antonio Maccanico (ministro con Romano Prodi, Massimo D'Alema e Ciriaco De Mita), poi per 18 anni ha guidato da manager l'«Opera laboratori fiorentini», organizzando eventi e congressi. Il suo primo exploit, nel 2001, fu la riuscita del concorso ippico di Piazza di Siena. In tutto ciò è difficile scorgere forti propensioni alle guerre stellari digitali. Dopo le prime verifiche, la polizia postale ha affermato che «l'ipotesi più accreditata è la vulnerabilità del sistema». Un'implicita ammissione che Laziocrea doveva difendere meglio i dati sensibili dei cittadini e i backup, lasciati colpevolmente agganciati al server violato. Eppure meno di due anni fa era stato inaugurato il nuovo «data center regionale», cuore dalla Information technology del Lazio con la non indifferente spesa di altri 25 milioni. Per fortuna avrebbe dovuto essere, come da comunicato entusiasta, «un potente motore per lo sviluppo digitale della regione». Dopo il flop, il responsabile dei Sistemi d'emergenza, Vittorio Gallinella, ha tentato una difesa d'ufficio: «Tutti i protocolli dei nostri sistemisti sono stati rispettati». Risposta beffarda del deputato della Lega, Massimiliano Capitanio: «Zingaretti e i suoi hanno messo sul tavolo le ipotesi più surreali, manca solo quella di un attacco da Marte». Ora in Regione Lazio si corre per far ripartire altrove le prenotazioni vaccinali. In quanto assessore alla Santità, D'Amato è chiamato a fare il miracolo.
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