
Lo scandalo travolge il professor Francesco Aiello, la cui investitura è stata maldigerita da molti M5s. Lui: «Sciacallaggio politico».In Calabria scoppia un'altra grana per il Movimento 5 stelle, che dopo aver rifiutato per le elezioni regionali l'apparentamento con il Pd, si ritrova con un candidato che subito passa alla ribalta delle cronache nazionali per una villetta che sarebbe parzialmente abusiva.«Sciacallaggio politico», tuona l'interessato, ovvero il professore Francesco Aiello, docente dell'Università della Calabria. «Una casa costruita 40 anni fa dai miei genitori, per la quale non c'è alcun ordine di demolizione». Un po' come Luigi Di Maio, anche il professore calabrese - candidato dei 5 stelle alla presidenza della Regione - lascia intendere che le colpe dei padri non possono ricadere sui figli. Il docente universitario finisce nella bufera pochi giorni dopo aver sciolto la riserva sulla sua discesa in campo come aspirante governatore della regione più disastrata d'Italia.Tutta colpa di una decisione del Tar che ha dichiarato «parzialmente abusiva» la villetta di famiglia edificata negli anni Ottanta a Carlopoli, nel Catanzarese. Un problema non di poco conto per il prof, espressione di un movimento che fa una crociata della trasparenza e della difesa del territorio in una terra che, a causa dell'abusivismo edilizio, ha pagato un prezzo altissimo in termini di disastri e vite.Una villetta «parzialmente da abbattere», scrive La Repubblica. «Ho letto la notizia e aspetto chiarimenti», afferma, invece, Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e capo politico del M5s. «A distanza di quasi 40 anni e proprio quando decido di mettermi a servizio della mia gente e della mia terra, mi viene dunque attribuita una responsabilità che non ho» sbotta dal canto suo Aiello. Un contenzioso iniziato negli anni Novanta e che arriva fino ai giorni nostri.E ancora: «Vengo additato per una casa che non ho realizzato io. Inoltre mi si rimprovera di non averla ancora demolita. Nello specifico non c'è alcun ordine di demolizione da parte della giustizia amministrativa, Tar e Consiglio di Stato, che ha stabilito che debba essere il Comune di Carlopoli a scegliere quale provvedimento applicare».Il caso potrebbe frenare la corsa alla Regione di Aiello, la cui investitura già alla vigilia è stata maldigerita da una buona parte dei parlamentari grillini calabresi. I 5 stelle peraltro, respinte le lusinghe per un'alleanza, vengono ora accusati platealmente dal Partito democratico di «consegnare la Regione ai sovranisti». Poi c'è una curiosità da segnalare.Quattro anni fa, quando l'attuale governatore calabrese Mario Oliverio (Pd) fu costretto a rimpastare la giunta regionale, per via di un'inchiesta giudiziaria che coinvolse alcuni esponenti dell'esecutivo, Francesco Aiello si propose espressamente al presidente della Regione per diventare uno dei nuovi assessori regionali. Oliverio poi fece altre scelte. Era l'estate 2015 quando scoppiò la rimborsopoli calabrese. L'indagine condotta dalla procura di Reggio Calabria vedeva indagati, tra gli altri, alcuni assessori di Oliverio, che per questo decise di azzerare la sua giunta e farne una nuova, incaricando tecnici esterni e non esponenti politici. Alcuni giorni dopo rimborsopoli, il professore Aiello fa la sua proposta al governatore del Pd, «per consentire alla Regione di avere un colpo di reni». «Sono stanco di vedere cadere pezzi importanti di questa terra», dichiarava il docente all'Unucal, «senza poter fare alcunché. È necessario dare una svolta, rompere i catenacci e guardare oltre».Si deve «lavorare con metodo, massimizzando l'efficacia di ogni singola azione. Guardare oltre i tempi di una legislatura. Trascurare gli interessi di breve periodo della politica, privilegiando gli interessi di una regione che ha fame di sviluppo».«Pensare e attuare soluzioni eccezionali», concludeva il prof, «per una stagione istituzionale costellata da anni di eccezionalità».Adesso vedremo che conseguenze porterà questo nuovo caso, che certo non aiuta i grillini, già alle prese con una differenza di vedute interna sulla linea da adottare per le elezioni regionali che si svolgeranno il prossimo 26 gennaio, in concomitanza con le votazioni in Emilia Romagna.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.
Automobili Byd (Ansa)
La società cinese ha selezionato 85 ditte dell’indotto automobilistico mollate dall’ex Fiat. Rendere profittevole l’elettrico anche qui, quindi, è possibile... per chi sa e vuole farlo.
Byd si sta prendendo tutti i fornitori italiani che Stellantis ha lasciato a piedi. Verrebbe da pensare, allora, che il modo per rendere profittevole l’auto elettrica in Italia esiste e forse il gruppo guidato dall’ad Antonio Filosa non ha saputo coglierne le opportunità.






