2024-10-06
Il bellicoso Macron ora dice: «Basta armi»
Appello di Joe Biden affinché l’arsenale di Teheran non diventi un obiettivo. Donald Trump: «Colpire i siti nucleari».Mentre si rincorrono ipotesi sulla risposta israeliana in Iran e si invita a disinnescare un conflitto più esteso in quella che sembra essere una corsa contro il tempo, è arrivata la dichiarazione del presidente francese, Emmanuel Macron: «Basta armi». Sembrerebbe quasi uno slogan pacifista ma in realtà lascia trasparire un chiaro segnale diretto a Washington. Infatti, alla radio France Inter, Macron ha annunciato che la Francia organizzerà a ottobre una conferenza internazionale a sostegno del Libano. E ha dichiarato: «Penso che oggi la priorità sia quella di tornare a cercare una soluzione politica e smettere di fornire armi per portare avanti i combattimenti a Gaza». Poi ha voluto sottolineare che, riferito alle armi, «la Francia non ne fornisce», precisando quindi una linea opposta rispetto a quella portata avanti dall’amministrazione americana, da cui ora prende dunque le distanze. Anche se, a onor del vero, pur non essendo Parigi il maggior fornitore di armi di Israele, non è che gli aiuti francesi siano stati proprio pari a zero. Secondo le stime ufficiali transalpine, Macron ha comunque fornito a Israele 30 milioni di euro in attrezzature militari l’anno scorso. Queste dichiarazioni accompagnano anche la visita del ministro degli Esteri francese, Jean-Noel Barrot , in Medio Oriente, dato che domani dovrebbe proprio essere in Israele per cercare un posto al sole nelle trattative diplomatiche. Va anche ricordato che il capo dell’Eliseo ha un atteggiamento opposto nei confronti dell'Ucraina, visto che ha dichiarato in diverse occasioni che l’Europa dovesse essere pronta a combattere. Il presidente americano, Joe Biden, dal canto suo, dopo essersi dichiarato contrario all’ipotesi di un raid israeliano sui siti nucleari iraniani, pare voler bocciare anche il possibile piano di attaccare gli stabilimenti petroliferi di Teheran. Biden infatti ha sostenuto: «Se fossi nei panni d’Israele, penserei a delle alternative rispetto a colpire le strutture petrolifere», avvertendo anche Netanyahu che «nessuna amministrazione ha aiutato Israele più di me» e, sempre riferito a Bibi, ha notato che «dovrebbe ricordarsene». Di visione opposta il candidato repubblicano Donald Trump che, durante un comizio elettorale in North Carolina, non si è mostrato contrario riguardo a un possibile bombardamento israeliano sui siti nucleari di Teheran. E, non esisterebbe nemmeno una visione univoca all’interno del Pentagono. Secondo il New York Times, infatti, alcuni funzionari temono che Israele possa intraprendere una risposta sconsiderata dato che si sentirebbe protetta dagli Stati Uniti in caso di bisogno. Nel frattempo, dall’altro lato della barricata, continuano le visite del ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ai Paesi amici per consultazioni bilaterali e, dopo il Libano, ieri è stato il turno della Siria. Da Damasco, Araghchi fa sapere che «lo scopo della visita è il cessate il fuoco a Gaza e in Libano» e, siccome «Israele capisce solo la forza», ha invitato la comunità internazionale a opporsi ai «crimini di guerra» israeliani. Inoltre, ha esortato i Paesi del movimento di resistenza contro «il regime sionista» a «coordinare gli sforzi per porre fine alle aggressioni del regime», concludendo che «la risposta dell’Iran a qualsiasi aggressione da parte di Israele sarà ancora più forte e severa». A dargli manforte il presidente siriano Bashar Al Assad, secondo cui l’attacco missilistico iraniano sul territorio israeliano è stato «una lezione all’entità sionista», aggiungendo che Teheran avrebbe insegnato che «l’asse della resistenza è in grado di compiere deterrenza verso il nemico e sventarne i complotti». Dall’Iran, il ministro del Petrolio, Mohsen Paknejad, parlando da Assaluyeh, avrebbe svelato di non essere preoccupato per eventuali attacchi israeliani contro gli impianti petroliferi.Intanto, mentre domani ricorre l’anniversario dell’attentato di Hamas in Israele, Reuters ha visionato degli scambi di email risalenti ai giorni successivi, precisamente dall’11 al 14 ottobre dell’anno scorso, in cui diversi funzionari del Pentagono e del dipartimento di Stato americano avevano avvertito la Casa Bianca che il crescente numero di vittime a Gaza avrebbero violato il diritto internazionale e danneggiato le relazioni degli Stati Uniti con i Paesi arabi, anche minandone la credibilità. E pare quindi che ci siano state delle pressioni interne all’amministrazione Biden per cambiarne la retorica, passando dalla solidarietà verso Israele a messaggi di compassione verso i palestinesi.
Donald Trump (Getty Images)
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)