2022-09-20
Il battito del bimbo prima dell’aborto? Consenso informato
Quante bugie su quello che è e resta l’omicidio di un innocente. La pratica ungherese aiuta le donne in una scelta drammatica. dimenticare che la bugia fa male, sempre e a chiunque, e che solo chi vive di falsità ha paura della verità e deve attrezzarsi di bugie. In questi giorni caldi a causa dell’appuntamento elettorale, è tornato alla ribalta il tema dell’aborto, cui è stata addirittura attribuito il valore di «bandiera» di partito. Di tutto si parla, si discute, si fanno trucchi ideologici e di linguaggio di fronte ai quali i più esperti prestigiatori impallidiscono, nel tentativo di non dire la più semplice e inconfutabile delle verità: l’aborto è l’omicidio di un bimbo innocente. E tale rimane, sempre e comunque, anche al di là delle ragioni, magari drammatiche, che lo possono aver determinato. In queste ultime ore, la polemica politica si alimenta della decisione ungherese si far ascoltare il battito cardiaco del bimbo, prima che la mamma decida definitivamente e liberamente di procedere con la pratica abortiva scelta. Questa scelta – va detto a chiare lettere – si chiama «consenso informato» ad una pratica medica, per garantire la piena consapevolezza di scelta di chi ne fa richiesta. Oggi, in tutto il mondo civile, è lo strumento di pratica clinica che regola il rapporto medico/paziente: a fronte di qualsiasi atto medico-chirurgico, il soggetto interessato deve essere prioritariamente informato di tutte le conseguenze, anche pericolose o negative, che quell’atto comporterà. Va da sé che quelle informazioni devono essere massimamente chiare, semplici e veritiere. Ora, se una donna chiede di abortire non può non essere informata che la conseguenza sarà la morte del bimbo che porta in grembo: il suo cuoricino battente, si fermerà. Per sempre. È la terribile verità, che non ammette bugie. Perché, di bugie, su questo tema, se ne sono dette a vagonate, dal 1978 ad oggi: dal grumo di sangue, all’ammasso di cellule, al materiale biologico, allo scarto tissutale, ad un’appendice materna di cui disporre. No cari signori, nulla di tutto questo: è il cuore di un bimbo che si ferma e che l’intera società civile avrebbe il dovere assoluto di cercare di proteggere e far nascere, per rispetto a lui e alla mamma. Già, perché nessuna mamma vorrebbe eliminare il proprio piccolo e, quando lo fa, lo fa perché è sola, abbandonata, disperata, ricattata, senza nessuna concreta alternativa che aiuti lei e il suo bimbo a vivere. Questo è il vero tema da affrontare quando parliamo di aborto. Il resto è solo fuffa ideologica, inganno e mistificazione di chi ha paura della verità. Faccio il neurochirurgo da oltre 40 anni, quando devo operare al cervello un paziente che a me si rivolge, ho il dovere assoluto di informarlo dettagliatamente di quanto potrà accadere: se c’è rischio di morte, ho il dovere di dirlo esplicitamente, correlando il tutto con dati e statistiche. E se non lo faccio, vengo meno a un dovere sia deontologico che legale, passibile di sanzione. Ora, far ascoltare il battito del cuoricino del bimbo prima della decisione abortiva definitiva ha certamente un grande impatto emotivo, ma è la pura e semplice verità, che non può essere ignorata, se vogliamo che la decisione finale sia veramente consapevole. Anche dire a una persona che domani dovrà essere operata, o sottoposta ad un pesante ciclo di chemioterapia, che rischia di morire, ha un impatto psicologico enorme… ma non si può e non si deve tacere! E così come facciamo in questi casi, in cui accompagniamo la scelta garantendo che «ce la metteremo tutta» per ottenere il meglio, perché non promettere a quella mamma che «ce la metteremo tutta» per garantire una vita buona a lei e al suo bimbo? Sono molti anni, che in ogni piazza, convegno, dibattito, conferenza vado ripetendo una domanda indirizzata alla ragione e al cuore di ogni cittadino: «Chi ci perde, in particolare nella nostra Italia, se riusciamo a far nascere un bimbo di più?». Ora, in pieno clima elettorale, non deve venir meno la sapienza, onesta e semplice, che permette di individuare con certezza chi ha paura della verità, trasformando la tragica evenienza dell’aborto in un diritto umano intoccabile.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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