2019-08-25
«Il 4 marzo abbiamo battuto le élite. Non possiamo governarci assieme»
Gianluigi Paragone: «Di Maio è il mio capo politico ma gli suggerisco di non dimenticare quella lezione: il popolo percepisce i dem come establishment. La soluzione è il voto, altrimenti ricuciamo con la Lega sulle cose riuscite».Gianluigi Paragone, senatore pentastellato, è in trincea contro l'eventualità di un accordo giallorosso. In una conversazione con La Verità, chiarisce lo stato dei fatti e le sue valutazioni. E ricorda un punto di fondo: il 4 marzo il popolo ha battuto il vecchio establishment. Senatore, lo fanno l'accordo giallorosso che a lei tanto poco piace? «Non lo so, perché vedo che c'è grandissima confusione nel Pd. Le stesse rivelazioni audio venute dalla scuola politica di Matteo Renzi non sono un incidente, ma sono esattamente parte del suo percorso. La Boschi lo dice chiaramente: “I grillini sono incompetenti, ma dobbiamo fare l'accordo con loro per fermare la Lega". La loro è mera tattica: non c'è nessuna densità politica. Chi ragiona così è pronto a un altro tradimento, a un'altra giravolta».Ci aiuti a capire. Secondo il noto adagio giornalistico, i fatti separati dalle opinioni. Primo fatto: Beppe Grillo lo vuole o non lo vuole l'accordo con il Pd? «Io conosco Beppe Grillo soprattutto come artista a tutto tondo. Non basta definirlo “comico": è un pensatore che usa anche il registro della comicità per mandare i suoi messaggi. Ecco, è un uomo di visioni più che di battaglie tattiche. Pensa a cose più lunghe: ad esempio all'ecosostenibilità, a un tema che troppo frettolosamente è classificato come ambientalismo, e invece esprime una nuova visione della società. Per questo, non riesco a misurarlo sul metro del giorno per giorno».E Di Maio? Secondo lei è convinto di andare con il Pd, che lui stesso ha definito «il partito di Bibbiano»? «Luigi Di Maio, come tutto il Movimento, ha subìto un atto predatorio da parte della Lega. Davanti a questo, non bastano certo i confetti per riappacificarsi… Ciò detto, Di Maio parte da 10 punti. Secondo me quei 10 punti possono rappresentare la base di una ripresa del dialogo con Salvini. Guardando indietro, io sono contento di quello che abbiamo fatto in un anno e mezzo con la Lega, mentre il Pd ci votava contro su tutto. Secondo me il prossimo terreno di scontro sarà proprio sugli uomini da mettere nel governo: e lì sarà chiaro che il reale intendimento dei democratici è tornare al potere. Sapesse quanto fanno gola le poltrone e i consigli di amministrazione di Eni, Enel, Poste, Leonardo…».I social network M5s sono diventati un inferno: cittadini infuriati, commenti incazzatissimi. Ma i vertici li leggono quei messaggi, che vanno proprio nella direzione della sua battaglia? «Ma infatti io non credo proprio di essere isolato nel Movimento. Il Pd è il partito dell'establishment, è il partito dell'élite, e la gente lo percepisce così. Cos'è successo il 4 marzo? La vittoria del popolo sull'élite e sull'establishment, di cui ora la gente non vuole il ritorno. Troppo spesso facciamo il rendiconto delle reciproche dichiarazioni quotidiane, e dimentichiamo le tesi di fondo».Ci descriva la situazione dei gruppi parlamentari pentastellati. Al di là dell'ovvio terrore della non rielezione da parte di molti che hanno vinto il biglietto della lotteria nel 2018, lei che stati d'animo percepisce?«Percepisco rabbia e delusione da parte di chi ha sentito conficcarsi nella carne gli artigli di quelli che credevamo essere i nostri compagni di viaggio. Parliamoci chiaro: gli atti predatori in natura esistono. Ma se non concludi l'atto predatorio, è evidente che io mi incazzo e imposto il contrattacco».Ma al Senato ci sarebbe una consistente fronda anti intesa con il Pd?«Non me ne preoccupo. Se me ne occupassi, ragionerei secondo le vecchie logiche di palazzo».E allora veniamo alle sue opinioni. Cosa dovrebbe e cosa non dovrebbe fare il Movimento? «Premetto che Di Maio si sta comportando bene. Io che pure non ho risparmiato critiche su certe cose, avverto l'esigenza di Di Maio come capo politico, come colui che chiude i processi decisionali. Il suggerimento che gli sottopongo è quello di non dimenticare la grande lezione del 4 marzo: noi siamo popolo, gli altri élite. So bene che non è facile fare il capo politico, ma a maggior ragione non si deve dimenticare la lezione di fondo, che non viene meno dopo un anno e mezzo. Il Pd non ha affatto completato la sua traversata nel deserto».C'è spazio per una nuova intesa con Matteo Salvini o meglio le urne? «La prima opzione sono le urne, assolutamente».E l'altra ipotesi, cioè un nuovo accordo?«Si tratta di tentare di ripartire dalla trama di un governo che ha fatto cose di buon senso. L'altro ieri ero alla Berghem Fest leghista, e ho sentito il capogruppo della Lega alla Camera Molinari far proprio il tema della lotta alla povertà anche attraverso il reddito di cittadinanza, così come ho sentito il viceministro all'Economia Garavaglia dire che non lo toglierebbe, e semmai lo completerebbe. Insomma, non è vera la narrazione di una Lega diventata contraria alle misure del M5s: semmai, e questo lo sosteniamo anche noi, si tratta di un percorso che va messo in equilibrio. Ma nessuno può dimenticare che i cosiddetti “bravi" e “competenti" avevano raddoppiato la platea dei poveri».Lei è stato molto coraggioso a dire che non avrebbe voluto i voti di Maria Elena Boschi per presiedere la Commissione Banche e che è fiero di stare dalla parte opposta rispetto a Renzi.«Una Commissione d'inchiesta serve per fare luce su un mondo nel quale si innerva il sistema di potere del centrosinistra, almeno dal Pds in poi. Pensiamo a Mps. Per come interpreterei io la presidenza, non potrei avere il sostegno della Boschi. Di più: la sua stessa partecipazione alla Commissione ci fa capire che il Pd non ha intenzione di cambiare». Non le pare che molti protagonisti stiano dimenticando un «dettaglio», e cioè lo sconcerto dei cittadini davanti a questi giri di valzer?«Beh, questo vale soprattutto per la Lega. Se si fosse limitata a porre la questione politica anziché consumare questo strappo…».E allora dia un consiglio pubblico anche a Matteo Salvini.«Non credo che abbia bisogno dei miei consigli. Mi pare dalle sue dichiarazioni che abbia capito l'insensatezza della crisi».Che farà lei personalmente se le cose prendessero una piega opposta ai suoi auspici?«Sono abituato a commentare una partita quando vedo i 22 giocatori delle due squadre schierati in campo. Qui non vedo ancora niente di definito».
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