2019-07-06
I teologi hanno cambiato parrocchia. Stanno con i no global dei sette mari
Avvenire pubblica lettere di sacerdoti entusiasti di Carola Rackete e delle organizzazioni che trasbordano africani in Italia. Traggono conclusioni da quinta elementare: «Se la solidarietà è reato, siamo colpevoli». Laggiù in fondo, oltre Lampedusa, in un orizzonte come sempre tempestoso, arrivano i teologi della migrazione. È una nuova vocazione, di sicuro una nuova professione. Si avvicinano con la loro bontà e la loro suprema rettitudine, preceduti da incensi e salmi, pronti ad andare in soccorso non dei cittadini spaesati in cerca di certezze, non dei fedeli che chiedono di capire la parola divina, ma dei clandestini (spesso atei o musulmani) sempre e comunque. Gli uomini di pensiero sono accanto a chi li preleva dagli scafisti, li conduce, li sbarca e per raggiungere l'obiettivo politico forza le regole di un paese sovrano. In questo caso Carola Rackete, che in due lettere al miele pubblicate dal quotidiano Avvenire diventa l'eroina dei professori della fede, con la tonaca e senza.Per la verità la prima delle missive è indirizzata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e dilaga come un fiume largo ma poco navigabile nella pagina due del giornale, completata dalla seconda lettera più contenuta. Sono accompagnate da un distico entusiasta del direttore Marco Tarquinio, che sottolinea come «il modo migliore per parlare alla gente semplice di Dottrina, di Morale, di Sapienza è applicarle a vicende concrete, alla vita quotidiana e ai casi che in essa si verificano». E il caso - ma guarda che combinazione -, è quello della Sea Watch, preso a prestito per tirare una linea di demarcazione fra il Bene e il Male, dove il bene è rappresentato dalla disobbedienza civile (così affascinante nelle penombre di certe sacrestie) e il male dalla legge e da chi ha la funzione di farla rispettare.I docenti della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, sezione San Luigi, non si limitano a esprimere solidarietà alla piratessa tedesca, ma chiedono «di essere indagati e processati anche noi per apologia di reato e ci offriamo di ricevere la pena prevista per questo reato». Sottolineano con semplicismo da social network: «Se la solidarietà sta divenendo in Italia un reato, allora noi vogliamo compiere ogni reato di umana solidarietà». E traggono una conclusione da quinta elementare, che non tiene conto della realtà e di quella complessità sociale che agita le acque della filosofia moderna: «Non lasceremo sola la comandante Rackete, che con la sua disobbedienza civile ha dimostrato una passione per l'umanità esemplare». Un attivista da centro sociale non avrebbe saputo esprimere meglio il concetto. Nella pagina di Avvenire tornano a fremere le due ossessioni che in questa stagione albergano nell'animo dei sacerdoti e di coloro che professano la fede guidati dal pregiudizio politico: la questione dei migranti declinata nel grande abbraccio a prescindere di papa Francesco e il Vade retro Satana dedicato al vicepremier Matteo Salvini. Anche i teologi che fanno a gara a trasformarsi in polene della Sea Watch in speronamento e subito dopo in epigoni di Horatio Nelson per spiegarne la condotta, dedicano una quota parte di anatemi al leader leghista: «Troviamo inaccettabili le parole dell'attuale ministro dell'Interno il quale, mentre agita a scopo elettorale il Vangelo e il Rosario, parla di atto di guerra compiuto dalla comandante Rackete. È inverosimile e anche ridicolo sostenere che una minuscola unità navale totalmente disarmata e con a bordo dei poveri naufraghi, voglia e possa far guerra all'Italia».Il ragionamento si dipana dove l'acqua è bassa. Eccitati dal gesto di Carola, i 32 teologi firmatari non sono neppure sfiorati dal dubbio che un Paese abbia priorità sociali oltre la solidarietà, come la sicurezza dei cittadini, il rispetto della legge, la giusta distribuzione delle quote migratorie. Scatta il riflesso condizionato che sta facendo perdere consensi alla Chiesa: hanno tutti ragione tranne gli italiani. L'afflato progressista è comprensibile, soprattutto se tra i firmatari c'è quel don Matteo Prodi (nipote dell'ex premier e fondatore dell'Ulivo) che ha come chiodo fisso nei suoi scritti «la costruzione di una società più giusta e inclusiva». Due anni fa Prodi junior, sacerdote a Bologna, fece un gesto di rottura: lasciò la parrocchia comunicandolo dal pulpito. Poi su Facebook spiegò: «Non a tutti piace o è piaciuta la mia vita, a nessuno era lecito portare in pubbliche piazze valutazioni negative su di me». Era stato criticato per avere ospitato profughi in canonica.La seconda lettera, dello stesso tono ma solo più breve, è firmata dal Consiglio di presidenza dell'Atism (Associazione teologica italiana per lo studio della Morale) ed esprime «profonda preoccupazione per alcune dinamiche manifestatesi in relazione alla vicenda della nave Sea Watch». Chi si attende un'attenzione per la complessità dei fatti, una parola di conforto ai militari italiani speronati, un accenno alla protervia della piratessa rasta è destinato a rimanere deluso: «Desideriamo esprimere profonda soddisfazione per le decisioni del gip di Palermo». Alessandra Vella è di Agrigento, ma non si può pretendere che luminari del pensiero cattolico si soffermino sulla geografia. Applauso incondizionato, tutti schierati sulla tolda con le tonache svolazzanti al vento. Con rotta verso la Tortuga.