2019-06-14
I tassisti del mare sfidano la legge e puntano sull’Italia
Sea Watch rifiuta Tripoli e vira verso Lampedusa con a bordo 52 immigrati. Il Viminale: «È sequestro». E dirama una diffida.Sea Watch continua a infischiarsene delle indicazioni delle autorità e pur di far crescere il livello dello scontro con il Viminale si è tenuta a bordo, al largo delle coste africane, i 52 immigrati che aveva tirato su l'altro giorno. Ieri Tripoli ha offerto alla nave della Ong tedesca, che aveva chiesto di poter sbarcare, un porto sicuro, ma nonostante ciò la Guardia costiera libica ha visto il natante con gli immigrati a bordo allontanarsi verso la Tunisia e fermarsi in mezzo al Mediterraneo. Nel primo pomeriggio la nave era a 69 miglia da Zarzis, a 48 da Tripoli, a 124 da Lampedusa e a 176 da Malta. Ma c'è da scommettere che, come al solito, alla fine punterà verso l'Italia. Per scongiurare questa possibilità, il Viminale ha fatto notificare alla Ong una direttiva preventiva per diffidare «l'ingresso nelle acque territoriali italiane di Sea Watch», che è stata inviata alle forze di polizia terrestri e marine. Saranno loro a curarne l'esecuzione, «a partire», si legge nel documento, «da ogni possibile forma di diffida, nonché di intimazione di divieto di ingresso e transito nelle acque territoriali, in caso di eventuale avvicinamento dell'imbarcazione in acque di responsabilità italiane». Nella direttiva, il ministro Salvini «dispone di vigilare affinché il comandante e la proprietà della nave Sea Watch 3 si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare; rispettino le prerogative di coordinamento delle autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai Paesi costieri limitrofi».La rotta intrapresa, fanno sapere dal Viminale, ha creato inutili sofferenze agli immigrati a bordo, tra i quali ci sono dei bambini che, come aveva richiesto proprio la Ong tedesca, avevano necessità di sbarcare al più presto. Ma dai social ufficiali dell'organizzazione non governativa è arrivata la sorpresa. «La Sea Watch non sbarcherà i naufraghi in Libia», twittano dalla nave. E siccome «Tripoli non è un porto sicuro», sostengono, «riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine». Ma allora perché chiedere un porto di sbarco sicuro alla Libia per poi cambiare rotta?Sea Watch pensa di uscirsene così: «È vergognoso che l'Italia promuova queste atrocità e che i governi Ue ne siano complici». Il ministro dell'Interno Matteo Salvini è stato molto fermo. E dopo aver definito la nave «illegale», ha precisato: «Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente».«Motivi politici»I legali della Ong, Alessandro Gamberini e Leonardo Marino, hanno subito dopo annunciato una querela per diffamazione nei confronti di Salvini. «Il ministro ha rilasciato, ancora una volta, innumerevoli dichiarazioni diffamatorie a mezzo stampa insultando la Ong e l'operato della sua nave; operato che si sostanzia, sempre, in legittima attività di soccorso e salvataggio». Poi, hanno negato l'esistenza di comunicazioni libiche: «Occorre precisare che le autorità libiche non hanno dato alcuna indicazione alla nave da noi rappresentata, la quale ha rispettato la vigente normativa internazionale che, come oramai noto, vieta il trasbordo e lo sbarco in territorio libico. Il ministro sa bene che fare rientrare chi fugge da guerre, violenze e soprusi in un Paese che non è qualificato come porto sicuro, in costante guerra civile, costituisce una gravissima violazione dei diritti umani, del diritto del mare e del diritto dei rifugiati. Utilizzare l'importante ruolo istituzionale di capo del Viminale, in assenza di elementi oggettivi a supporto delle proprie asserzioni, costituisce violazione delle proprie competenze». Quella messa in campo dalla Ong sembra una strategia politica per indebolire la politica italiana dei porti chiusi. Anche perché è stato proprio il comandante della nave a smentire la comunicazione degli avvocati. Rivolgendosi alla Guardia costiera libica, ha fatto presente che la nave «batte bandiera olandese ed è obbligata ad aderire alle leggi olandesi e internazionali riguardanti la ricerca e il soccorso di persone in mare». E secondo le norme, ha comunicato il capitano, «siamo obbligati a trasportare le persone soccorse in un posto sicuro». Dunque, ha aggiunto, «non possiamo sbarcare le persone soccorse in un porto libico». A Tripoli, secondo il comandante, dopo lo sbarco i migranti vengono portati nei centri di detenzione. E alla fine ha chiesto l'indicazione di un altro porto. Ma c'è da scommettere che la meta sarà Lampedusa.Salvini, per nulla impensierito dall'annuncio di querele, ha replicato sui social: «Gli abusivi della Ong mi querelano? Uuuhh, che paura». E subito dopo ha dichiarato ufficialmente: «Spieghino perché hanno chiesto a Tripoli un porto sicuro. E perché, dopo la risposta positiva, hanno atteso per ore davanti alla costa africana. Avevano il via libera allo sbarco, l'atteggiamento della Sea Watch sembra un vero e proprio sequestro di persona per motivi politici. Polemizzano con il Viminale sulla pelle degli immigrati». E alla fine ha colto l'occasione per ricordare: «Per gli scafisti e i loro complici, i porti italiani sono e rimangono chiusi».