2019-11-28
I sovranisti tanto in tv? Perché funzionano
Il Foglio e Il Fatto si sono alleati nella crociata per far cacciare Matteo Salvini dal piccolo schermo. Secondo i suoi avversari, gode di troppa attenzione: peccato che venga invitato per i suoi ascolti. Dietro la scusa del pluralismo c'è la solita voglia di censura. Va bene che siamo nel tempo in cui tutti i valori si ribaltano e sovvertono, ma qui si sta un po' esagerando. Da qualche giorno si è cementata una stravagante alleanza, forse ancora più assurda di quella Pd-5 stelle che ha dato vita all'attuale governo. Il Foglio e Il Fatto quotidiano - due quotidiani che esprimono idee apparentemente opposte e inconciliabili - si trovano uniti nell'invocare l'oscuramento catodico dei sovranisti. Il punto, sostengono, è che Matteo Salvini e più in generale gli esponenti della Lega sono troppo in televisione. La Rai, dice Claudio Cerasa, «è incomprensibilmente occupata dai partiti che si trovano all'opposizione (sia nei programmi di approfondimento sia nelle rubriche curate dalle varie testate la Lega ha avuto più spazio di tutti)». Ecco perché i partiti di governo, a cominciare dal Pd e da Italia viva, dovrebbero «occuparsi della Rai e magari tornare a occuparla, in attesa che Silvio Berlusconi torni a far pesare il suo splendido conflitto di interessi ridimensionando almeno sulle sue reti l'egemonia del salvinismo e dei suoi trucidissimi cantori».Al Fatto sono totalmente d'accordo. Ieri, sull'argomento, hanno interpellato fior di opinionisti, alcuni dei quali ci sono andati particolarmente pesanti. Secondo Gad Lerner, per esempio, c'è «una sudditanza psicologica di molte trasmissioni, che accettano supinamente che l'agenda degli argomenti da trattare in tv sia quella imposta dalla presenza di Salvini». A detta di Gad, «il leghista ha plasmato il gergo di alcune trasmissioni, si è reso protagonista di un inquinamento culturale». Andrea Scanzi, che solitamente si distingue per originalità dalla massa degli editorialisti, quando sente parlare di Salvini non ci vede più dalla fame, e decreta: «È proprio come Renzi: va solo dove gli fanno interviste sdraiate». In un colpo solo è riuscito a dire una bugia e una verità. Piaccia o meno, il capo leghista va spesso e volentieri in trasmissioni in cui i conduttori lo sbranerebbero con gusto (e talvolta ci riescono pure). Lilli Gruber di certo non si è sdraiata al suo cospetto, anzi lo ha infilzato a ripetizione, e lo stesso Scanzi lo riconosce. E non si è tirata indietro nemmeno Bianca Berlinguer martedì sera (Scanzi dovrebbe ricordarlo, perché era ospite nello stesso programma). L'editorialista del Fatto, però, a differenza di altri ricorda con onestà anche un particolare non irrilevante: l'onnipresenza di Matteo Renzi ai tempi d'oro. Persino al Foglio non possono negare l'occupazione renziana di talk show, trasmissioni pomeridiane, mattutine e serali. Non furono pochi i conduttori (anche di sinistra) a perdere il posto con il Bullo trionfante. Cose che capitano. In realtà, l'aria non è molto cambiata. La gran parte dei programmi di informazione, in questo Paese, resta schierata a sinistra. La retorica è di sinistra, gli argomenti sono di sinistra, il modo di trattare con chi ha opinioni diverse è di sinistra. Non ci risulta che a Nicola Zingaretti venga riservato il trattamento offerto a Salvini durante le interviste singole. E lo stesso vale per i più o meno illustri esponenti dell'intellighenzia progressista, a partire dall'indagata Carola Rackete, che può liberamente concionare da Fabio Fazio e altrove, senza che nessuno le ponga un interrogativo almeno spinosetto. Di nuovo: sono cose che capitano, in questo Paese. Anche perché i sovranisti (cioè la «destra destra», ci sia concessa la semplificazione) non sono mai riusciti a esercitare l'egemonia culturale nemmeno quando ne avrebbero avuto l'occasione. Ma torniamo al nocciolo della questione, e lasciamo da parte ogni recriminazione: lungi da noi il piagnisteo. Salvini va in televisione e anche tanto, non c'è dubbio. Ma se ci va c'è un motivo. Intanto gode di un largo consenso, stando ai sondaggi e agli esiti delle ultime tornate elettorali, il che dovrebbe bastare a garantirgli un pizzico di visibilità. Ma c'è un altro fattore piuttosto rilevante: Salvini fa ascolti.Sostiene Lucia Annunziata, intervistata dal Fatto, che questa sia una leggenda: «Il leader della Lega», ha spiegato la giornalista, «si porta dietro la considerazione di uno che fa ascolti. In realtà mi sembra una illusione e, anzi, credo che da questo punto di vista Salvini, come i suoi colleghi, soffra di grande usura dovuta al suo protagonismo». Può anche darsi. Martedì sera, tuttavia, Bianca Berlinguer ha avuto ospite a Carta Bianca proprio Matteo Salvini. Lo ha intervistato per circa un'ora, e di sicuro non si è messa in ginocchio. Di più: gli ha affiancato interlocutori bellicosi dall'interruzione facile. Ebbene, la Berlinguer ha tenuto attaccati allo schermo 1.208.000 spettatori, pari a uno share del 5,4%. Tanto per fare un confronto: su La7 Dimartedì di Giovanni Floris ha totalizzato 1.008.000 spettatori con uno share del 4,5%. Ecco la spiegazione del perché chiamano Salvini. Liberi i colleghi di importanti giornali di chiedere - come le sardine - l'oscuramento dei sovranisti, ci mancherebbe. Ma almeno avessero il coraggio di chiamare la richiesta con il nome che merita: censura.
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