2023-07-27
I sostenitori dell’eutanasia applaudono Zaia: «Inaugura una nuova strada»
Il caso di Gloria, la malata veneta a cui la Regione a fornito i farmaci per il suicidio, fa esultare i fan della morte volontaria. E il governatore adesso presta il fianco.I politici di destra sono una categoria a rischio. Sono particolarmente esposti a un’insidiosa patologia: la sindrome del piacione. E le persone alle quali vogliono piacere sono sempre di sinistra. L’ultimo che appare a rischio di contrarre il subdolo morbo è il governatore del Veneto, Luca Zaia. Il leghista, l’altro giorno, ha commentato sul Corriere il caso di Gloria, la settantottenne, malata oncologica terminale, che ha ottenuto l’autorizzazione al suicidio assistito e alla quale la sua Regione ha fornito anche i farmaci per concludere la procedura. «Una risposta civile a una cittadina», l’ha definita Zaia, quasi indeciso se rivendicare il primato del Veneto - né Marche né Toscana, dove sono capitate vicende simili, si erano spinte fino a offrire gratis i medicinali letali ai richiedenti - o mantenere un basso profilo. Di una cosa, comunque, l’esponente del Carroccio è sicuro: «Un Paese civile si deve dotare di una legge».Ora, noi non dubitiamo della genuinità di Zaia. E non pretendiamo che la destra sia una Chiesa, nel senso che si debba appiattire su posizioni confessionali, o nel senso che debba rifiutare il pluralismo delle sensibilità sulle questioni etiche. Ci limitiamo a un monito: attenzione a non lasciarsi strumentalizzare da chi vorrebbe imporre un’antropologia e, di conseguenza, una legislazione disordinate e pericolose. La gratificazione che deriva dalle coccole della stampa chic non vale la candela. Un esempio perfetto del trappolone in cui può cadere chi vorrebbe fare il liberale e, invece, si ritrova radicale, è la lettera che ha scritto a Quotidiano Sanità il professor Maurizio Mori, membro del Comitato di bioetica e presidente della Consulta di bioetica, associazione di esperti che promuove l’eutanasia. Il filosofo non ha mancato di rilevare la novità di quanto è appena accaduto a Treviso. Il fatto che «la Asl di competenza» abbia consegnato alla povera Gloria le dosi necessarie al suicidio ha aperto «una nuova strada», se non, addirittura, «una nuova pratica sociale: quella della morte medicalmente assistita». Lo scarto, a parere di Mori, acuto osservatore, sta esattamente nel differente approccio rispetto ai precedenti di Senigallia e Pisa. Non siamo più di fronte a un procedimento «imposto alla medicina dall’esterno, dal diritto: nello specifico dalla Corte costituzionale», oltre che dai tribunali locali, come quello di Ancona, che nel 2022 era intervenuto per sollecitare il Servizio sanitario a esaudire il desiderio del signor Federico Carboni. La piena collaborazione offerta dalla Asl veneta mostra - argomenta il prof - che è possibile integrare il suicidio assistito nello svolgimento ordinario della professione medica. Dietro il ragionamento, spunta una proposta normativa specifica, da poco formulata dal giurista Vladimiro Zagrebelsky: inserire l’aiuto al suicidio nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza che gli ospedali devono garantire a tutti. Il che comporta - ammesso che a qualcuno stia a cuore il dettaglio e che, almeno per onestà intellettuale, lo si voglia portare all’attenzione dei diretti interessati e dell’opinione pubblica - un mutamento essenziale della natura della medicina. Saremo pedanti, retrivi, conservatori e bigotti, ma rileviamo che i dottori giurano ancora sul testo di Ippocrate. Una promessa che, persino nella versione moderna, li impegna a «non compiere mai atti finalizzati a provocare la morte». Un conto è esservi costretti da un giudice o dalla Consulta, un conto è parteciparvi di propria iniziativa.E con ciò torniamo a Zaia. Il governatore è senza dubbio animato da ottime intenzioni, quando proclama che «su tutto viene il malato» e che si devono «rispettare fino in fondo le sue volontà». Egli, però, deve anche comprendere che sotto l’etichetta dell’autodeterminazione, o della «pietà umana» evocata da Mori, spesso, si celano tendenze dissolutive. Il minimo, per un liberale classico e non laicista militante, sarebbe preoccuparsi di uno scenario da «piano inclinato»: si comincia con la compassione per il malato di tumore, si finisce con l’uccidere le anoressiche, i bambini e i vecchi sani, solo perché vecchi.Il leader veneto è convinto che ci siano materie nelle quali è urgente istituire «una sorta di “no fly zone”», al fine di sottrarle a «dispute politiche o ideologiche». Ma anziché la rinuncia agli steccati, l’ipotesi della zona franca tende a consolidare l’egemonia progressista. È un assist, più che una sfida. Sarà una coincidenza che la destra mostri tanta buona volontà proprio su quei terreni in cui il pensiero unico è così forte, da minacciare con le tempeste di fango, o da sedurre con l’invito nei salotti buoni? Non è strano che, l’idea della «no fly zone», Zaia l’abbia tirata fuori sia per il suicidio assistito sia per la lotta ai cambiamenti climatici? È una trovata dal retrogusto di subordinazione culturale. Somiglia a un’uscita di sicurezza da una battaglia forse di retroguardia, forse perdente. Comunque degna di essere combattuta.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)