
Stefania Prestigiacomo, Nicola Fratoianni e Riccardo Magi contro la multa per la loro azione sulla Sea Watch.Violazione dell'articolo 650: l'accusa è di aver disobbedito al divieto di avvicinamento alla nave Sea Watch dovuto a questioni di sicurezza sanitaria e la multa ammonta 2.000 euro. Costerà cara a tre deputati multicolori la gita a bordo del bastimento carico di migranti. Ma loro non ci stanno, e non intendono pagare un euro della sanzione amministrativa inflitta dalla Capitaneria di porto. Quindi cosa hanno escogitato i tre onorevoli pirati? Semplice: hanno deposto nel cassetto la bandana da bucaniere, ripiegato la bandiera con il teschio e impugnato la penna da deputato. Ecco la soluzione, l'ultima spiaggia del parlamentare: invocare l'immunità, come fosse una sorta di salvacondotto per sfuggire a multe che nulla hanno a che fare con i loro compiti. Comunque Stefania Prestigiacomo di Forza Italia, Riccardo Magi di +Europa e Nicola Fratoianni di Si non intendono arrendersi al bollettino a tre zeri inviato dalla Capitaneria: hanno quindi scritto al presidente della Camera, Roberto Fico, perché ritengono di aver subito un'ingiustizia. Nel senso che, secondo loro, non hanno infranto alcuna norma, anzi hanno fatto il loro dovere di bravi rappresentati del popolo, ovvero un'ispezione per verificare lo stato di salute dei 47 migranti che si trovavano a bordo dopo essere stati salvati dall'Ong. «Riteniamo illegittima la multa comminata», si legge nella piccata missiva, «chiediamo di investire con urgenza la giunta delle autorizzazioni affinché la Camera dei deputati dichiari l'insindacabilità dell'attività ispettiva da noi svolta». Poi i tre pirati dall'immunità facile aggiungono che il loro mandato si «attua grazie alle prerogative che tutelano la libertà di spazio». Insomma la sanzione, sempre secondo la disperata difesa del trio, sarebbe una violazione dei diritti connessi all'esercizio del loro mandato, giacché ogni parlamentare che si rispetti lo può svolgere a Montecitorio ma anche al di fuori dell'emiciclo. Prestigiacomo, Magi e Fratoianni invocano l'articolo 67 della Costituzione, che stando ai ricorrenti comprenderebbe pure la verifica delle condizioni dei migranti. Ma così non è, infatti la Carta recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Cosa ha a che fare tutto questo con la multa della Capitaneria? Nulla. L'articolo che regola le immunità è infatti il 68 che copre «l'insindacabilità degli eletti» limitatamente alle «opinioni espresse e i voti dati» nell'esercizio. Inoltre l'ispezione non riguardava un carcere, dove effettivamente gli onorevoli possono accedere senza dover chiedere autorizzazione, ma una nave carica di migranti ancora da sottoporre ai controlli sanitari. Che è tutt'altra cosa, soprattutto se batte bandiera tedesca come nel caso della Sea Watch. Comunque si attende il verdetto della Giunta. Secondo la Capitaneria quei tre non potevano salire a bordo prima che sull'imbarcazione fosse eseguita la «libera pratica», ovvero disobbidendo al divieto hanno violato normative igienico sanitarie che servono a tutelare la salute di tutti. Sia dei migranti imbarcati che degli italiani a terra. «Multati per il reato di solidarietà», afferma con orgoglio invece Fratoianni, lche aggiunge: «Di questo non posso che essere fiero».
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.
Matteo Lepore (Ansa)
Quella che in un istituto era stata presentata come la «Giornata della cittadinanza» si è rivelata essere della mera propaganda pro immigrazione, mascherata da attività extra didattica. Fdi: «Denunceremo».
Doveva essere una sorta di lezione civica rivolta agli studenti. La comunicazione arrivata ai genitori degli allievi delle medie della scuola Guido Guinizelli di Bologna citava testualmente «Un evento gratuito», che si sarebbe svolto il 20 novembre dalle 10 alle 13 al Teatro Manzoni per la «Giornata della cittadinanza 2025». Luca (nome di fantasia) non ha esitato a dare il suo consenso, convinto che per la figlia dodicenne Margherita poteva essere un momento didattico.
Cosa ci dice il caso Garofani di ciò che avviene sul Colle? Ne discutono Giuseppe Cruciani e Massimo de' Manzoni.
Una scena dal film «Giovani madri»
Il film dei fratelli Dardenne segue i passi di cinque ragazze-mamme, tra sguardi e silenzi.
L’effetto speciale è la forza della realtà e della vita. Niente fronzoli, niente algoritmi, niente ideologie. Giovani madri è un film che sembra un documentario e racconta la vicenda - già dire «storia», saprebbe di artificio - di cinque ragazze madri minorenni. Non ci sono discorsi o insistenze pedagogiche. Solo gesti, sguardi e silenzi. E dialoghi secchi come fucilate. Non c’è nemmeno la colonna sonora, come d’abitudine nel cinema dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, autori anche della sceneggiatura, premiata all’ultimo Festival di Cannes.





