2021-10-20
I polacchi sfidano lo strapotere Ue che pretende competenze improprie
Ursula von der Leyen (Asna)
Durissimo scontro a Strasburgo dopo che la Suprema corte ha stabilito l'incompatibilità di parte dei Trattati con le leggi nazionali. Una battaglia di libertà che mette a nudo le crepe profonde delle istituzioni comunitarie«Solidarnosc voleva l'Europa», dice la von der Leyen. Il premier Moraviecki: combattemmo il Terzo reich, noi mai con i dittatoriLo speciale contiene due articoliL'aspro confronto andato in scena ieri durante la seduta dell'Europarlamento a Strasburgo prelude molto probabilmente a un serio peggioramento dei rapporti tra l'Unione europea e la Polonia. Le posizioni espresse dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki e dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen appaiono inconciliabili. Due universi separati. Dallo scorso 7 ottobre, in seguito a una sentenza della Corte costituzionale polacca, il livello dello scontro è salito ulteriormente poiché la Corte ha stabilito l'incompatibilità di alcuni articoli dei Trattati europei con la loro Costituzione. Da allora, si sono sprecati i commenti superficiali e grossolani di tutti i «mandarini di Bruxelles» (per usare una felice espressione coniata tempo fa dal Wall Street Journal) per sottolineare l'eversione dell'ordinamento europeo derivante da quella sentenza. Da David Sassoli a Paolo Gentiloni alla stessa von der Leyen, è stato un coro unanime di condanne verso gli eversori polacchi.La Commissione ora attiverà le sue armi. La prima è già in uso, attraverso l'imbarazzante ritardo nell'approvazione del Recovery fund da 36 miliardi (24 sussidi e 12 prestiti). La seconda è la sospensione dei pagamenti del bilancio ordinario, attivando il regolamento sulla protezione del bilancio Ue approvato a dicembre scorso e già oggetto di ricorso alla Corte di giustizia da parte di Polonia e Ungheria. La terza è l'opzione «nucleare» prevista dall'articolo 7 del Tue che prevede - per lo Stato colpevole della violazione dei valori fondamentali della Ue - la sospensione del diritto di voto.Ma le cose stanno in modo diverso. I polacchi stanno semplicemente mettendo a nudo le profonde crepe dell'assetto istituzionale dell'Ue. Un «non Stato» che pretende di esserlo, senza essere dotato di una Costituzione - bocciata dai francesi nello storico referendum del 2005 - e con una Corte di giustizia che pretende di essere la Corte suprema Usa senza che esista uno Stato federale. Un guazzabuglio senza né capo né coda, con l'aggiunta che dal 2009 il Trattato di Lisbona è stato chiamato a esercitare le funzioni di una Costituzione europea, come surrogato di quella bocciata. Ed è proprio in quei due Trattati (sull'Unione europea e sul funzionamento della Ue, Tue e Tfue) e nell'interpretazione estensiva fornita dalla Commissione, che ne è il guardiano, e dalla Corte di giustizia con sede a Lussemburgo, che si concentrano le doglianze di Varsavia. I polacchi si stanno semplicemente chiedendo cosa ci sta ancora a fare la loro Costituzione se la Corte di giustizia deve sindacare - giusto per stare all'ultimo casus belli - circa le procedure di nomina dei loro giudici, senza che ciò sia previsto dai Trattati. Non è questione di gerarchia tra ordinamenti, come goffamente vorrebbero farci credere le veline della propaganda di Bruxelles pedissequamente copiate su tanti giornali italiani. Si tratta di compatibilità e conflitto tra ordinamenti (Ue e nazionale) e relative Corti, con l'aggravante che dei confini, sia pur labili e fatti apposta per essere violati, sono proprio previsti dai Trattati e questi confini sono quelli il cui rispetto chiede la Polonia, opponendosi al trionfo dell'incertezza e della discrezionalità.L'ordinamento dell'Ue e i suoi rapporti con gli ordinamenti giuridici nazionali sono retti dai principi di attribuzione, sussidiarietà e proporzionalità. I limiti alla competenza Ue sono fissati e si fermano alle materie specificamente attribuite dagli Stati all'Unione stessa, le cosiddette materie esclusive (unione doganale, politica monetaria, politica commerciale, eccetera). Poi ci sono le materie su cui c'è competenza concorrente (mercato interno, sicurezza e giustizia, protezione dei consumatori, e altre) e su di esse gli Stati membri possono legiferare solo «nella misura in cui la Ue ha deciso di cessare di esercitare la propria competenza». In quest'ultimo ruolo, la Ue deve rispettare gli altri due principi, secondo i quali la sua azione può esserci solo in caso di insufficienza dell'azione statale e apporti un effettivo valore aggiunto per il raggiungimento del risultato. In ogni caso, il rispetto del principio di proporzionalità impone che l'azione dell'Ue si limiti a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati.Di fatto, soprattutto a partire dal 2009 il principio di attribuzione si è rivelato un elastico estensibile all'infinito. Non c'è materia dell'ordinamento nazionale su cui non siano intervenute norme sovranazionali e la sussidiarietà e stata interpretata con ampia discrezionalità dalla Commissione. Ormai assurta al ruolo di monopolista dell'iniziativa legislativa, pur essendo un organo che non gode dell'investitura dei cittadini, con l'Europarlamento relegato a un ruolo di comprimario. In questo farraginoso quadro istituzionale deve essere collocata l'iniziativa polacca. Stanno semplicemente chiedendo dove siano finiti i confini previsti dai Trattati ai quali hanno aderito e dei quali restano convinti sostenitori. Purché non vengano stravolti. Altrimenti le Costituzioni nazionali a cosa servono? Una domanda che sarebbe opportuno farsi anche a Roma.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-polacchi-sfidano-lo-strapotere-ue-che-pretende-competenze-improprie-2655324041.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ursula-minaccia-punizioni-ma-contro-varsavia-le-sue-armi-sono-inefficaci" data-post-id="2655324041" data-published-at="1634668232" data-use-pagination="False"> Ursula minaccia punizioni ma contro Varsavia le sue armi sono inefficaci A Strasburgo, dove ieri si è riunita la plenaria del Parlamento europeo, Ursula von der Leyen e Mateusz Morawiecki si danno a vicenda dei dittatori. La presidente della Commissione Ue cita la repressione di Solidarnosc: «Quasi 40 anni fa il regime comunista impose la legge marziale. Gli attivisti furono messi in galera solo perché si battevano per i propri diritti. La gente della Polonia voleva la democrazia, la libertà di scegliere il proprio governo. E hanno voluto unirsi alla famiglia europea per la libertà. […] La recente sentenza» del Tribunale costituzionale di Varsavia, che ha definito non conformi alla Costituzione gli articoli 1 e 19 del Trattato sull'Unione europea, «mette tutto questo in discussione». Il premier, del partito Diritto e giustizia, risponde per le rime: «Non ci facciamo ricattare dall'Ue, abbiamo combattuto il Terzo Reich». Macigni, più che parole. Ma anche una smentita a chi evoca la Polexit: «Il Tribunale costituzionale polacco non ha mai dichiarato che quanto previsto dai trattati Ue è incompatibile con la legge polacca. Ha detto che una specifica interpretazione del diritto Ue» è in conflitto con la Carta fondamentale del Paese. Sullo sfondo, c'è la lite sulla riforma della giustizia polacca: a luglio, la Corte europea ha censurato la Sezione disciplinare della Corte suprema nazionale, incaricata di indagare sugli errori dei magistrati, stabilendo che non è imparziale e minaccia lo Stato di diritto e l'indipendenza delle toghe. Di qui, la rappresaglia polacca contro la supremazia delle sentenze Ue. Morawiecki conferma: «Per noi è una scelta di civiltà l'integrazione europea. Questo è il nostro posto e non andiamo da nessuna parte». Però - e come si fa a considerarle affermazioni da pericoloso reazionario - il primo ministro polacco denuncia la «rivoluzione strisciante», con la quale Bruxelles sfrutta «la logica del fatto compiuto» per estendere le proprie prerogative. Invece, l'Ue «non è uno Stato, gli Stati membri restano padroni, sovrani dei trattati. Sono gli Stati membri che decidono quali competenze delegare all'Ue». Morawiecki solleva, quindi, un'obiezione di metodo democratico, infilando il dito nell'eterna piaga di Bruxelles: «Se volete un super Stato europeo, dovete chiedere agli Stati e alle popolazioni europee se è questo che vogliono». «Troppo spesso abbiamo a che fare con un'Europa dei doppi standard», tuona ancora il leader polacco. Ma «non possiamo tacere quando il nostro Paese viene attaccato in modo ingiusto e fazioso. È inaccettabile imporre la propria decisione ad altri senza alcuna base legale. Ed è tanto più inaccettabile usare il linguaggio del ricatto finanziario per questo scopo e parlare di sanzioni. Rifiuto questo linguaggio fatto di minacce, avvertimenti e coercizione. Non accetto che la Polonia venga ricattata e minacciata dai politici europei». La von der Leyen non molla l'osso. E mette sul tavolo le tre opzioni per punire i ribelli di Varsavia: la procedura d'infrazione, l'attivazione dell'articolo 7 del Trattato Ue, che comporterebbe la sospensione del diritto di voto per la Polonia in Consiglio, oppure il blocco dei 36 miliardi del Recovery fund. Le pistole, tuttavia, sono mezze scariche. L'«opzione nucleare» è stata già brandita contro i quattro di Visegrád, senza effetti tangibili: per attivare le sanzioni, occorrono maggioranze qualificate. Una procedura d'infrazione, per ragioni analoghe (la sentenza di Karlsruhe, che intimava alla Bce di giustificare il Quantitative easing, o Berlino avrebbe ritirato il sostegno finanziario all'operazione), è stata aperta contro la Germania. E ciò la rende una via politicamente imbarazzante: o condanni tutti, o nessuno. Lo stop al Recovery può, sì, essere deciso dall'esecutivo Ue, ma serve un supporto degli Stati. Che per ora non è unanime, anche se l'Olanda ha presentato una formale richiesta alla Commissione. Non è un caso se Morawiecki ha ricordato le «grandi opportunità commerciali» offerte dall'ingresso nell'Ue della Polonia a francesi e tedeschi. Giovedì sarà annunciato l'esito del voto dell'Europarlamento su una risoluzione ad hoc. Ma can che abbia non morde, se non gli conviene.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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