2018-08-14
I pm vogliono sapere dallo 007 del Bullo chi erano gli sponsor del giro di Montante
Valerio Blengini, vicedirettore dell'Aisi vicino all'ex premier, sentito sul giro di dossier del simbolo dell'antimafia siciliana.Dopo aver ricostruito la spy story by Antonello Montante, l'ex numero uno di Confindustria Sicilia e pupillo dell'Antimafia che aveva messo in piedi un centro di dossieraggio per ottenere piaceri da politici e amministratori, gli investigatori di Caltanissetta, interrogando Valerio Blengini - lo 007 più amato da Matteo Renzi, per un decennio capocentro dei servizi segreti a Firenze e ora vicedirettore operativo dell'Aisi, l'intelligence interna - sono andati a caccia degli sponsor della banda. E in special modo hanno cercato di capire chi volesse a tutti i costi il trasferimento in Sicilia dello 007 che diede di matto quando uscì fuori la storia che in Procura qualcuno stava riaprendo la vicenda della duplicazione illegale delle intercettazioni tra il presidente Giorgio Napolitano e Nicola Mancino: Giuseppe D'Agata, ex capocentro della Direzione investigativa antimafia a Palermo poi transitato nell'Aisi.Stando alle accuse, D'Agata e Montante sono stati destinatari di notizie riservate, acquisite dall'Aisi per permettere al professionista dell'antimafia di ostacolare le indagini che stavano stringendo il cerchio proprio attorno a lui. E il generale Arturo Esposito, direttore dell'Aisi dal 2012 al 2016, sarebbe stato, stando alla ricostruzione degli investigatori siciliani, «parte integrante del circuito relazionale» di Montante.L'ex capo del controspionaggio viene definito negli atti dell'inchiesta come il punto di partenza della filiera che ha informato il colonnello D'Agata di essere indagato. Una notizia che è arrivata ben presto sulla scrivania del successore di Esposito, Mario Parente. Durante un incontro per lo scambio degli auguri di natale tra personale dello Sco, il servizio centrale operativo della polizia di Stato, e gli 007 dell'Aisi, salta fuori un tentativo di esplorazione sul colonnello D'Agata. Un capodivisione dell'intelligence interna, in base alle domande che erano state rivolte a chi era presente, intuisce che è in atto un'attività investigativa sul colonnello. E chiede un appuntamento a Blengini. «L'informazione che appresi in quel contesto su D'Agata era molto generica», ha spiegato lo scorso 24 maggio Blengini ai magistrati (il verbale è stato secretato e i magistrati hanno disposto anche che venisse custodito separatamente, «con modalità tali da garantirne l'assoluta segretezza»), «ma ne parlai con Parente». E siccome per spostare D'Agata a Palermo o a Catania non si stava muovendo solo il generale Esposito, i magistrati vogliono vederci chiaro. «Proprio in quel momento», ha raccontato Blengini, «stavo predisponendo una squadra operativa, composta da personale altamente qualificato, per un'attività molto delicata da svolgere in Sicilia. E Parente mi disse che il generale Esposito avrebbe voluto collocare a capo della squadra proprio D'Agata». Ed ecco perché Blengini decide di verificare la notizia sull'inchiesta di Caltanissetta. E dice ai magistrati: «Avvisai Parente che avrei potuto contattare il questore di Caltanissetta Bruno Megale, che conoscevo da tempo». L'incontro dura pochi minuti. Lo 007 viene liquidato da Megale con frasi di circostanza e il suo nome finisce anche in una relazione di servizio con cui lo stesso questore ha informato la Procura della spiacevole vicenda. «Megale si trincerò in un silenzio imbarazzato e mi rappresentò soltanto l'inopportunità di trasferire D'Agata in Sicilia», ha aggiunto Blengini davanti agli investigatori. Non solo. Al suo ritorno a Roma Blengini suggerì a Parente anche di tenere lontano D'Agata da compiti che gli avrebbero potuto consentire di consultare banche dati o di avere accesso ad archivi riservati.Una ricostruzione che, però, non ha convinto del tutto i magistrati. Nel verbale di Blengini, infatti, è stato riassunto questo passaggio dell'interrogatorio: «A domanda dell'ufficio, che mi fa notare l'incongruità delle mie affermazioni nella parte in cui affermo che mi rivolsi a Megale nonostante l'assoluta genericità dell'informazione ricevuta dagli ambienti dello Sco, nonché la contraddizione con quanto dichiarato dallo stesso questore Megale, ribadisco che mi sono mosso in una logica di puro tentativo, al solo fine di tutelare il mio ufficio». Ragion di Stato, insomma.Che agli investigatori, però, in quel momento, sembravano preoccupanti. Anche perché erano note a tutti le simpatie di Renzi e di Marco Carrai per Blengini.Un circolino, quello renziano, con cui, nel 2014, sembrava avere una certa consuetudine pure Montante.Va ricordata l'intercettazione captata dai carabinieri del Noe nel febbraio 2014, nella quale l'imprenditore, parlando con il generale della Guardia di finanza Michele Adinolfi, sosteneva di avere ricevuto proposte per un incarico nel governo Renzi, che, però, lui avrebbe rifiutato. In un'altra chiamata Montante chiedeva al generale di organizzargli a Firenze un incontro con Carrai, «braccio destro di Renzi», annotarono nei brogliacci i carabinieri.Era ovvio, a quel punto, che la Procura facesse a Blengini questa domanda: «Ma D'Agata, dopo la successione di Parente a Esposito (che lo aveva voluto all'Aisi e perorava continuamente il suo inserimento in uffici di primo livello), godeva di ulteriori appoggi per ottenere il suo trasferimento in Sicilia?». Lo 007 glissa: «Non sono in possesso di informazioni di tal genere». Chiuso il verbale. Ma non la caccia alle relazioni tra gli uomini di Montante e il Giglio magico.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)