2023-05-30
I pm non vogliono fare il processo
a Conte e Speranza sulla pandemia
Roberto Speranza e Giuseppe Conte (Ansa)
Chiesta dalla Procura l’archiviazione del fascicolo su Giuseppe Conte e Roberto Speranza. Decisione subito sfruttata dai dem per invocare lo stop all’organismo parlamentare, unico strumento rimasto per fare luce. I parenti delle vittime: «Tradita la memoria dei nostri cari».C’era da aspettarselo, ma la frustrazione sale ugualmente. La Procura di Brescia ha chiesto al Tribunale dei ministri di archiviare l’indagine nei confronti dell’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, per la gestione della prima fase della pandemia. Per la precisione, i due sono stati indagati dalla Procura di Bergamo assieme ad altre 17 persone per la mancata istituzione della zona rossa nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo e per la mancata applicazione del piano pandemico. Speranza e Conte sono stati accusati di epidemia colposa e omicidio colposo plurimo, e lo scorso 10 maggio si sono presentati al Tribunale dei ministri bresciano per essere interrogati. I due, ovviamente, tra memorie, scritti e dichiarazioni spontanee hanno cercato di rispedire al mittente ogni responsabilità, e ora i giudici di Brescia dovranno decidere se chiudere la pratica come richiesto dalla Procura o proseguire e mandare a processo la coppia. Questa seconda ipotesi, manco a dirlo, è la più inverosimile. In ogni caso, entro pochi giorni la decisione dovrebbe essere presa, e al massimo per la metà di giugno o addirittura prima conosceremo il destino di Conte e Speranza.I parenti delle vittime di Bergamo non l’hanno presa bene. «Questa non è giustizia. Con questa richiesta è stata tradita per l’ennesima volta la memoria dei nostri cari e il loro sacrificio», hanno scritto in un comunicato. «Ricordiamo che la Procura di Bergamo, partendo anche dai nostri esposti, ha lavorato tre anni a questa maxi indagine che coinvolge politici e funzionari a tutti i livelli. Le responsabilità accertate che hanno causato le morti dei nostri cari sono inconfutabili […]. La questione non è chiusa, confidiamo nella presa di coscienza di quanto accaduto, perché il Covid 19 non è stato uno tsunami come ci vogliono far credere: molte morti si sarebbero dovute evitare e qualcuno è responsabile di ciò». Consuelo Locati, legale dell’associazione bergamasca, non trattiene la rabbia: «Come figlia di una vittima», dice, «personalmente sento questa richiesta poco rispettosa, sotto il profilo squisitamente umano, della memoria delle vittime e dei familiari sopravvissuti che chiedono che la verità emerga dall’esito di un procedimento in contraddittorio, come prevede per altro un ordinamento democratico».Certo, non tutto è ancora scritto: per adesso siamo alla richiesta di archiviazione, e resta da attendere la decisione del Tribunale dei ministri. Ma diciamoci la verità: non c’è da essere ottimisti. Del resto lo avevamo detto fin dall’inizio: non attendiamoci chissà quali riscontri in sede giudiziaria. I reati contestati sono troppo pesanti e molto difficili da provare, soprattutto perché la responsabilità penale è personale e durante la pandemia ha invece operato un sistema. La stessa Procura di Bergamo, al momento di annunciare la conclusione delle indagini, ha usato toni piuttosto cauti.Come abbiamo sempre sostenuto, l’importanza delle carte uscite da Bergamo non sta tanto nello sbocco processuale, quanto nel loro contenuto. Svelandolo ai lettori, siamo stati in grado di mostrare, senza timore d’essere contestati, quali fossero i rapporti tra scienza e politica, quale fosse l’atteggiamento prevalente dei funzionari pubblici e quale fosse - in soldoni - lo stato del nostro sistema sanitario. Chiaro: ottenere una verità giornalistica non è lo stesso che ottenere una verità giudiziaria, ne siamo fin troppo consapevoli. Ma tocca prendere atto della realtà, e non farsi troppe illusioni.Proprio in questo quadro di estremo realismo bisogna avanzare un’ultima considerazione. Alla luce delle richieste della Procura bresciana, il lavoro della costituenda commissione d’inchiesta parlamentare sul Covid diviene ancora più determinante. Non giriamoci attorno: la commissione è ormai l’unico luogo in cui potranno emergere con chiarezza le responsabilità dei politici che ci hanno governato in questi anni e che hanno gestito in maniera indegna l’intera pandemia. Qualcuno, lo sappiamo bene, non nutre fiducia nemmeno in questo strumento, ma ad oggi non ci sono alternative: o sarà la commissione a mettere nero su bianco qualche fatto concreto o non ci sarà fonte istituzionale che possa offrire un minimo di conforto.E infatti, guarda un po’, non appena è uscita la notizia della richiesta di archiviazione per Conte e Speranza subito si sono scatenati i fedeli scudieri della Cattedrale sanitaria. Il deputato del Partito democratico Gian Antonio Girelli, membro della XII Commissione affari sociali della Camera (quella che sta appunto lavorando sull’istituzione della commissione d’inchiesta), non ha perso tempo: «Bisogna ripensare in modo diverso alla commissione d’inchiesta Covid», ha detto. «Non può essere il risentimento politico, né lo scontro a ispirarne i lavori. La richiesta di archiviazione nei confronti di Conte e Speranza è la riprova che ciò che chiediamo in merito alla commissione d’inchiesta trova conforto anche nella richiesta avanzata dalla magistratura. Crediamo infatti che qualsiasi tentativo di esasperare i toni e portare avanti un’indagine inquisitoria sia ciò che più lontano possa esserci dalla ricerca di giustizia per un dramma quale è stato la pandemia. Forme di giustizialismo “variabile” non possono e non devono mai trovare giustificazioni politiche su eventi drammatici».Capito il concetto? Dato che Brescia chiede l’archiviazione, il Pd pretende di fermare anche la commissione d’inchiesta, nascondendosi dietro le uscite della magistratura. Non stupisce: da parecchio tempo ormai il fronte progressista le prova tutte (con la saltuaria complicità di pezzi del centrodestra) per impedire il lavoro d’indagine del Parlamento. E lo fa perché sa benissimo che la strada della verità sul Covid passa obbligatoriamente dalla commissione parlamentare. Certo, non si tratta di uno strumento perfetto né di un tribunale che possa emettere condanne pesanti. Ma è l’unica possibilità che resti a chi intenda far luce una volta per tutte su quanto accaduto, dalla mancata attuazione del piano pandemico alla gestione dei vaccini. Dopo tutto, se il Pd la teme così tanto un motivo deve pur esserci.