2018-08-07
I pm indagano sulle critiche on line: «Attentato alla libertà di Mattarella»
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per «offesa al prestigio del Quirinale». Nel mirino i «cinguettii» contro il presidente dopo la bocciatura di Paolo Savona. Si cerca a Milano: spariti i cenni a interferenze straniere. Anche gli 007 smontano la bufala sui russi. Alessandro Pansa, direttore del Dis, in audizione segreta al Copasir: ora non ci sono prove che i tweet contro il presidente venissero dai troll di Mosca. Cade il teorema del Corriere che evocava gli agenti di Vladimir Putin. Matteo Renzi non molla: «Interrogatemi, ho molto da dire». Lo speciale contiene due articoli. L'informativa della Sezione antiterrorismo della polizia postale è arrivata in Procura, a Piazzale Clodio, a metà mattina. Qualche ora dopo sul registro generale delle notizie di reato, nel modello che raccoglie le iscrizioni a carico di ignoti, c'erano già le prime ipotesi: attentato alla libertà del presidente della Repubblica, offesa all'onore e al prestigio del capo dello Stato e sostituzione di persona. Il periodo preso in esame per l'inchiesta da spy story è concentrato in una manciata di giorni dello scorso maggio, e soprattutto tra il 27 e il 28, quando al niet del capo dello Stato alla candidatura di Paolo Savona a ministro dell'Economia, e dopo che Luigi Di Maio aveva chiesto la messa in stato d'accusa del presidente della Repubblica, centinaia di utenti Twitter chiesero le sue dimissioni, tutti con lo stesso hashtag: #MattarellaDimettiti. Al momento, però, sull'ipotesi che alcuni profili Twitter fossero dei troll russi manovrati dalla rete italiana della Internet research agency, agenzia di San Pietroburgo che sarebbe riconducibile agli apparati del presidente Vladimir Putin, non ci sono conferme. Anzi, in Procura, a Roma, ci vanno con i piedi di piombo. E nell'informativa della polizia postale di troll russi pare non ci sia traccia. Anche perché i tweet presi in esame provenienti da server russi sono appena quattro. Due dei quali pubblicano foto di Claudia Cardinale e uno inneggia a Che Guevara. L'inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Angelantonio Racanelli ed è stata assegnata al sostituto procuratore Eugenio Albamonte, che fa parte del pool di magistrati che si occupano di reati informatici e di antiterrorismo. Nel fascicolo si ipotizza anche il reato di sostituzione di persona in relazione agli oltre 400 profili Twitter, tutti riconducibili a un'unica fonte. Tra i primi accertamenti effettuati dagli investigatori della polizia postale c'è stato il tentativo di risalire al primo profilo che ha cominciato a twittare il 27 maggio. L'indirizzo Ip, stando alle prime verifiche, sarebbe stato creato in Italia, a Milano, ma tramite un metodo di navigazione che si poggiava su server esteri (l' ipotesi più probabile è che siano stati creati utilizzando Tor, cioè il sistema di comunicazione anonima che consente di navigare sul Deep web, ossia su Internet occulto). Si tratta quindi di un utente esperto in questo tipo di attività. Anche per gli altri account (ne furono creati circa 150 nei primi minuti dell'ipotizzato attacco) sarebbero stati utilizzati server stranieri: estoni e israeliani. Ed è così che è nata la convinzione che dietro a quello stormo digitale di uccellini cinguettanti insulti a Mattarella ci potesse essere una sola mano. Quasi certamente di una società specializzata in questo tipo di attività. E allora perché non tirarci dentro i russi e creare una bella spy story da legge sotto l'ombrellone? Il Corriere della Sera è stato il primo a lanciare l'ipotesi che tanto piace al Partito democratico (i dem chiedono addirittura una commissione parlamentare d'inchiesta). Che si tratti di profili fake non ci sono dubbi: hanno pochi follower, twittano soltanto su un paio di argomenti e vengono sospesi periodicamente per poi ricomparire nei momenti clou per la campagna contro gli obiettivi istituzionali. Alcuni profili usati per dare addosso al capo dello Stato risultano ancora attivi. Di tanto in tanto rilanciano qualche notizia, soprattutto di carattere politico. E se cinguettano continuano a usare lo stesso hashtag: #mattarelladimettiti. Ovviamente, insieme ai profili fake e ai troll c'erano anche molti account reali, ossia appartenenti a persone che consapevolmente contestavano Mattarella con quell'hashtag. E che nei giorni successivi hanno presentato in Procura a Roma, firmandosi con nome e cognome, una raffica di esposti per chiedere l'apertura di un'inchiesta per alto tradimento contro il presidente della Repubblica. Le querele sono state tutte archiviate. Pensare però che la strategia social sia andata di pari passo con l'azione di denuncia in Procura perché coordinate dalla stessa testa appare davvero improbabile. Alla polizia postale la Procura di Roma ha già delegato ulteriori indagini: bisogna rintracciare tutti gli account, individuare i server e identificare quanti hanno commesso reati nei tweet contro il presidente. I dati verranno poi comunque incrociati con quelli raccolti su chi ha presentato gli esposti in Procura. Ora che l'ipotesi troll russi sembra sempre più lontana, il piano B è verificare se ci sia stata un'unica regìa. Anche in questo caso, però, in Procura mantengono i piedi per terra e ci vanno cauti. L'obiettivo principale dell'inchiesta antiterrorismo è quello di accertare l'esistenza o meno di un'eventuale struttura che abbia tentato di alterare l'attività istituzionale italiana, mettendo in pericolo la sicurezza nazionale. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-pm-indagano-sulle-critiche-on-line-attentato-alla-liberta-di-mattarella-2593371740.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-gli-007-smontano-la-bufala-sui-russi" data-post-id="2593371740" data-published-at="1758121608" data-use-pagination="False"> Anche gli 007 smontano la bufala sui russi Audizione segreta. Verbale secretato. Documenti consegnati classificati come «riservati». Alessandro Pansa, direttore generale del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, organo che analizza le informazioni raccolte dalle due strutture che si occupano in modo operativo di minaccia interna ed estera (Aisi e Aise), è entrato al Copasir poco dopo le 13 di ieri per la sua lunghissima audizione. Al centro della sua convocazione ci sono i post diffusi su Twitter contro il capo dello Stato Sergio Mattarella. Il capo dell'intelligence italiana ha consegnato il tanto atteso dossier che ricostruisce quanto accaduto la notte tra il 27 e il 28 maggio dal punto di vista dei servizi segreti e che esclude che il tweetstorm contro il presidente della Repubblica abbia a che fare con il Russiagate, cioè con i troll di Mosca che sarebbero stati utilizzati per influenzare la campagna elettorale negli Stati Uniti portando all'elezione di Donald Trump (ipotesi questa la vaglio del procuratore speciale Robert Mueller). Allo stato delle conoscenze, ha riferito Pansa, la pista russa non è confermata. Ma sono necessari approfondimenti. E per le conclusioni è presto. In ogni caso, pare sciogliersi come neve al sole la teoria rilanciata dai principali giornali, Corriere in primis, costretto esso stesso a smentirsi nell'edizione di ieri. Gli analisti del Dis sono riusciti a ricostruire che l'operazione scattata contro Mattarella è stata eseguita con un Tor project, software che consente di creare profili restando nel più completo anonimato. Attraverso questo sistema sono stati creati i profili Twitter che hanno moltiplicato sul social l'ipotesi di alto tradimento per Mattarella, rendendola virale. E sebbene siano stati usati indirizzi Ip mobili, è stato possibile individuare con precisione i server usati (estoni ed israeliani) e risalire a chi li ha usati. Una pista riporta in Italia: a Milano. «E se la storia dei 1.500 tweet contenenti fake news diffusi dai russi per sostenere Lega e Movimento 5 stelle alle ultime elezioni fosse essa stessa una fake news?». È questa la domanda che il Movimento 5 stelle affida al Blog delle Stelle. In parte sembra che i pentastellati abbiano già avuto ragione. Niente russi. Il Copasir a presidenza Lorenzo Guerini, esponente del Pd di fresca nomina, però, vuole vederci chiaro. E dopo Pansa pensa già ad altre convocazioni. Anche Matteo Renzi ha detto in un'intervista al Messaggero di voler essere sentito e di avere «molto da raccontare». È da un po' che il Pd gioca a creare un clima di sospetto. Nonostante nella scorsa legislatura proprio il Copasir, che aveva chiesto ai direttori dell'intelligence di riferire su eventuali influenze sulle elezioni italiane provenienti da profili stranieri, non avesse raccolto dati rilevanti. Prima delle elezioni di marzo, però, sempre da ambienti Pd, venivano rilanciate strane ipotesi su fantomatiche macchine di fake news. A rilanciare una ricerca di Andrea Stoppa, giovane esperto italiano di cyber security già collaboratore di Marco Carrai, manager e imprenditore vicino al Bullo, fu il New york Times. Stoppa sosteneva che «la pagina ufficiale di promozione per Matteo Salvini condivide gli stessi codici Google con una pagina di propaganda e fan del Movimento 5 stelle». Altri motivi di preoccupazione erano arrivati dallo scandalo di Cambridge analytica, che su Facebook ha esposto milioni di utenti americani a contenuti sponsorizzati dal Cremlino. Elementi che avevano portato il Copasir a chiedere ai direttori dell'intelligence di riferire su possibili tentativi dall'estero di influenzare via Web le competizioni elettorali italiane. A febbraio, poi, nell'ultima relazione dei servizi segreti al Palamento, i nostri 007 hanno messo nero su bianco un passaggio nel quale sottolineavano il rischio di ingerenze, «che si traduce in campagne di influenza che, prendendo avvio con la diffusione online di informazioni trafugate mediante attacchi cyber, mirano a condizionare l'orientamento ed il sentiment delle opinioni pubbliche, specie quando queste ultime sono chiamate alle urne». In particolare «tali campagne», era scritto nella relazione, «hanno dimostrato di saper sfruttare, con l'impiego di tecniche sofisticate e di ingenti risorse finanziarie, sia gli attributi fondanti delle democrazie liberali (dalle libertà civili agli strumenti tecnologici più avanzati), sia le divisioni politiche, economiche e sociali dei contesti d'interesse, con l'obiettivo di introdurre, all'interno degli stessi, elementi di destabilizzazione e di minarne la coesione». Il tutto potrebbe risolversi ancora una volta in un nulla di fatto e trasformare l'indagine conoscitiva del Copasir in una bolla di sapone. È stato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho a sgombrare il campo da ogni dubbio sulle finalità dell'attività investigativa: «L'indagine», ha spiegato il magistrato, «mira a verificare se prima di questo episodio la struttura individuata abbia operato in attività simili a quest'ultima, in grado di alterare la normale vita democratica del nostro Paese». E per chiarire definitivamente l'episodio sarà necessario ascoltare, oltre ai vertici dei servizi segreti, anche gli ambasciatori di Stati Uniti e Russia, il capo della polizia postale e i rappresentanti dell'attuale governo, dal premier Giuseppe Conte al ministro della Difesa Elisabetta Trenta.
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)