2025-01-06
I nuovi convertiti
In Occidente chi si riavvicina alla fede è interessato al sacro più che a migranti e ambiente. E i battezzati crescono pure nella Francia laicista: +30% nel 2024.Lo scrittore Giuseppe Signorin: «La religione mi sembrava non c’entrare con la cultura. Chi è lontano dalla Chiesa ne ha un’idea sbagliata».I musulmani sono avvantaggiati (ma sempre meno) dal trend demografico, però sale tra di loro il numero di chi passa al Vangelo. Che «guadagna» 4 milioni di fedeli l’anno.Lo speciale contiene tre articoli.Se ha ragione san Gregorio Nazianzeno, vescovo e dottore della Chiesa secondo cui l’Onnipotente «di nessuna cosa tanto si rallegra, come della conversione e della salvezza dell’uomo», a Dio qualche soddisfazione la sta dando perfino l’Occidente laico e secolarizzato. Per quanto scristianizzata, infatti, quest’area del globo è da qualche anno protagonista di parecchie conversioni al cattolicesimo; alcune delle quali perfino clamorose, se si pensa per esempio a J.D. Vance, il vicepresidente eletto degli Stati Uniti d’America, o al Nobel per la letteratura del 2023, il norvegese Jon Fosse, al vescovo anglicano Richard Pain o a Tammy Peterson moglie di Jordan, probabilmente lo psicologo vivente più celebre del pianeta.A sorpresa, queste conversioni, anche quando non riguardano volti noti, tendono a verificarsi anche là dove uno meno se lo aspetterebbe. Notevole, al riguardo, quanto accade nella Francia di Emmanuel Macron, patria della Rivoluzione francese e d’una cristianofobia dilagante – i 1.000 atti d’odio anticristiano annui sono un record europeo; eppure, la scorsa Pasqua i battezzati adulti sono stati oltre 7.000 (7.135, per l’esattezza), somma ragguardevole se si pensa che corrisponde al 30% in più rispetto al 2023; tanto che i laicisti del quotidiano Libération, davanti a questi numeri, pare siano saltati sulla sedia.Se non migliaia, comunque certamente centinaia di conversioni al cattolicesimo si verificano anche nelle insospettabili Svezia, Norvegia, Finlandia; il tutto in numeri ancora piccoli, va detto, per parlare di grande ritorno della Chiesa, ma certamente più che sufficienti per attirare l’attenzione e per portare a chiedersi: chi sono i nuovi convertiti? E soprattutto: per quale motivo, nell’Occidente «sazio e disperato» – per riprendere una espressione dell’indimenticabile cardinal Giacomo Biffi – tante anime ancora ritrovano o trovano la via della Chiesa? Rispondere a simili interrogativi non è affatto semplice, anche perché tali esperienze risultano, in chi le vive, qualcosa di estremamente intimo, motivo per cui l’argomento non ha mai smesso di incuriosire antropologi, psicologi e sociologi della religione. Per la verità, nel corso degli anni, diversi sociologi hanno provato a mettere a punto dei modelli basandosi su dei fattori personali che caratterizzano la conversione religiosa e che la possano rendere in qualche misura prevedibile. Tuttavia, questi modelli non hanno mai convinto del tutto per il semplice fatto che non sono mai riusciti ad offrire una spiegazione esaustiva del processo di conversione che, per questo motivo, ha mantenuto una dimensione misteriosa e affascinante. Ciò non toglie che degli elementi ricorrenti nelle conversioni siano stati individuati; anzitutto l’età. Le conversioni religiose tendono infatti a manifestarsi, pur con le dovute eccezioni, prima dei 40 anni – quindi interessando soggetti giovani o relativamente tali; inoltre la gran parte di esse si protraggono per periodi non sempre brevi, anche se alcune risultano letteralmente istantanee o quasi; un po’ come la famosa folgorazione sulla via di Damasco di san Paolo. Per quanto riguarda invece ciò che spinge ad abbracciare la fede cristiana, i fattori determinanti sembrano essere prevalentemente due.Il primo è quello relazionale e, in estrema sintesi, si esprime con la conoscenza e l’influenza di qualcuno che cristiano già è. Il peso delle relazioni nella conversione religiosa emerge da molteplici confessioni e si è manifestata in più occasioni nel corso della storia, come sottolineava il grande sociologo delle religioni Rodney Stark. «I più famosi innovatori religiosi», osservava infatti Stark in un suo libro, «cominciarono convertendo i loro parenti più stretti e i loro amici. Mosè cominciò con sua moglie e suo suocero, passando poi a suo fratello e a sua sorella. I primi convertiti da Zoroastro furono sua moglie e lo zio di questa. Il primo a essere convertito da Maometto fu sua moglie, poi un cugino di questa e dopo ancora i figli da lui adottati, le quattro figlie e vari servitori di famiglia». Non basta però conoscere qualcuno già credente per convertirsi. Occorre trovarsi davanti un esempio positivo e credibile. Se n’è accorta, tra gli altri, Tamra Hull Fromm, studiosa del Catholic Biblical School del Michigan particolarmente sensibile all’argomento non foss’altro perché lei stessa, nel 2001, ha sperimentato sulla propria pelle l’esperienza di cui si sta parlando, abbracciando il cattolicesimo. Ebbene, la ricercatrice ha prodotto uno studio decisamente interessante, che sia pure per sommi capi merita qui di essere ricordato. In breve, per la propria tesi di dottorato la Hull Fromm ha realizzato una ricerca su 24 giovani adulti convertiti alla Chiesa cattolica e battezzati nell’arcidiocesi di Detroit. L’aspetto più stimolante di questa indagine riguarda le dinamiche di conversione dei soggetti studiati, che vedono in una figura amica, un testimone che in un primo momento, attenzione, magari neppure appariva un credente, un prezioso se non decisivo viatico verso il nuovo credo. «Il testimone che vive la fede in modo autentico e non giudicante», ha spiegato la studiosa americana esponendo il suo studio, «agisce sia come antidoto ai pregiudizi antireligiosi, sia come accompagnatore verso la fede della persona con cui entra in relazione».Dopo quello delle relazioni, il secondo fattore che pesa molto nelle conversioni, banalmente, è quello religioso. Esaminando le biografie dei convertiti – intesi come coloro che tornano alla fede cui erano stati educati o scoprono quella cristiana per la prima volta –, troviamo infatti spesso, come passaggio decisivo, quello d’una Messa, di un ingresso in chiesa, della visita a un santuario o anche solo di una semplice preghiera. Questo per quanto riguarda le conversioni in senso generale; c’è poi, a ben vedere, un fattore nuovo che caratterizza quelle al cristianesimo di questi anni: i social network, ossia le piattaforme dove i neoconvertiti spesso e volentieri, ciascuno con il proprio stile, raccontano le loro esperienze. Sul mensile Il Timone, a questo proposito, sono da poco stati intervistati Niccolò Reale, che sui social è conosciuto e seguito come Summacognitio – e che è approdato al cattolicesimo da protestante che era –, e Federica Tognacci, su Instagram presente come Fede_prega_ilrosario, e che è diventata cattolica dopo anni trascorsi tra mantra, reiki e sedute di psicoterapia. C’è una storia di conversione, avvenuta a 18 anni, anche nella biografia di Sara Alessandrini, che sempre su Instagram, col suo profilo Itinerari religiosi, oggi guida quasi 54.000 follower in chiese e santuari. Lo stesso Giuseppe Signorin, intervistato nella pagina accanto, è molto attivo sui social, sui quali con la moglie Anita – in uno stile spesso allegro e scanzonato – richiama sovente le figure di santi e beati. A dispetto d’un certo ecclesialmente corretto che all’annuncio del Vangelo sembra ora quasi preferire le battaglie politiche dell’ambientalismo, dell’accoglienza dei migranti e delle minoranze sessuali, i nuovi convertiti sono insomma oggi coloro che – oggi forse di più di tutti – mettono al centro testimonianze di fede autentica, dove Dio non è una variabile secondaria ma il centro di tutto. Ed accade per di più proprio su Internet, là dove il sacro, che in teoria avrebbe dovuto evaporare del tutto, sperimenta oggi una nuova giovinezza. Provare, anzi cliccare per credere.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-nuovi-convertiti-2670744380.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="pensavo-che-la-fede-fosse-sorpassata-poi-lessi-ratzinger" data-post-id="2670744380" data-published-at="1736103912" data-use-pagination="False"> «Pensavo che la fede fosse sorpassata. Poi lessi Ratzinger...» Viveva e lavorava a Milano in un mondo, parole sue, dove «non c’era spazio per la fede» o, peggio, dov’è considerata «old fashion». Ma oggi Giuseppe Signorin, 42 anni, dal 2013 sposato con Anita – con la quale ha composto un duo musicale cristiano, i Mienmiuaif –, si sente decisamente più a casa a Medjugorje, su cui sta scrivendo un libro; uno dei tanti, s’intende, perché, collaborando con Berica Editrice, ne ha già fatti pubblicare e scritti lui stesso diversi; l’ultimo è dedicato al santo di Pietrelcina ed ha titolo decisamente forte: Pio. Un santo della Madonna. Insieme alla moglie, poi, Signorin parla spesso di fede su Instagram, Facebook e YouTube; e proprio perché racconta volentieri la sua esperienza personale, La Verità ha scelto di avvicinarlo. Signorin, partiamo dall’inizio. Viene da una famiglia credente? «La mia famiglia di origine è credente e praticante. I miei genitori sono sempre stati attivi in parrocchia, pregavano molto e mi hanno educato nel migliore dei modi. Però io, dopo un incidente in motorino a 14 anni, ho vissuto un periodo di ribellione... E ho iniziato a staccarmi dalla Chiesa». Poi? «Poi il liceo, l’università, i miei interessi – letteratura, cinema, musica, arte –, tutto mi portava distante. Il mondo culturale è piuttosto anticlericale, o, peggio, indifferente. A Milano, dove ho studiato e lavorato tra il 2000 e il 2010, come ho letto anni fa in un’intervista all’artista visivo Damien Hirst, la religione era considerata “old fashion”». Cosa ricorda di quel periodo? «Senza il freno della fede e soprattutto senza il senso che dà alla vita, ho iniziato a sperimentare diverse strade e diversi tipi di divertimento. Tutte cose piuttosto comuni e malsane. La musica, i film, la cultura in generale, l’intrattenimento, influiscono sulla formazione delle persone molto più della politica o dell’economia. Ero dentro quel mondo e non c’era spazio per Dio. A 18 anni sono stato a un concerto di Lou Reed, a Milano, dicendo ai miei genitori che per me era come il Papa. In effetti, tutto diventa un idolo se non lo metti al posto giusto, ed escludendo Dio dal proprio orizzonte, è difficile mettere le cose al posto giusto. L’uomo è sempre lo stesso: se rifiuta Dio, lo cerca altrove, in luoghi che però non dissetano, non riempiono. Io vivevo questa frustrazione: in apparenza mi divertivo, in realtà nutrivo solo il mio vuoto interiore». Com’è avvenuta la sua conversione? «Ci sono stati diversi fattori, non tutti semplici da spiegare». Proviamoci. «Posso dire che Dio, inizialmente, è venuto a parlarmi con un linguaggio che conoscevo. In particolare, ricordo la lettura di un libro di C. S. Lewis, Il cristianesimo così com’è. Avevo parecchi libri Adelphi, così mi è capitato quel titolo. O me l’ha prestato un amico. Lewis mi ha folgorato, mi ha fatto rivalutare i cristiani... Nel tempo avevo infatti sviluppato forti pregiudizi... Come racconta sant’Agostino nelle Confessioni, chi è contro la Chiesa di solito ha un’idea della Chiesa che non corrisponde al vero». Cioè? «È contro la Chiesa convinto che la Chiesa sia un’altra cosa. Anch’io: ero contro l’idea sbagliata che avevo della Chiesa. Piano piano invece ho approfondito. Inoltre, sono stati importanti alcuni viaggi a Medjugorje e le encicliche di papa Benedetto XVI». Da qualche anno, se non erro, canta con sua moglie in un duo cristiano ed è pure editore cattolico. «Dopo il matrimonio, non so nemmeno io perché, mi sono messo a scrivere delle canzoni un po’ demenziali – non tutte, alcune più serie – sulla vita di coppia e sulla fede, e Anita, mia moglie, che ha sempre amato cantare, le ha “interpretate” seguendo le mie istruzioni: occhiali da sole e sguardo serio. Ho dato un nome assurdo alla band, Mienmiuaif, una parodia dell’inglese, e nonostante questo i nostri video hanno girato un po’ sui social e hanno iniziato a chiamarci per suonare in giro. Nel frattempo, nel 2015, è nato un progetto editoriale per Berica Editrice, una collana di libri cattolica di cui sono il curatore e che si chiama Uomovivo, in onore del grande convertito – e “convertitore” – G. K. Chesterton». Come sta andando il progetto? «Abbiamo pubblicato diversi autori italiani e un paio di stranieri, Jo Croissant e Fabrice Hadjadj. Io stesso, col nome Mienmiuaif, che nel frattempo è diventata anche una pagina Instagram, ho pubblicato alcuni libri. L’ultimo su padre Pio – Pio. Un santo della Madonna». Dopo la conversione, ha conosciuto altri che hanno fatto un percorso analogo? «Noi siamo molto legati a Medjugorje – sto scrivendo un libriccino proprio su questo luogo speciale. Ho conosciuto tante persone a cui Medjugorje ha cambiato la vita. A ognuno, però – per quanto alcune dinamiche siano simili – Dio parla in modo unico». Cosa direbbe ad un giovane che, come lei un tempo, guarda la Chiesa con scetticismo? «Direi di guardare più a fondo. Di leggere le vite dei santi. Di recarsi in qualche luogo di grazia. O di chiedere semplicemente a Dio – però sul serio, senza finzioni –: “Esisti? E se esisti, puoi farmelo capire?”. Perché, se Dio esiste, è nostro padre e ci risponde». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-nuovi-convertiti-2670744380.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="il-cristianesimo-fa-meglio-dellislam" data-post-id="2670744380" data-published-at="1736103912" data-use-pagination="False"> Il cristianesimo fa meglio dell’islam Qual è la religione che beneficia di più conversioni, e quante sono? Il quesito non è banale. Lo stesso Chatgpt, interpellato sul punto, alza bandiera bianca ammettendo «di non poter condividere ricerche al riguardo», aggiungendo che «cifre precise non sono facilmente verificabili» e che «non esiste un dato ufficiale o un consenso unanime sulla cifra esatta»; il che sostanzialmente è vero, intendiamoci. A differenza però di quanto sostiene l’intelligenza artificiale delle ricerche al riguardo esistono e sono disponibili da anni. Prova ne è il poderoso The Oxford Handbook of Religious Conversion pubblicato nel 2014, volume di oltre 800 pagine, secondo cui ogni anno a lasciare la fede cristiana sono 11,7 milioni di persone, mentre quelle che da altre esperienze al cristianesimo approdano sono circa 15,5 milioni, con un guadagno netto di 3,8 milioni di nuovi fedeli. Aggiornano questo dato i lavori della studiosa ed esperta di statistiche religiose Gina Zurlo – nominata dalla Bbc come una delle 100 donne più influenti del mondo nell’anno 2019 – la quale, nel suo World Christian Database, stima che ogni anno sarebbero 13,6 milioni le persone che lasciano cristianesimo, mentre quelle che alla fede cristiana si convertono ammontano a 17,4 milioni, confermando così, grazie appunto alle conversioni, una crescita di quasi 4 milioni di fedeli. Questi dati indirettamente confermano, tornando al quesito iniziale, che è il cristianesimo la religione che benefica del maggior numero di conversioni. Infatti i seguaci di Gesù Cristo a livello globale crescono ad un ritmo abbastanza simile a quello della religione islamica, che però è avvantaggiata – anche se il vantaggio da di anno in anno assottigliandosi – dal tasso di fertilità, che vede 3,1 figli per donna per i seguaci di Maometto contro i 2,7 per le donne cristiane. Il cristianesimo, al momento indietro nelle dinamiche demografiche, è però favorito, a livello globale, dall’alto numero di conversioni. Che spesso e volentieri, attenzione, hanno per protagonisti proprio ex islamici. Quanti? Secondo lo studio del missionario David Garrison – contenuto nel suo A Wind in the House of Islam – sarebbero tra i 2 e i 7 milioni i musulmani che negli ultimi decenni hanno lasciato l’islam divenendo protagonisti, parole sempre di Garrison, del «più grande ritorno dei musulmani a Cristo nella storia». Spesso poco considerate dai mass media, le conversioni al cristianesimo meriterebbero dunque d’essere più considerate, come fenomeno; anche perché altrimenti non si capirebbe un’avanzata cristiana che, in più aree del pianeta, è sorprendente. Si prenda la Corea del Sud: solo dal 1999 al 2018, i cattolici son cresciuti del 48,6%; in diocesi come quella di Suwon, a sud della capitale Seoul, addirittura del 90%. Anche in Iran i cristiani, da 350.000 che erano stimati, oggi si pensa siano oltre un milione. Aumenti sbalorditivi frutto di conversioni sono avvenuti in Cina, pure sotto il dominio spietato di Mao. Quando infatti il regime comunista cinese prese il potere nel 1950, c’erano circa 4,2 milioni di cristiani che nel 1980 - dopo sanguinose repressioni - erano già più che raddoppiati di numero, facendo segnare una crescita che dura tuttora. Tanto che gli studiosi stimano che, dal 1950 in poi, il cristianesimo si sia diffuso ad un tasso annuo del 7%; ritmo di crescita incredibile, superiore perfino a quello che si ebbe a ridosso della vita di Gesù, con l’allora nuova religione che avanzava ogni anno del 3,5%. Quello del Vangelo resta dunque, 2000 anni dopo, un annuncio più potente che mai.
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