
Trattavano i bambini come «cavie», ma intanto il direttore della Hansel e Gretel Claudio Foti e i suoi collaboratori erano ben remunerati con fondi regionali e comunali per organizzare convegni e corsi di formazione. Il danno per l'erario? «200.000 euro».Tutto si muoveva sempre sull'asse Torino-Reggio Emilia: convegni, corsi di formazione, master. Il centro studi Hansel e Gretel di Moncalieri, provincia di Torino, sotto accusa nell'inchiesta «Angeli e demoni» sull'affido illecito di minori strappati alle famiglie e affidati anche a coppie Lgbt, riusciva a incassare importanti patrocini. Nel caso del master di secondo livello in Gestione e sviluppo delle risorse emotive, nel quale figurava come docente Claudio Foti, lo psicoterapeuta e direttore scientifico del Centro Hansel e Gretel indagato, ci sono addirittura i loghi del Servizio sanitario regionale dell'Emilia Romagna e dell'Unione dei Comuni della Val d'Enza. Ma, soprattutto, il Centro studi aveva un partner: la Pontificia facoltà di scienze dell'educazione Auxilium. Le finalità del master, alla luce di quanto è emerso nell'inchiesta di Reggio Emilia, sembrano una beffa. Ecco uno dei passaggi: «Quando la mente abbraccia il cuore si opera un cambiamento vitale nella soggettività, nella professionalità, nell'istituzione». D'altra parte il professor Foti di cambiamenti e taroccamenti, a leggere le carte dell'inchiesta, era un esperto. Foti non è solo il fondatore della Hansel e Gretel: è un autore di libri, è stato componente dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e giudice onorario del Tribunale dei minori di Torino dal 1980 al 1993. Per la materia è considerato una istituzione a livello nazionale. Il capo d'imputazione che gli dedica la Procura è il numero 79. A leggere l'accusa, «in ragione delle funzioni di psicoterapeuta, al fine di sviare le indagini, alterava lo stato psicologico ed emotivo di una minore, rispetto ai presunti autori degli abusi, sottoponendola, quale una sorta di cavia nell'ambito della psicoterapia specialistica effettuata in occasione del corso di formazione per operatori Asl di Reggio Emilia». La cavia, quindi, era una delle bimbe strappate alla sua famiglia. Il professore, vestiti i panni di guru, secondo l'accusa, «attraverso modalità suggestive e suggerenti, convinceva la minore dell'avvenuta commissione dei citati abusi ai suoi danni durante la sua infanzia». Ovviamente tutta la colpa era da addebitare al papà. L'ex sessantottino uscito dal Liceo Porporato di Torino e che vanta un curriculum di 12 pagine stracolmo di incarichi da direttore scientifico di convegni nazionali e di docenze, autore e formatore su tematiche del mondo minorile, a leggere l'accusa, si era trasformato in un santone della psicologia infantile. E intorno alla sua onlus, ruotavano le attività che, secondo l'accusa, sarebbero state finanziate con fondi regionali. Al centro c'è sempre lo stesso tema: quello dell'ascolto dei minori e delle modalità di cura delle sofferenze scaturite da maltrattamenti e abusi. E a Bibbiano, nel 2016, nasce un progetto: La cura. Nel giro di due anni vengono presi in carico oltre 200 bambini. E qui rispunta Foti, che durante un convegno presenta coram populo i risultati del lavoro. Ovviamente finanziato con i fondi del Comune. La Hansel e Gretel ormai era penetrata in provincia di Reggio Emilia. Ed ecco spuntare il corso di alta formazione sulla sofferenza traumatica. Lo slogan d'introduzione è da brivido: «Per curare il trauma c'è bisogno di qualcuno che sia disposto ad accompagnare all'inferno il soggetto traumatizzato con un biglietto di andata e ritorno». Con 1.650 euro più iva si poteva assistere alle lezioni di una suora, di avvocati e di psicologi, di Foti. E anche di Nadia Bolognini, direttrice scientifica del Centro studi e presente in più di un capo d'imputazione dell'inchiesta. Anche lei è accusata di aver manipolato lo stato psicologico dei minori che le capitavano tra le mani. È la professionista che era stata vista inseguire un paziente travestita da lupo cattivo. E che avrebbe taroccato più di un verbale. La finalità era sempre quella di allontanare i piccoli dalle famiglie. Ma nell'inchiesta, oltre agli aspetti più inquietanti, c'è anche un capitolo sugli affarucci legati a questo mondo. Secondo gli investigatori, tra alcuni dipendenti dell'Unione Val d'Enza e la onlus piemontese c'erano scambi di incarichi. Alla onlus era stato affidato l'intero servizio di psicoterapia dell'ente. I tre psicoterapeuti indagati, Foti, Bolognini e Sarah Testa, è scritto negli atti giudiziari, «nella piena consapevolezza della totale illiceità del sistema creato a loro vantaggio, in palese violazione della normativa in tema di affidamenti di servizi pubblici e nella piena consapevolezza che la loro attività professionale venisse retribuita da ente pubblico, esercitavano sistematicamente attività di psicoterapia con minori loro inviati dal servizio sociale Val d'Enza». Un colpaccio da 135 euro a ora per ogni minore esaminato, a fronte di un prezzo medio di mercato da 60 o 70 euro. Ovviamente l'Asl di Reggio Emilia, hanno accertato i magistrati, tramite i suoi professionisti interni, avrebbe potuto offrire lo stesso servizio gratuitamente. Il danno all'erario? «Ad oggi», spiegano i magistrati, «è stimato in 200.000 euro».
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






