Quella per conquistare il mercato mondiale del settore è una guerra. Nessuno voleva Netflix a 50 milioni, ora vale 115 miliardi. Sempre più importante produrre direttamente contenuti. Il dominio incontrastato di Google. Sul fronte dei media «cartacei» lo scenario è invece sempre peggiore e pochissimi editori riescono a fare soldi e non bruciarli, ma iniziative legate a target specifici e multimediali possono assalire ancora i «vecchi dinosauri» che sembrano sempre più in difficoltà a reagire, carichi di costi fissi.
Quella per conquistare il mercato mondiale del settore è una guerra. Nessuno voleva Netflix a 50 milioni, ora vale 115 miliardi. Sempre più importante produrre direttamente contenuti. Il dominio incontrastato di Google. Sul fronte dei media «cartacei» lo scenario è invece sempre peggiore e pochissimi editori riescono a fare soldi e non bruciarli, ma iniziative legate a target specifici e multimediali possono assalire ancora i «vecchi dinosauri» che sembrano sempre più in difficoltà a reagire, carichi di costi fissi.Il 2018 per il settore media è stato un anno ricco di chiaroscuri, con l'indice europeo e mondiale del settore in parità ma con un andamento molto variegato fra i titoli più rappresentativi e l'indicazione sempre più chiara che i media tradizionali subiscono attacchi sempre più non solo da internet ma anche dai nuovi colossi dello streaming come Netflix e nuovi sfidanti. «L'emergere di Netflix (Isin: US64110L1061) cambia l'offerta televisiva, aumentando la domanda di spettacoli e film», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf. «Chi gioca in difesa e torna alla tivù tradizionale e generalista come Rai e Mediaset ne paga pegno sul piano degli ascolti e della pubblicità». «Il più grande operatore via cavo degli Stati Uniti, Comcast (Isin: US20030N1019), con l'acquisizione di Sky da Rupert Murdoch nel 2018 per 39 miliardi di dollari, fa capire a che punto sia arrivata la guerra per conquistare il mercato mondiale», continua l'esperto. «Discovery communication Inc (presente anche in Italia, Isin: US25470F1049) mantiene le posizioni e si muove con abilità mentre sullo sfondo da tempo si parla di una possibile alleanza fra coloro che sono oggi i “perdenti" in questa battaglia il cui terreno di confronto è sempre più digitale», dice. ProSiebenSat (Isin: DE000PSM7770) è molto forte in Germania, Austria e Svizzera e viene vista da alcuni analisti come possibile alleato di Mediaset che, dopo il fallito tentativo di attacco di Vivendi, nei prossimi mesi dovrà presentare una revisione del piano industriale.Sul fronte televisivo e cinematografico, dunque, Netflix viene vista come la lepre del settore ed ora il modello da imitare. Solo pochi anni fa i giganti del settore la consideravano un'impresa senza futuro, rifiutando di acquisirla quando valeva 50 milioni di dollari e stava per fallire. Oggi vale 115 miliardi di euro. «Queste nuove tecnologie hanno reso estremamente granulare la fruizione di contenuti che ora passano attraverso i social media: Youtube e i servizi di streaming come Netflix, Hulu etc.», ricorda Alberto Conca, portfolio manager di Aqa Capital. «La crescita del fatturato pubblicitario è passata attraverso internet, Google in questo segmento domina praticamente indisturbata, a discapito dei media tradizionali quali la televisione e la stampa, che hanno visto le loro quote di mercato scendere. Anche Sky, che una volta si differenziava rispetto alle tv tradizionali per i suoi contenuti (calcio, film e sport) ha adottato sempre più un approccio di tv on demand», dice. «In passato», continua, «avere il collegamento con i consumatori, attraverso la tv via etere o via cavo, era sufficiente per generare fatturato dalla pubblicità o dall'abbonamento, mentre ora diventa sempre più importante produrre direttamente contenuti». Sul fronte dei media «cartacei» lo scenario è invece sempre peggiore e pochissimi editori riescono a fare soldi e non bruciarli, ma iniziative legate a target specifici e multimediali possono assalire ancora i «vecchi dinosauri» che sembrano sempre più in difficoltà a reagire, carichi di costi fissi.Dove puntare dunque? Meglio puntare su chi produce contenuti come Netflix o l'americana Comcast o, via radio satellitare, Sirius Xm. Molti di questi titoli hanno realizzato crescite a doppia cifra. Attenzione, però, la volatilità è molto elevata e la possibilità di scottarsi è dietro l'angolo.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






