
Dal 9 luglio su Prime Video, Renée Ballard prende il posto di Harry Bosch. Volto di Maggie Q, la detective nata dai romanzi di Michael Connelly guida l’unità cold case di Los Angeles e svela il marcio dentro il Dipartimento.Non più Harry Bosch, ma Renée Ballard. A raccogliere il testimone del detective che fu, nella stessa Los Angeles che lo ha visto crescere, umanamente e professionalmente, è stata scelta una donna. Renée Ballard, figlia lei pure di Michael Connelly e della sua creatività, è colei cui Amazon Prime Video ha voluto dedicare una serie propria, spin-off dell'arcinota Bosch.Ballard, disponibile sulla piattaforma streaming da mercoledì 9 luglio, non racconta più le peripezie di Harry Bosch, orfano di madre e topo in Vietnam, ma della detective che ne faceva le veci la notte. Renée Ballard, il volto di Maggie Q, ha vissuto al fianco di Bosch, tanto nelle serie televisive che lo hanno visto protagonista, quanto nei romanzi di Connelly, punto di spunto di ogni produzione successiva. Al Dipartimento di Polizia di Los Angeles, però, non ha mai avuto ruoli di prestigio. Era detective solo di notte, nel turno denominato «l'ultimo spettacolo». Non lo aveva scelto né chiesto. Piuttosto, lo aveva subito.La Ballard, nata giornalista di cronaca nera, era entrata in polizia per poter risolvere e seguire da vicino i crimini di cui fino ad allora s'era limitata a scrivere. Tuttavia, dopo una prima quanto fugace accoglienza positiva, si è vista retrocessa ad una posizione che mai le avrebbe consentito di veder realizzati i propri desideri. Renée Ballard aveva avuto il fegato di denunciare un superiore, reo di averla molestata. Cosa, questa, che la dirigenza del Dipartimento non aveva apprezzato. Perciò, il turno di notte, perciò, l'ultimo spettacolo. Una posizione tenuta fino al pensionamento di Harry Bosch (Titus Welliver, nelle serie dedicate al detective).Quando Bosch ha concluso la propria carriera, Renée Ballard è stata promossa capo della nuova divisione casi irrisolti del Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Veleno vestito a festa, perché la divisione - contrariamente a quanto il titolo potrebbe far pensare - non è dotata di alcun blasone. Anzi. L'unità è composta di soli volontari ed è destinataria di finanziamenti esigui. Per di più, ha su di sé una mole di lavoro immensa, la più grande nell'area urbana di Los Angeles.Ciononostante, Renée Ballard coglie la palla al balzo, intravedendo nell'ulteriore atto punitivo la possibilità di dar prova del proprio talento. Avrebbe risolto i crimini irrisolti, i cold case di una città sommersa di morti e delinquenti. L'avrebbe fatto da sé, senza grandi mezzi, senza l'appoggio politico che altri - interni al Dipartimento - hanno. L'avrebbe fatto e lo fa, arrivando suo malgrado a scoprire una cospirazione interna alle forze di polizia. Cosa, questa, che la spinge a richiedere l'intervento di Bosch, di ritorno lui pure alla serialità.
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
I burocrati dell’Unione pianificano la ricostruzione del palazzo Lipsius. Per rispettare le norme energetiche scritte da loro.
Ansa
La Casa Bianca, dopo aver disdetto il summit a Budapest, apre uno spiraglio: «Non è escluso completamente». Ma The Donald usa il pugno duro e mette nella lista nera i colossi Rosneft e Lukoil. Il Cremlino: «Atto ostile».
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Sganciato il 19° pacchetto, focalizzato sul Gnl. La replica: «Autodistruttivo». Sui beni il Belgio chiede chiarezza.
2025-10-24
«Giustizia»: La voce chiara e forte di chi si sta mettendo in gioco per un sistema giudiziario migliore e più giusto
True
Giustizia affronta il dibattito sulle grandi trasformazioni del diritto, della società e delle istituzioni. Un progetto editoriale che sceglie l’analisi al posto del clamore e il dialogo come metodo.
Perché la giustizia non è solo materia giuridica, ma coscienza civile: è la misura della democrazia e la bussola che orienta il Paese.
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
Per scaricare il numero di «Giustizia» basta cliccare sul link qui sotto.
Continua a leggereRiduci






