2020-11-07
I media democratici tolgono il microfono pure al presidente: la chiamano «libertà»
Dopo averlo bollato come fascista, le tv americane troncano il discorso di Donald Trump: la censura travestita da tutela del cittadino.Non condivido, dunque ti censuro. Il metodo del giornalismo democratico, ormai brevettato all'Università mondiale del Bavaglio, ha toccato uno dei suoi punti massimi: negli Stati Uniti, infatti, ieri è stato zittito, durante un discorso ufficiale, niente meno che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.Proprio così: i tre grandi network americani (Abc, Cbs e Nbc) hanno deciso di interrompere il suo intervento. «Ha fatto affermazioni false», ha spiegato Lester Holt su Nbc. «Non c'è una scintilla di verità in quello che ha detto», ha ribadito Shepard Smith su Cbs. La Cnn, più prudente, ha mandato in onda il discorso, ma accompagnato da una scritta in sovrimpressione che diceva: «Senza prove». La Msbc invece ha troncato di netto le parole di Trump: «Mi trovo nella situazione di doverlo fare», ha tagliato corto il conduttore Brian Williams. Doveva farlo, capite? E davanti al dovere, si sa, il giornalista democratico non si tira mai indietro. Certo: qualcuno potrebbe avere dei dubbi su questo metodo sedicente democratico. Sarà proprio un «dovere» togliere la parola d'imperio a quello che, fino a prova contraria, è il presidente degli Stati Uniti in carica? E chi è che impone al giornalista, all'anchorman, al network, questo «dovere»? In nome di che cosa si impedisce agli americani di ascoltare quello che, fino a oggi, resta il loro Capo di Stato, regolarmente eletto? Sia chiaro: se i giornalisti ritengono che il presidente abbia detto il falso, nulla impedisce loro, appena finito il discorso, di sbugiardarlo, punto su punto. Se ritengono che abbia messo in pericolo il Paese, possono denunciarlo e mettere in moto i meccanismi di tutela che alla più grande democrazia del mondo non mancano certo. Ma l'idea di impedire direttamente l'ascolto delle parole del presidente, di zittirlo, di metterlo a tacere, parrebbe, almeno così a prima vista, un pochino censoria. Per essere una difesa della democrazia, ecco, sembra una difesa leggermente fascista. Un po' come quei fidanzati gelosi che per difendere la loro fidanzata dai pericoli del mondo, la rinchiudono in cantina. Dicendo: «Al tuo bene ci penso io». Proprio così: al nostro bene ci pensano i giornalisti sinceramente democratici. I quali da tempo ormai ci insegnano che cosa è giusto e che cosa è sbagliato. Ora, per fare prima, ci evitano direttamente di sentire che cosa loro ritengono sbagliato. Il tutto, è ovvio, sempre in nome della difesa delle libertà costituzionali. Decidere ciò che le nostre orecchie delicate possono ascoltare o che cosa non possono ascoltare è un bel salto di qualità da parte del pensiero unico mondiale. Fino all'altro giorno, infatti, si limitavano a emarginare o manganellare coloro che la pensavano in modo diverso. Ora, invece, gli impediscono tout court di parlare. Gli tolgono l'audio. Tra un po' passeranno direttamente al taglio delle corde vocali, per evitarsi anche il fastidioso disturbo di «dover» interrompere il collegamento. È l'evoluzione del giornalismo democratico: prima bollavano come fascista chiunque non fosse allineato. Ora gli interrompono il collegamento. Tra un po' il collegamento non lo faranno nemmeno iniziare. C'est plus facile. A essere onesti, il metodo democratico del discursus interruptus ci lascia vagamente perplessi. Rimane in bocca un leggero sapore di olio di ricino, seppur imbellettato con la cipria di Abc e Cbs. Però siccome siamo ragazzi vogliosi di imparare e alle lezioni democratiche teniamo un sacco, siamo pronti ad importare il medesimo metodo e applicarlo anche qui da noi. Dunque, la prossima volta che il premier Conte apparirà in tv a dire che ha ricoperto gli italiani con una pioggia di soldi, invitiamo la Rai a sospendere la conferenza stampa e a mandare in onda Lucia Annunziata con il dito puntato: «Ha fatto affermazioni false». E la prossima volta che il premier Conte dirà: «Nessun italiano sarà lasciato indietro», invitiamo La7 a interrompere il collegamento e a mandare in onda Lilli Gruber indignata: «Non c'è una scintilla di verità in quello che ha detto». Siamo certi che Skytg24 manderà in onda l'integrale della conferenza stampa ma accompagnandola con una sovrascritta a caratteri cubitali: «Attenzione, quest'uomo mente e nuoce gravemente alla salute». Mentre Maurizio Mannoni, Fabio Fazio e Tiziana Panella, sui rispettivi canali, silenzieranno il premier, sostituendo il loro faccione al suo, al grido di «è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare». I giornalisti democratici, si sa, in nome della democrazia, sono disposti a qualsiasi sacrificio. Persino a quello, sommo, di andare in onda. Ma poi, ci domandavamo, perché limitarsi soltanto al premier? Il metodo democratico del discursus interruptus è applicabile all'intera classe dirigente del Paese. Per esempio: compare il commissario straordinario Domenico Arcuri a dire che lui ha fatto un lavoro straordinario? Zac, si spegne il microfono. Compare il presidente dell'Inps Pasquale Tridico a dire che le casse integrazioni sono state pagate? Zac, si spegne il microfono. Compare il segretario del Pd, Nicola Zingaretti a dire che nel governo regna l'armonia? Zac, si spegne il microfono. Compare il leader di Italia Viva Matteo Renzi a dire che a lui le poltrone non interessano? Zac, si spegne il microfono. Anzi, vista la statura del bugiardo, nel caso di Renzi il microfono si autodistrugge direttamente. Non è meraviglioso? L'unico vero rischio, ad applicare con rigore in Italia il metodo democratico dei democratici giornalisti Usa, sarebbe quello di trovarsi davanti a palinsesti rivoluzionati. Ve li immaginate i talk show? Stasera avevamo in programma l'intervista a due ministri, due sottosegretari e un leader di partito, ma siccome mandiamo in onda solo ciò che noi, in modo insindacabile, reputiamo vero e credibile, vi trasmettiamo uno speciale su Topo Gigio.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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